AURORA
Novembre-Dicembre 2006

Contenuto Di Questo Numero

  1. Gesu—Il Logos—Il Messia
  2. Vita E Dottrina In Cristo - La Luce Del Mondo
  3. Alla Luc Dell’Aurora - “Finchè Non Venga Colui…”

Gesu—Il Logos—Il Messia

NIUNA CONCLUSIONE PUÒ ottenersi da ogni discussione, circa il Gran Disegno divino di liberare le creature umane dal peccato e dalla morte, senza tenere in massimo conto quell’UNO, scelto dal Padre Celeste, onde divenire il nostro Redentore e Liberatore. Ora, si domandi: chi è questo Sommo UNO e donde Egli venne? Perche fu prescelto di essere il Salvatarore della decaduta e morente razza umana?

Solo la Bibbia risponde chiaramente a questa domanda. E, se noi cerchiamo di approfondire, meticolasamente, quanto e scritto, troveremo delle testimon ianze, su tale soggetto, soddisfacente e armonioso. L’apostolo Giovanni nel primo capitolo verso 14, rifer endosi a Gesù scrisse: “E la Parola e stata fatta carne ed abitato fra di noi; e noi abbiamo contempla to la Sua gloria, come gloria dell’unigenito proceduto dal Padre, piena di grazia e di verità.” “La Parola” (il cui termine greco corrispondente e LOGOS) Al primo versetto dello stesso capitolo, Giovanni, ci afferma che la PAROLA (il LOGOS, cioè Gesù nella sua esistenza preumana era con Dio.

Nella traduzione Italiana, non si rivela con chiarezza, come nel testo greco originale lingua del Nuovo Testamento. La differenza esiste, fra il Sommo Creatore ed il Logos, indicato, quale un Dio (cioè un Potente). Ora, se questa espressione fondamentale non e bene compresa, s’incorre in una confusione, e nella incongruente opinione (sostenuta da alcuni.) Che Padre e Figliolo sono due in una Persona, con il risultato sconcertante di far divenire. In tal modo, molte azione ed insegnamenti di Gesù, assurdi. Ad esempio: le preghiere innalzate da Gesù al Padre celeste sarebbero fatte a se stesso, dato che Egli sarebbe contemporaneamente Padre e Figliolo. Ma tale idea erronea non merita una lunga considerazione.

Il termine LOGOS, ripetiamo significa la Parola, espressa ed intercorsa, fra il Figliolo di Dio ed il Padre Celeste, il creatore. Giovanni spiega che, nel principio (cioè prima della creazione d’ogni cosa) il Logos era presso il Padre, Iddio. Infatti, sempre Giovanni, qualifica Gesù come “Il principio della Creazione di Dio Apoc. 3:14. E ci afferma (Giov. 1:3) “Ogni cosa è stata fatta per mezzo di Lui, e, senza di Lui, neppure una delle cose fatte e stata fatta.” Ancora nel libro dei Colossesi 1:15-17 l’Apostolo Paolo descrive Gesù con queste parole: “Egli è l’immagine dell’invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura. Poichè in lui sono state create tutte le cose, quelli che sono nei cieli, e quelli che sono sulla terra, le cose visibili e quelli invisibili, troni, signorie, principati e podestà, tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.” Giacchè il LOGOS fù il “principio della creazione di Dio”, e ovvio che la propria creazione non va in4 clusa nella dichiarazione che (tutte le cose furono fatte a Lui, poichè non avrebbe potuto far alcuna cosa se prima non fosse stato creato da Dio, l’Eterno dell’Eternità. L’armo nia di questa armoniosa testimonianza risalta, all’ orquando riconosciamo che, essendo il Logos” il principio della creazione di Dio, è, anche, l’esclusiva creazione dell’Eterno Iddio, e l’Agente del Creatore, che Lo rappresenta un tutto il resto della Sua Opera creativa.

Quanto abbiamo espresso, sinora circa Gesù, e convalidato dal Creatore, che, perlando col Suo Figli olo (il Logos), nella Genesi 1:26, gli dice: “facciamo l’uomo a Nostra immagine ed a Nostra somiglianza.” Da queste varie attestazioni Bibliche, risalta chia ramente l’esistenza preumana di Gesù. Nel libro del profeta Michea Cap. 5:1-2 e profetizzato che Bethlehem Eufrata sarebbe stato il luogo di nascita del Messia e, in realzione a Lui e scritto: “le cui origini risalgano ai tempi antichi, ai giorni eterni, cioè da quando esistevano solo il Padre ed il Logos, suo Figliolo. Gesù stesso dichiarò: “Perchè io sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Io sono il pane vivente che e disceso dal cielo, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.”—Giov. 6:38-51

Al tempo stabilito da Dio, ed in armonia con il Suo piano, il Messia della salvezza (Cristo Gesù naque nella città di Davide Betlemme. In riferimento al Messia il profeta Isaia scrisse: “Perciò il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio, e gli porrà nome Emmanuele.” Poichè un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato. Sulle sue spalle riposerà l’impero, e sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Peincipe della pace. Non ci sarà fine all’incremento del suo impero e pace sul trono di Davide e sul suo regno per stabilirlo fermamente e rafforzarlo mediante il giudizio e la giustizia, ora e sempre. Questo farà lo zelo dell’Eterno degli eserciti.”—Isaia 7:14-19; 5,6



VITA E DOTTRINA IN CRISTO

La Luce Del Mondo

“Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinchè veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vosto che è nei cieli.”
—Matteo 5:16

L’UMANITA’ È LONTANA DA Dio e non conosce né Lui né i suoi disegni: ciò che è simboleggiato nella Bibbia dal termine (tenebre). L’apostolo Giovanni scriveva: “che Dio è luce, e che in Lui non vi sono tenebre alcune.”—I Giov. 1:5

Le Scritture rappresentano coloro che conoscono Dio quale Egli si rivela nella sua Parola e desiderano eseguire la sua volontà, come degli esseri incamminati (nella luce). Esse dicono anche di tutti gli altri che essi marciano (nelle tenebre).—Giov. 1:6, 7

E in conseguenza del peccato originale dei nostri progenitori che queste tenebre simboliche sono scese sull’umanità. Essi disobbedirono alla legge divina e perciò furono condannati alla morte e così la loro progenie.

