AURORA
Marzo-Aprile 2007

Contenuto Di Questo Numero

  1. La Cena Commemorativa
  2. L’Amore Dell’Creatore (Continuazione Dell’Articolo- Gennaio-Febbraio)
  3. La Vittorie Della Fede
  4. L’Inferno Della Bibbia

VITA E DOTTRINA IN CRISTO

La Cena Commemorativa

Escodo 12:1-3; 6:8, 11:12; Matteo 26:17-20; 16:30; 36:45; I Corinti 11:23-28

LA DOMENICA DEL 1 Aprile in tutto il mondo si riuniranno dei gruppi di sinceri discepoli del Maestro per commemorare la sua morte. Coloro i quali, per una ragione o un’altra, non potessero riunirsi con i loro fratelli, celebreranno questa festa fra loro. E’nostra ferma convinzione che la celebrazione di questo anniversario la cui data fu fissata, come dalle usanze dei tempi dell’Antico Testamento, dopo la luna nuova vicina all’equinozio primaverile, costituisce per noi un alto privilegio. Precisamente, Gesù istituì la data della prima cena della Pasqua all’anniversario dell’immolazione dell’agnello pasquale in contrapposto con l’abituale commemorazione praticata dagl’Israeliti in ricordo della loro liberazione dalla schiavitù egiziana. La data precisa, che introduceva il nuovo anno santo giudaico, cadeva al 14.mo giorno, dopo la predetta nuova luna, nel primo mese detto di Nisan. Secondo le usanze tramandateci dalla Bibbia, il giorno, aveva inizio al tramontar del sole e fu in quell’ora che Gesù partecipò alla cena della Pasqua con i suoi discepoli ed istitui la commemorazione della sua morte. Pertanto, essendo stato Egli crocifisso l’indomani al tramonto del sole, i due avvenimenti. cena e crocifissione, ebbero luogo nello stesso giorno biblico.

Gesù era l’agnello della Pasqua reale e noi partecipiamo al (pane) e al (calice), non in ricordo della cena pasquale, ma in quello della morte di Cristo.

Siccome gli avvenimenti della immemorabile notte in Egitto hanno un effetto importante sul significato della cena commemorativa, suggeriamo di leggere attentamente i passaggi dell’Esodo, citati al principio di questo studio, per averli ben presenti nella memoria: poichè la Pasqua rappresenta una delle più importanti istituzioni illustrate dalla Bibbia.

Benedetti, dunque, coloroo che vedono per lo spirito che Gesù è l’agnello di Dio che togile il peccato dal mondo e che Cristo è nostro nutrimento come l’agnello pasquale lo fu per i giudei.

Il pane senza lievito diviene la pura verità della parola di Dio. Le erbe amare che servivano a stuzzicare l’appetito dei giudei, rappresentano le amare prove alle quali siamo sottoposti per staccarci dalle cose di questo mondo ed eccitano il nostro appetito per il pane della vita e per le cose di Dio.

La cintura diviene un simbolo del servizio per il Signore, per la Verità e per i fratelli ed ha un significato tutto personale per noi giacchè costituisce un dovere della nostra vita cristiana; le calzature ai piedi costituiscono un altro simbolo che c’indica di marciare in novità di vita in Cristo, essendo calzati con la preparazione dell’evangelo della pace; il bastone, poi, sul quale essi si appoggiavano, rappresenta le promesse di Dio, nostra fonte di conforto, grazia ed aiuto, sempre pronta a venirci incontro durante il nostro viaggio verso Canaan.

COMMEMORAZIONE DELLA MORTE DI GESÙ

Nel commemorare la morte di Cristo nostro agnello pasquale, immolatosi per noi, consideriamo l’evento santo e benedetto rimemorandoci che Egli è morto per noi, per i nostri peccati e rinnoviamo la nostra consacrazione personale a Dio con la ferma determinazione di conservarci fedeli a Lui ed al Principe della Verità e della Giustizia.

Nel tipo, quella notte in Egitto, solo i primigeniti d’Israele furono risparmiati; oggi solo quelli della Chiesa dei primigenti verranno preservati.—Esodo 12:29,30

Per gl’Israeliti, l’uscire dalle case, i cui architravi e stipiti erano cosparsi di sangue, costituiva pericolo di morte; così noi andiamo incontro alla vita eterna, se restiamo chiusi nella casa della fede sotto la protezione del sangue del nostro Agnello pasquale, ed alla morte se ne usciamo.

Ben presto la notte della morte e del peccato sarà passata e si perverrà al mattino glorioso della liberazione del mondo dal governo di Satana. Ben presto il Cristo, il Mosé antitipico sarà il liberatore del mondo ed il giorno di liberazione durerà mille anni, durante i quali tutti coloro che obbediranno alla vo lontà di Dio vivranno. Alla fine di questo giorno tutto il male e le afflizioni, illustrati per gli ospiti egiziani, saranno distrutti nell’antitipico Mar Rosso, (la seconda morte), e tutte le famiglie della terra saranno liberate dal peccato e dalla morte e benedetti nel regno della giustizia del nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo. Quanto abbiamo esposto costituisce ciò che chiaramente ci espongono le Scritture circa la Pasqua e la susseguente liberazione degli Israeliti dalla schiavitù egizia.

COMPIMENTO DELLE PROFEZIE

Due profezie concordano mirabilmente nella testimonianza di questo avvenimento importante.

L’agnello pasquale fu scelto in Israele il 10 di Nisan. Gesù sapeva che doveva essere l’agnello pasquale antitipico, ce lo esprime chiaramente in Giovanni 13:1, mentre, nel capitolo 7, dal versetto 6 al 9, ci dice: (il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece, è sempre pronto. Il mondo non può odiar voi; ma odia me, perché io testimonio di lui che le sue opere sono malvage. Salite voi alla festa, perchè il mio tempo non è ancora compiuto. E dette queste cose, rimase in Galilea.

Gesù sapeva anche che, essendo l’agnello antitipico, sarebbe stato scelto il 10 del mese e messo a morte il 14 perchè così era stato prestabilito per la sua esperienza.

I sacerdoti ed i magistrati, convocati da Pilato, gridandogli (crocifigilo), (crocifigilo) uccisero il Signore della gloria ed i discepoli restarono atterriti e sbalorditi per l’avvenimento terribile ed imprevisto, succeduto a così breve distanza da quello in cui i loro cuori avevano esultato per gli osanna e le acclamazioni delle turbe che precedevano e se guivano Gesù, montato sull’asinello e diretto a Gerusalemme.—Giov. 21:9

Intanto un’altra profezia si compì, quella di Zaccaria che qui riportiamo: “Esulta grandemente, o figliuola di Sion, manda gridi d’allegrezza, o figliuola di Gerusalemme; ecco il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso umile e montato sopra un asino, sopra un puledro d’asina.”—9:9

I Giudei sapevano che, nei tempi passati, i loro re si recavano sul luogo della cerimonia della loro incoronazione assisi sulla groppa d’un asino bianco e conoscevano anche la profezia di Zaccaria della quale attendevano da lungo tempo il compimento. Fu, quindi evidente e senza alcuna scusante il riget to d’Israele allorchè Gesù si presentò al popolo nella maniera