Paolo scrive: “Poichè, siccome per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’ubbidienza di un solo, i molti saranno costituiti giusti.” (Rom. 5:19) Ciò significa che (le tenebre) ricoprirono la terra dopo i giorni dell’Eden. Il profeta Davide ne parla, come di una oscura esperienza, quando scrive: “La sera alberga da noi il pianto”; poi egli ci rassicura con la pro messa che (“la mattina viene il giubilio.”— Salmo 30:5

Ma, durante questa lunga e triste notte, in cui la maggior parte del popolo è stata lontana da Dio e dalla Sua esperienza, vi sono stati dei testimoni sulla terra; e questi testimoni, condotti dalla mano di Dio, sono stati come delle luci in luoghi oscuri, per la fedele testimonianza che gli rendevano. In nessun momento, questi testimoni hanno convinto molta gente sulla verità concernente Dio, ma essi sono spesso serviti da guida a coloro che ricercano Dio nell’ardente desiderio di trovarlo e servirlo.— Atti 17:27

Se volgiamo uno sguardo retrospettivo, ai tempi del diluvio, ci accorgeremo che Noè era allora un testimone per Geova, il Creatore.

L’Apostolo Pietro ci dice che Noè era (un predicatore di giustizia.) (2 Pietro 2:5) Egli non riformò il mondo del suo tempo, ma rappresentava una luce in quel mondo, poichè rendeva testimonianza su quanto si riferiva a Dio ed i suoi disegni relativi alla venuta del diluvio che, verificatosi, giustificò l’atti tudine di Noè, rispetto a Dio ed alla sua giustizia.

Durante i secoli precedenti alla prima venuta di Gesù, Dio esercitò la sua influenza sulle vite dei suoi testimoni, in maniera miracolosa: e ciò contribui a rendere la loro testimonianza più efficace. Il profeta Isaia rivela la promessa del Signore: “Nes8 sun arma fabbricata contro di te riuscirà” e così fu in quei tempi antichi, per tutti i suoi fedeli testimoni.— Isaia 54:17

Giuseppe fu venduto e schiavo in Egitto, ma, per la meravigliosa provvidenza divina, divenne il padrone di questo paese ed il salvatore del suo popolo. Quale magnifica dimostrazione della potenza e della gloria del Dio di Giuseppe!

La Bibbia non dice mai che Giuseppe abbia fatto lunghi discorsi su Dio. La sua vita imperniata sulla testimonianza de (la parola appropriata), di cui si serviva all’occasione, per propagare la sua fede, era più eloquente di qualsiasi discorso: sopratutto dopo che Dio aveva apertamente giustificata la sua fede e ricompensata la sua fedeltà.

Più tardi, allorchè sali al potere in Egitto un Faraone (che non aveva conosciuto Giuseppe), gl’Israel iti dimoranti nel paese, e di cui il numero s’era grandemente accresciuto, divennero schiavi e, per la provvidenza del Signore, Mosè li liberò. Allorchè Mosè ed Aaron vennero a chiedere la liberazione degli Israeliti, il nome e la gloria di Dio furono ignorati.

Mosè stesso era impotente a compiere i disegni del Signore rispetto al suo popolo, ma egli si rivolse lealmente a Lui chiedendogli che gl’Israeliti fossero liberati nel Suo nome. Noi conosciamo il risultato: piaghe su piache afflissero gli egiziani fino alla morte dei loro neonati per cui il Re chiese, ed ottenne, che i figli degli Ebrei uscissero dal paese.

Ma il Farone cambiò idea e ordinò che la sua armata perseguitasse gl’Israeliti. Il Signore intervene ed aprì al suo popolo un passaggio attraverso il mar Rosso, facendo riversare le acque sull’armata egiziana che l’inseguiva. Fu allora che si elevò quel maestoso cantico di liberazione: “Io canterò all’- Eterno, perchè si è sommamente esaltato; ha precipitato in mare cavallo e cavaliere. L’Eterno è la mia forza e l’oggetto del mio cantico. Egli è stato la mia salvezza.”—Esodo 15:1,2

Questa magnifica testimonianza del potere di Dio nello intervento in favore del suo popolo liberandolo, non impressionò gl’Israeliti al punto di obbligarli a riporre in Lui la fiducia nel portarsi a conquistare la Terra Promessa. Essi rigettarono il rapporto dei due fedeli messaggeri Caleb e Giosuè e non vollero assumersi la responsabilità di scacciare dal paese i Cananiti. Perciò Dio li fece errare quarant’anni nel deserto. Purtuttavia Dio prese lo stesso cura di loro miracolosamente: giacchè fece loro cadere la manna dal cielo, sorger l’acqua dalla roccia per dissetarli e diede loro anche un tabernacolo.

La durata di tutto questo tempo, così la ricorda Mosè agli Israeliti: “Il tuo vestito non ti si è logorato addosso; e il tuo piè non si è gonfiato durante questi quarant’anni.”—Deut. 8:4

Mosè sapeva che il Signore prendeva cura del suo popolo durante il viaggio attraverso il deserto, ma per tema che questi lo dimeticasse, gli ricorda che era Geova “che t’ha condotto attraverso questo gran de e terribile deserto, pieno di serpenti ardenti e di scorpioni, terra arida, senz’acqua, che ha fatto sgor gare per te dell’acqua dalla durissima roccia; che nel deserto t’ha nutrito di manna, che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per umiliarti e per provar ti, per farti alla fine del bene.”—Deut. 8:15, 16

Naturalmente, era l’Eterno che prendeva cura in tal modo d’Israele il quale diveniva suo testimone per ciò: malgrado la mancanza di fede. E la benevolenza di Dio verso gl’Israeliti si rivelò con un altro miracolo: allorchè condotti da Giosuè li fece attraversare il Giordano ed entrare nella Terra Promessa.

LE MURAGLIE SI FRANTUMANO

Sul territorio di Canaan, gl’Israeliti si trovarono di fronte la città fortificata di Gerico ed essi non potevano prender possesso del paese senza conquistare questa città. “Allora avvenne come Giosuè era presso Gerico che egli alzò gli occhi, guardò, ed ecco un uomo che gli stava ritto avanti, con in mano la spada snudata. Giosuè andò verso di lui e gli disse: “Sei tu dei nostri, o dei nostri nemici?” e quello rispose: “No io sono il capo dell’esercito dell’Eterno; arrivo adesso.” (Giosuè 5:13,5) Questo messaggero dell’Eterno insegnò a Giosuè la tattica da seguire per espugnare Gerico ed egli attenendosi alle istruzioni ricevute, potè veder crollare le fortificazioni innanzi all’irruzione dei suoi dipendenti. L’Eterno fu con Giosuè e la fama di lui si sparse per tutto il paese.”—Giosuè 6:27

La disfatta ai Madianiti inferta da Gedeone a capo della piccola truppa composta di 300 uomini, fu un’ altra vittoria alla gloria dell’Eterno, poichè fu ancora Lui che la riportò.

Quando i 300 uomini di Gedeone, seguendo le istruzioni del loro capo, “spezzarono le brocche; con la sinistra presero le fiaccole, e con la destra le trombe per sonare e si misero a gridare: “la spada per l’Eterno e per Gedeone!” E mentre quelli suonavano le 300 trombe, l’Eterno fece volgere la spada di ciascun (nemico) contro il compagno per tutto il campo. L’esercito nemico fuggi fino a Beth- Scittah. . .”—Giudici 7:20-22

GEOVA E DIO

Dio manifestò ancora la sua potenza in una maniera caratteristica, per mezzo del Profeta Elia.

Sotto l’influenza di Jèzabel, moglie del Re Achab, l’Israele era stato indotto a l’idolatria, adorando Baal. Ispirato dall’Eterno, Elia stabili che avvenisse un sacrificio sul monte Carmelo onde dimostrare chi era il vero Dio vivente: Geova o Baal.

Elia disse ai Profeti di Baal: “scegliete uno dei giovenchi preparatelo i primi giacché siete più numerosi e invocate il vostro Dio, ma non appiccate il fuoco.” (18:25) Quel giorno vi era sul Monte Carmelo ed all’intorno un’enorme folla. I preti invocarono Baal tutto il giorno fino ad estenuarsi affinché inviasse loro il fuoco e provasse la sua esistenza e potenza, ma invano. Allora (Elia cominciò a beffarsi di loro e a dire: “gridate forte poiché egli è Dio, ma sta meditando, o è andato in disparte o è viaggio; forse anche dorme e si risveglierà.”—I Re. 18:27

I preti di Baal (profetizzarono fino all’ora in cui si offriva l’oblazione.) Allora Elia invitò il popolo ad avvicinarsi per osservare quanto egli s’accingeva a fare. Restaurò l’altare dell’Eterno, vi pose l’offerta e, per dimostrare che non usava alcun inganno, scavò un fossato all’intorno dell’altare che fece riempire d’acqua facendone versare anche sulla legna, sul giovenco e sull’altare, per ben tre volte, indi pronunziò questa preghiera: “O Eterno, Dio d’Abrahamo, d’Isacco e d’Israele, fa che oggi si conosca che tu sei Dio in Israele, che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose per ordine tuo. Rispondimi o Eterno, rispondimi, affinché questo popolo riconosca che tu, o Eterno, sei Dio, e che tu sei quello che converte il cuore loro!”—I Re. 18:36,37

In risposta a questa eloquente preghiera che chie deva di giustificare il suo proprio nome davanti al suo popolo, Dio fece cadere il suo fuoco che “consume l’olocausto, le legna, le pietre e la polvere e prosciugò l’acqua che era nel fosso. Tutto il popolo veduto ciò si gettò con la faccia a terra, e disse: “L’Eterno è Dio! L’Eterno è Dio!”—I Re. 18:38,39

DISTRUZIONE DELL’ARMATA ASSIRA

Durante il regno del Re Ezechia Sennacherib, Re d’Assiria chiese che gli fosse consegnata Gerusalemme. Egli inviò un ambasciatore a Ezechia intimandogli d’arrendersi, ma l’intimazione fu respinta.

L’ambasciatore ritornò col seguente messaggio: “Il tuo Dio nel quale confidi non t’inganni dicendo: Gerusalemme non sarà data nelle mani del re d’Assiria. Ecco tu hai udito quello che i re di Assiria hanno fatto a tutti i paesi, e come li hanno distrutti; e tu scamperesti? Gli Dei delle nazioni che i miei padri distrussero, gli Dei di Gozan, di Haram, di Retsef, dei figliuoli di Eden che erano a Telassar velsero eglino a liberarle? Dov’è il re Hamath, il re di Arpad, e il re della città di Sefarvaim, di Hena e d’Ivva?”—II Re. 19:10-13

Giò costituiva una sfida diretta al potere che aveva il Dio d’Israele, d’impedire la realizzazione del disegno di Sennacherib di conquistra ed asservire Gerusalemme. Su consiglio del Profeta Isaia, il re Ezechia rivolse questa ardente preghiera a Geova: “O Eterno Dio d’Israele, che siedi sopra i cherubini, tu solo sei l’Iddio di tutti i regni. O eterno, porgi l’orecchio tuo, e ascolta! O Eterno, apri gli occhi tuoi, e guarda! Ascolta le parole di Sennacherib, che ha manadato quest’uomo per insultare l’Iddio vivente. E’ vero, o Eterno, di re d’Assiria hanno desolato le nazioni e i loro paesi e hanno gettato nel fuoco i loro Dei; perché quelli non erano opera della mano degli uomini; erano legno e pietra ed essi li hanno distrutti. “Ma, ora, o Eterno, o Dio nostro, salvaci, te ne supplico, dalle mani di costui, affinché tutti i regni della terra conoscono che tu solo, o Eterno, sei Dio!”—2 Re. 15:19

L’Eterno rispose a questa preghiera per mezzo del Profeta Isaia, dandogli l’assicurazione, e così al re, che egli avrebbe difesa Gerusalemme “per amor di se stesso e per amore di Davide suo servo.” Ciò che fece e lo leggiamo nei versetti 35-36 del Cap. 19 del 2. libro dei Re: “E quella stessa notte avvenne che l’Angelo dell’Eterno usci e colpi nel campo degli Assiri 185 mila uomini; quando la gente si levò la mattina, ecco, erano tutti cadaveri. Allora Sennacherib re d’Assiria levò il campo, parti e se ne tornò a Ninive dove rimase.”

LA GLORIA DI DIO A BIBILONIA

Perché il suo popolo eletto non gli era fedele, l’Eterno premise che restasse soggetto in Babilonia. Intanto, v’erano dei fedeli nello stesso popolo e fra questi parecchi che gli servirono da testimoni. Durante tale periodo di schiavitù, i più zelanti erano Daniele ed i suoi tre giovani compagni Hanania, Mischaele Azaria. “Il capo degli eunuchi diede loro altri nomi: a Daniele pose nome Belsatsar; ad Hanania, Shadrac a Mischael Meshac e ad Azaria Abednego.— Daniele 1:6,7

Daniele occupò dal principio un posto predominante nello spirito di Nebucadnetsar allorché con l’aiuto di Dio, egli gli fece conoscere e spiegò il sogno che nè I magi, nè gli astrologhi, nè gl’incantatori, nè i Caldei avevano saputo interpretare.

Questa testimonianza a Geova spinse il Re fino a dirgli: “In verità il vostro Dio è l’Iddio degli Dei il Signore dei Re, e il rivelatore dei segreti, giacché tu hai potuto rivelare questo segreto.—Daniele 2:47

Daniele fu allora piazzato quale governatore di tutta la provincia di Bibilonia (e lo stabilì capo supre mo di tutti savii di Babilonia.) A sua volta Daniele, ricordandosi dei suoi tre giovani compagni chiese ed ottenne che divenissero servi assistenti. Ma Nebucadnestar dimenticò ben presto che egli aveva riconosciuto in Geova (Il Dio degli Dei e Signore dei Re.) Egli desiderava essere riconosciuto come padrone supremo e che i suoi dei fossero adorati nel suo regno. Per ciò aveva fatto erigere una grande statua a simbolo della sua dominazione e del suo diritto, esigendo dal popolo che adorasse i suoi Dei.

Egli emanò un ordine che dettava a tutti i suoi cittadini che ad un suo segnale essi avrebbero dovuto prosternarsi ed adorare questa statua aggiungendo che chi non si fosse attenuto a tal ordine sarebbe stato gettato in una fornace ardente Apparentemente a quest’ordine non doveva ottemperare anche Daniele facente egli parte della Corte del Re, ma i tre suoi compagni, si. Ora, dei nemici gelosi della posizione occupata dai tre ebrei, riferirono al Re che costoro non avevano fatto conto del suo ordine prosternandosi ed adorando la sua statua d’oro.

Al che Nebucadnetzar furioso li convocò innanzi a lui chiedendo se era conforme alla verità quanto gli avevano riferito. Essi lo confermarono ed egli consenti a dar loro agio di sfuggire alla sentenza purché non si ritentassero di obbedire al suo ordine. In caso contrario li avrebbe fatti gettare nella fornace.

Ecco quale fu la risposta di Schadraè, Meschac e Abed-Nego: “O Nebucadnetsar, noi non abbiamo bisogno di darti risposta in merito a questo. Ecco il nostro Dio che noi serviamo, è potente da liberarci, e ci libererà dalla fornace del fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Se no, sappi o re, che noi non serviremo i tuoi dei e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto.”—Daniele 3:16-18

Noi ci ricordiamo tutti del seguito. I tre Ebrei fur ono gettati nella fornace ardente la quale era talmente surriscaldata che i servitori del re adibiti ad eseguire il suo ordine morirono per il calore nel precipitarvi i tre Ebrei. Ma questi erano protetti da Dio. Allora, il Re, inquieto di accertarsi se aveva agito o no saggiamente, s’avvicinò alla fornace ardente e scopri, non solo che i tre Ebrei erano vivi, ma che c’era con loro una quarta persona il cui aspetto era (come quello d’un figlio degli Dei.)—Daniele 3:25

Solo le corde che li legavano s’erano bruciate ed è perciò che il Re che li vedeva muoversi in mezzo al fuoco chiese loro di uscir dalle flame dicendo: “Benedetto sia l’Iddio di Shadrac, di Meschac e di Abed-Nego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i suoi servi, che hanno confidato in lui, hanno trasgredito l’ordine del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e non adorare altro Dio che il loro. Perciò io faccio questo decreto: che chiunque, a qualsiasi nazione, popolo o lingua appartenga, dirà male dell’Iddio di Shadrac, Meschac e Abed-Nego, sia fatto a pezzi, e la sua casa sia ridotta in un immondezzaio; perchè non v’è altro Iddio che possa salvare a questo mondo.”—Daniele 3:28,29

Cosi, noi potremmo continuare a riportare innumerevolti altre rilevanti occasioni per mezzo delle quali Dio si glorificò egli stesso di fronte all’opinione degli Ebrei e quella di nazioni vicine, in combattimenti miracolosi per il suo popolo e nelle liberazioni dei suoi servitori che rappresentavano dei testimoni suoi; non tanto perché essi spiegavano al popolo le sue gloriose caratteristiche, ma per la loro fedeltà che Egli riconosceva e premiava con i suoi favori.

VOI SIETE MIEI TESTIMONI

Geova egli stesso riassume per noi tutto cio in un modo chiaro e magnifico allorchè ci dice: “Ma orà cosi parla l’Eterno, il tuo Creatore, o Giacobbe, Colui che t’ha formato, o Israele! Non temere, perché io t’ho riscattato, t’ho chìamato per nome; tu sei mio! Quando passerai per delle acque, io sarò teco; quan do traverserai dei fiumi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non ne sarai arso e la fiamma non ti consumerà. Poiché io sono l’Eterno, il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo Salvatore: io ho dato l’Egitto come tuo riscatto. Io ho annunziato, sal vato, predetto e non è stato un Dio straniero che fosse tra voi; e voi me ne siete testimoni, dice l’Eterno: (Io sono Iddio).”—Isaia 43:1-3; 11,12

Nei versetti intermedi di questo capitolo rivelatore l’Eterno mostra che il modo nel quale s’occuperà del suo popolo d’Israele per l’avvenire costituirà anche una testimonianza alla sua gloria. Noi leggiamo al versetto 6 e 7: “Dirò al Settentrione restituifcile: e al Mezzogiorno: non ritenere; fa venire i miei figliuoli da lontano, e le mie figliuole dall’estremità della terra, tutti quelli cioè che portano il mio nome, che io ha creati per la mia gloria, che ho formati che ho fatti.”

Ciò si riferisce apparentemente al raggruppamento degli Israeliti dispersi nel mondo, raggruppamento al quale noi assistiamo attualmente.

Numerose profezie dimostrano che questo raggrup pamento ha luogo alla fine dell’attuale epoca ed al principio del millennio. Citeremo una delle pre dette a conferma: “Perciò, ecco i giorni vengono, dice l’Eterno, che non si dirà più: L’Eterno è vivente egli che trasse i figliuoli d’Israele fuori del Paese di Egitto ma: L’Eterno è vivente, egli che ha tratto i figliuoli d’Israele fuori del paese del settentrione e di tutti gli altri paesi nei quali egli li aveva cacciati e io li ricondurrò nel loro paese che avevo dato ai loro padri. Ecco io mando gran numero di pescatori a pescarli dice l’Eterno; e poi manderò gran numero di cacciatori a dar loro la caccia sopra ogni monte, sopra ogni collina e nella fessura delle rocce.”—Gere. 16:14-16

Il fatto che la progenie naturale d’Abrahamo ritor ni attualmente verso la Terra Promessa, ancora incredula e, non per amore verso Dio, ma per desiderio di sicurezza, non diminuisce la grandiosità dell’iniziato compimento di queste meravigliose pro messe. Indicheremo ora la rassomiglianza del presente esodo delle nazioni a quello dell’Egitto!

A quei tempi essi emigravano per sottrarsi alla schiavitù ed il loro Dio premise che essi errassero 40 anni nel deserto, per la loro mancanza di fede e la ri bellione contro di Lui. La profezia di Ezchiele 20:33-37 ci spiega chiaramente il fatto che bisognava attendersi a veder Israele ritornare in Palestina, ancora incredulo. “Io sono vivente! Dice il Signore, l’E terno, con mano forte, con braccio distesso, con scatenamento di furore, io regno su voi! E vi trarrò fuori di tra i popoli, e vi raccoglierò dai paesi ove sarete stati dispersi con mano forte, con braccio disteso e con scatenamento di furore e vi condurrò nel deserto dei popoli e quivi verrò in giudizio con voi, dice il Signore, l’Eterno; e vi farò passare sotto la verga, e vi metterò nei vincoli del patto.”

Questa profezia sul ritorno d’Israele verso la Terra Promessa lascia apparire parecchi fatti importanti. Noi costatiamo prima che Dio regna su loro spargendo il suo furore e ciò non testimonia del ritorno volontario d’un popolo, motivato dall’amore per il loro Dio. Essi sono prima avviati (nel deserto dei popoli) ciò dimostra che, durante un momento, gli esiliati saranno nella stessa confusione ed incredulità in cui si trova il mondo attuale. Dio li giudica (faccia a faccia). Egli non avrebbe bisogno di farlo se essi fossero di tutto cuore con lui ed avessero accettato in Gesù il loro redentore.

Dopo aver ricevuto la loro punizione sotto (la verga di Geova), essi sono (messi nei vincoli del patto). Ciò mostra che non sarà al loro ritorno in Palestina che essi entreranno nei vincoli del patto col loro Dio.

Geremia 31: dal 31 al 34, d’informa che è giunto finalmente il tempo in cui l’Eterno (farà un nuovo patto con la casa d’Israele e la casa di Giuda). Ma non prima d’esser passate (sotto la verga) disciplinare e che i loro occhi non fossero stati aperti per contemplare la gloria dell’Eterno.

La profezia d’Ezechiele, capitoli 38 e 39 ci inquadra questa epoca. E’ evidente che Israele deve stabilirsi assai più solidamente nella Terra Promessa e prosperarvi molto più di quanto nel momento attuale. In seguito a ciò questo popolo attirerà delle orde di aggressori provenienti dal nord e da altri punti che lo attaccheranno. Allora Dio combatterà ancora per il suo popolo come nei tempi passati. La profezia dice anche che Geova (eserciterà i suoi giudizi) contro il capo dei nemici d’Israele: (con la peste e col sangue; e faro piovere torrenti di pioggia e gran dine, e fuoco e zolfo su lui sulle sue schiere e sui popoli numerosi che saranno con lui.—Ezechiele 38:22

Da tutto ciò scaturirà una chiara visione della glo ria di Dio per tutte le nazioni ed Ezechiele 39:7,8: “Così faro conoscere il mio santo nome in mezzo del mio popolo d’Israele e non lascerò più profanare il mio santo nome e le nazioni riconosceranno che io sono l’Eterno, il santo d’Israele.”

Così, dopo numerosi secoli di paziente attesa, durante i quali l’Eterno ha punito Israele, disperso nazioni, Egli lo riaccoglie facendo un nuovo patto con lui. Paolo ci dice che tale reintegrazione sarà (una vita fra i morti.)

Proprio L’Eterno si servirà di tutto Israele, dei vivi e dei morti, per rivelare loro la sua gloria come la rivelerà a tutte le nazioni. Giacché essi dovranno essere i suoi testimoni, pur avendo avuto bisogno, per i loro peccati della sua misericordia e del suo infinito amore.



ALLA LUC DELL’AURORA

“Finchè Non Venga Colui…”

“Così parla il Signore, l’Eterno; la tiara sarà tolta, il diadema sarà levato; tutto sarà mutato…finchè non venga Colui a cui appartiene il giudizio, ed al quale Io-la-Darò.”
—Ezechiele 21:31,32

DURANTE LUNGHI SECOLO di tenebre e di angoscia per l’umanità, paragonabili, secondo una simbologia biblica, ad una notte di pianto, finalmente sta per spuntare il mattino di gioia, in cu Dio realizza le promesse formulate anticamente ad Abrahamo a tutti I patriarchi ed ai santi profeti dell’Antico Patto.

Ad Abrahamo, l’Eterno rivolse la promessa di benedire in lui e nella sua progenie, tutte le famiglie della terra (Genesi 12:3; 18:18; 22:18) ed il fedele patriarca, forte di tale promessa, nel corso della sua esistenza rimase nell’aspettazione di una “città che ha i veri fondamenti ed il cui costruttore è Dio”—Ebrei 11:10

Nella Bibbia una città simboleggia un governo, e questa, città di cui Iddio ne è l’architetto e costruttore, si identifica nel regno o governo di Dio.

Probabilmente Abrahamo non comprese tutta la meravigliosa portata di tale promessa, ne percepi tuttavia quale grande parte avrebbe avuto nel futuro la sua (progenie) nell’opera di benedizione e di restaurazione di tutte le famiglie della terra.

Di quest’ultima, invece, fu concessa una visione a Giacobbe, nipote di Abrahamo, il quale, poco prima della sua morte, così profetizzò nei riguardi del suo figliuolo Giuda: “Giuda è un leoncello; tu risali dalla preda, figliuol mio; egli si china s’accovaccia come un leone, come una leonessa: chi osa destarlo? Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, nè il bastone di comando di fra i suoi piedi, finchè venga Colui (ebraico: sciloh) che darà il riposo, ed al quale ubbi diranno i popoli.”—Genesi 49:9,10

Questa profezia fù pronunziata al tempo del soggiorno del popolo E’breo in Egitto e la figura di un leone accovacciato simboleggia il diritto di regnare. E’ dunque chiaro che essa contiene l’idea di un grande dominatore proveniente dalla tribù di Giuda, il quale porterà la pace—e si adempiranno le promesse fatte da Dio ad Abrahamo.

L’Eterno si servì di Mosè per liberare il popolo ebreo dalla servitù d’Egitto e per dargli la sua legge divina, la cui fedele osservanza gli avrebbe conferito, con il diritto ad una esistenza nazionale, anche il privilegio di essere sovranamente innalzato nei riguardi di tutte le altre nazioni: “Or dunque, se ubbi dite davvero alla mia voce ed osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poichè tutta la terra è mia: e mi sarete un regno di sacerdoti ed una nazione santa.”—Esodo 19:5,6

Il raggiungimento di quesa invidiabile posizione di reame sacerdotale era subordinate all’osservanza del patto; e Dio concesse ad Israele tutte le opportunità per provare la sua fede, usando grande benignità verso questo popolo, perdonandogli le molteplici manifestazioni di apostasia.

I Giudei entrarono nel paese della promessa, sotto la guida di Giosuè ma, dopo la morte di quest’ultimo, per vari secoli non ebbero conduttori ed Iddio suscitò loro dei (giudici) per liberarli ogni qualvolta essi divenivano preda dei loro nemici e mostravano segni di sincero pentimento. Samuele fu l’ultimo di questi giudici che governò lungamente, ma verso la fine del suo ministerio, Israele gli domandò un re, così come ne avevano le nazioni circonvicine. L’Eterno esaudì questa richiesta ed incaricò. Samuele di ungere Saulle, quale primo re d’Israele.

Saulle sul principio regnò degnamente, ma poi si allontanò dalle vie del Signore e Davide venne unto al suo posto, però, malgrado l’unzione, non regnò che dopo la morte del primo.

La grazia dell’Eterno non si dipartì giammai da Davide, perchè fu un re gradito. A mezzo del profeta Natan, il Signore gli rivolse questa consolante promessa: “La tua casa ed il tuo regno saranno saldi per sempre dinnanzi a me, ed il tuo trono sarà reso stabile in perpetuo.” (2 Samuele 7:16) Queste parole potevano considerarsi l’ademplimento della pro messa che l’Eterno fece ad Abrahamo, riguardante la (progenie) o posterità di quest’ultimo, per mezzo della quale Egli avrebbe benedetto tutte le famiglie della terra. Dunque, non soltanto il grande dominatore dei popoli sarebbe stato suscitato dalla tribù di Giuda, ma piu particolarmente dalla famiglia di Davide.

L’Eterno, nell’organizzare il Regno d’Israele, fece in modo che questo rappresentasse simbolicamente il vero Regno che il Messia avrebbe dovuto più tardi stabilire. Così leggiamo che Salomone “si assise sul trono dell’Eterno, come re, al posto di Davide, suo padre.”—I Croniche 29:23 Lo stesso è scritto per tutti i re della discendenza di Davide che vi si insediarono successivamente. Alcuni di essi furono fedeli all’Eterno, altri no; non pertanto però l’Eterno tolse loro il potere regale.

Questo regno simbolico esercitò il suo potere fino al tempo di Sedechia, ultimo re che si assise sul (trono dell’Eterno). Costui fu malvagio ed a lui il profeta Ezechiele rivolse le seguenti terribili parole: “E tu, o empio, dannato alla spada, o principe d’Israele il cui giorno è giunto al tempo del colmo dell’iniqui tà; così parla il Signore, l’Eterno; la tiara sarà tolta, il diadema sarà mutato; ciò ch’è in basso sarà innal zato; ciò ch’è in alto sarà abbassato. Ruina! Ruina! Ruina! Questo faro di lei; anch’essa non sarà più, finchè non venga colui a cui appartiene il giudizio, e al quale lo rimetterò.”—Ezechiele 21:30-32

Vi è qualcosa di definitivo nelle seguenti parole: (il cui giorno è giunto al tempo del colmo dell’ iniquità); qualcosa che precedentemente era già stato annunziato.

Quando Iddio stipulò un patto con Israele, per mezzo della legge data a Mosé, Egli condizionò le sue benedizioni e le sue cure all’ubbidienza ed alla fedeltà daparte di questo popolo; riserbò ad esso, invece, terribili castighi in caso di disobbedienza. (Levitico 26:17-28) Se dopo tali castighi, esso non si fosse ancora ravveduto. Iddio lo avrebbe punito— particolare importante—“sette volte di più.” Questa espressione é menzionata a quattro riprese.

Coloro che conoscono le profezie sono generalmente d’accordo sul fatto che in questo passo ogni (tempo) equivale ad un anno giudaico di 360 giorni. In Ezechiele 4:5-8 l’Eterno defini l’unità di misura di questi tempi profetici in tal senso. Sette periodi o (tempi) di 360 giorni profetici equivarrebbero dun que a 2520 giorni od anni.

Se tale periodo di finale castigo ebbe inizio per Israele secondo il testo in esame, con il rovesciamento del suo ultimo re Sedechia, se ne deduce che il Signore avrebbe dovuto restituire i suoi favori a questo popolo non prima dello scadere dei 2520 anni.

Quando Sedechia fu detronizzato, la nazione giudaica fu condotta captiva in Babilonia per un periodo di settant’anni, al termine dei quali, pur essendo ritornata in Palestina, essa non recuperò più l’indipen denza nazionale. Il regno simbolico dell’- Eterno era giunto così alla conclusione e, secondo Ezechiele, il vero Regno di Dio non sarebbe stato stabilito se non alla venuta di colui al quale esso appartiene di diritto.

LA MANIFESTAZIONE DELLA MAESTÀ REALE

Gesù venne sei secoli dopo, e Giovanni Battista lo annunziò con questo messaggio: “il regno dei cieli è prossimo” (Matteo 3:2), ovvero “la maestà reale dei cieli è venuta.”

In realtà il (Re dei cieli) promesso da Dio, (la pro genie di Abrahamo), lo (sciloh), proveniente dalla tribù di Giuda e dalla discendenza di Davide, avrebbe dovuto regnare per sempre sul trono di Davide.

I discepoli avevano riconosciuto Gesù come il Mes sia promesso, il (Principe della pace), il (gran Re) che dominerebbe (da un mare all’altro e dal fiume (Eufrate) fino alle estremità della terra) (Salamo 72:8), ma essi credevano ch’Egli stabilisse il suo regno in Giudea, perchè la loro costante aspirazione era quella di vedere Israele liberata dal giogo romano. Infatti, quando Gesù risuscitò, e si manifesto loro per l’ultima volta, essi gli domandarono: “Signore, sarà egli in questo tempo che tu restaurerai il regno per Israele?”—Fatti 1:6

Una tale speranza sembrava loro giustificata. Le profezie di Ezechiele non affermavano che il Regno sarebbe stato rovesciato fino al tempo della venuta di colui al quale appartiene? E questo uomo non era Gesù, il giusto, che doveva occupare il trono di Davide? Non era Gesù colui intorno al quale era stato scritto: “Poichè un fanciullo ci è nato, un figliolo ci è stato dato, e l’imperio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile. Dio potente, Padre eterno, Principe della pace, per dare incremento all’impero ed una pace senza fine al trono di Davide ed al suo regno, per stabilirlo fermamente e sostenerlo mediante il diritto e la giustizia, da ora in perpetuo: questo farà lo zelo dell’Eterno degli eserciti?”—Isaia 9:5,6

Certamente; I discepoli non avevano compreso che Egli avrebbe dovuto stabilire il regno al suo secondo avvenimento. Gesù lo spiegò in una sua parabola che, nel racconto evangelico, viene preceduto da questa considerazione: (essi pensavano che il Regno di Dio stesse per essere manifestato immediatamente). “Un uomo nobile—disse Gesù nella parabola—se ne andò in un paese lontano per ricevere l’investitura di un regno e poi tornare.”— Luca 19:11,12 Gesù pronunziò questa parabola per i suoi discepoli, ai quali egli aveva preannunziato, prima di andare a Gerusalemme, per morire sulla croce.

Con i loro ragionamenti umani essi andavano chie dendosi come avrebbe potuto un re, una volta morto, stabilire un potente regno e liberare la loro nazione dai dominatori romani. E se la parabola dell’uomo nobile contribui a diradare parzialmente i loro dubbi, tuttavia con i cuori aspiranti a diverse aspettative, essi vennero a Gesù, sul monte degli ulivi, qualche giorno prima della sua crocifissione, e gli chiesero: (quale sarà il segno della tua venuta e della fine delle età presente?”—Matteo 24:3

I discepoli credevano bene che Gesù fosse il Messia, che al tempo fissato sarebbe ritornato per realizzare i disegni divini ed aprire l’età messianica.

La risposta data da Gesù alla domanda, è chiara; egli spiegò loro che tra i segni preannunzianti il suo ritorno e il completo adempimento della promessa abrahamica vi sarebbe stato una grande (tribolazione) quale non fu giammai dal principio del mondo fino a quel tempo, e se quei giorni non fossero abbreviati nessuno scamperebbe.—Matteo 24:21,22

Nessun uomo che non fosse stato ispirato da Dio, avrebbe potuto profetizzare le attuali condizioni dell’ umanità con tanta precisione.

L’Evangelista Luca riporta la risposta del Maestro alla domanda dei discepoli, con le seguenti parole: “Vi sarà…sulla terra angoscia delle nazioni, sbigottite dal rimbombo del mare e delle onde; gli uomini venendo meno per la paurosa aspettazione di quel che sarà per accadere al mondo.”—Luca 21:25,26

I TEMPI DELLE NAZIONI

Tra gli altri segni preannunzianti, il ritorno di Gesù e l’adempimento dei disegni messianici, merita particolare rilievo la profezia di Gesù sulla dispersione del suo popolo fra tutte le nazioni: “Gerusalemme sarà calpestata dai gentili finchè i tempi dei gentili siano compiuti.” (Luca 21:24) La parola Gerusalemme venne usata in questa circostanza da Gesù per rappresentare tutta la nazione giudaica, già asservita alla dominazione romana; abbiamo fatto anzi osservare che questo popolo, da oltre 600 anni, era tributaria di altre nazioni. Gesù aggiunse che lo sarebbe stato fino al compimento del (tempo dei gentili.)

La parola greca tradotta qui per (tempo) designa un periodo determinato che si identififica indubbiamente con i 2520 anni di punizione di questo popolo, intercorrenti dalla data di rovesciamento di re Sedechia, nel 606 a. C., al 1914.

Gesù rivelò che la fine del “tempo delle nazioni” avrebbe apportato un cambiamento nella situazione del popolo Giudeo, il quale avrebbe costituito una dei segni della Sua venuta. È interessante notare che dopo la fine della seconda guerra mondiale nonostante la grande opposizione del mondo Arabo, Israele ottenne le sua indipendenza nazionale, e questo popolo oggi non sono più un popolo calpestato dalle nazioni.

Ma la profezia di Gesù presenta un altro espetto ugualmente importante: la quistione delle nazioni. Il popolo Giudeo sarebbe stato calpestato fino al compimento dei tempo delle nazioni, il che presuppone un permesso accordato da Dio a queste ultime di dominare quel popolo ed esercitare il potere per un periodo di tempo determinato. L’apostolo Paolo scrisse in proposito: “Non vi è autorità se non da Dio (ossia che non è voluta, ma permessa da Dio); e le autorità che esistono sono da Dio ordinate.”— Romani 13:1

E’ evidente che l’aposto Paolo si ricollegò a quanto disse il profeta Daniele a Nebucadnetsar, nel nome dell’Eterno. Durante il regno di quel re Sedechia, ultimo re di Giuda, definito (malvagio principe d’Is raele), venne detronizzato e la nazione condotta captiva in Babilonia.

Il re di Babilonia vide in sogno una grande statua dalla testa d’oro, dal petto e le braccia d’argento, il ventre e le coscie di rame, le gambe ed i piedi di ferro, le dita dei piedi in parte di ferro ed in parte di argilla. Mentre egli ammirava quella statua, vide staccarsi una pietra, senza opera di mano, che la colpì ai piedi, mandandola in frantumi. Oro, argento, rame ferro ed argilla, furono allora polverizzati e dispersi al vento come (pula nelle aie di estate ed un vento li portò via.) La pietra divenne un gran monte che riempi tutta la terra.—Daniele 2:31-45

Il profeta Daniele dette la seguente interpretazione del sogno: “Tu, o re, sei il re dei re, al quale l’Id dio del cielo ha dato l’impero, la potenza, la forza e la gloria; e dovunque dimorano i figliuoli degli uomini, le bestie della campagna e gli uccelli del cielo, egli te li ha dati nelle mani, e t’ha fatto dominare sopra essi tutti. La testa d’oro sei tu.”

Al momento in cui la nazione giudaica perdette la sua indipendenza, Iddio concesse il dominio ad un re gentile che assoggettò il popolo d’Israele. Il re di Babilonia fu il primo di una lunga serie di dominatori succeduti in seguito a lui fino alla fine del (tempo delle nazioni.)

Secondo l’interpretazione di Daniele, l’argento, il rame, il ferro e l’argilla della statua, rappresentavano rispettivamente i seguenti imperi: Medo-persiano, Greco-macedone, Romano e la divisione di quest’ultimo nei diversi stati d’Europa, succeduti all’impero Babilonese.

Così la visione della statua si riferisce ad avvenimenti profetici adempitisi da quel tempo fino ai giorni nostri. L’impero Romano venne diviso in diversi stati posti, durante tutto il medio-evo e fino ai giorni nostri, sotto la soggezione di (case regnanti) le quali sono state rovesciate a seguito della prima e della seconda guerra mondiale.

Intorno alla pietra che colpì la statua sui piedi, Daniele dette la seguente interpretazione: (allora il ferro, l’argilla, il rame, l’argento e l’oro, furono frantumati insieme e diventarono come la pula nelle aie di estate; il vento li portò via…ma la pietra che aveva colpito la statua diventò un gran monte che riempì tutta la terra.”—Daniele 2:35

L’impero Babilonese venne conquistato dai Medio- persiani, che a loro volta furono conquistati dall’ impero Greco e quest’ultimo a quello dell’ Greco e quest’ultimo a quello dell’Impero Romano. Come abbiamo già fatto rilevare, quest’ultimo, nel 476 d. C., si smembrò, dando origine ai vari stati d’Europa.

I diversi metalli di cui la statua era costituita, furono frantumati contemporaneamente, e questo particolare ci induce a considerare la statua stessa non come una figura dei regni o governi delle nazioni, ma come una successione di potenze che da Bibilonia arrivo fino agli stati sorti dallo smembramento dell’Impero Romano. Babilonia era simboleggiata, nella visione, dal capo d’oro della statua: (tu, o re, -interpretò Daniele—sei quel capo d’oro.) Ed anche se Babilonia esisteva anteriormente agli avvenimenti narrati dal profeta Daniele, ella non si identificò con il capo d’oro se non quando Iddio accordò a Nebucadnetsar il permesso di regnare. Lo stesso dicasi per i successivi imperi L’insegnamento di Gesù e degli apostoli confermano tale interpretazione, che più tardi venne considerata come (diritto divino dei re) di regnare. Questo diritto divenne l’auto rità dominante in Europa, fino alla sua distruzione, avvenuta nel corso delle due guerre mondiali e successivamente ad esse.

Mr. C. A. Lyong descrisse esattamente questi avvenimenti che ebbero inizio nel 1924 nel (London Sunday Express) che riportiamo qui di seguito: Chi avrebbe mai pensato nel 1910 ad uno degli avvenimenti che si sono verificati nel corso di qualche breve anno fra le case regnanti d’Europa? Pensate a ciò che erano i Romanoff, i Borboni, gli Esburgo, gli Hohenzollern. Prima della guerra (la prima guerra mondiale) essi sembravano dimorare nel pieno della potenza e dell’opulenza. Radicati da vari secoli durante i quali avevano posseduto e governato l’Europa, essi affermavano di essere stati stabiliti da Dio per reguare sugli uomini.

“Improvvisamente però cominciò a soffiare una serie di piccolo colpi di vento dopo che essi si ritrovarono insieme a Londra, nel 1910, per l’ultima volta, in occasione dei funerali di Edoardo VII. Possiamo dire senza timore che nessuno di essi aveva in quella occasione la benchè minima idea sui disastrosi avven imenti che stavano per abbattersi sulle loro famiglie.”

Vi sono oggidì ancora dei governi in Europa, ma essi non sono più sostenuti dal cosidetto (diritto divino dei re.)

La potenza di cui godevano tutte le nazioni gentili, simboleggiata dalla statua di Nebucadnetsar, è scomparsa. Gli ultimi dominatori sono morti in esilio ad eccezione di quattro o cinque, che non esercitano più alcuna autorità sugli affari mondiali ed ancora meno nei propri paesi.


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Associazione Studenti Biblici Aurora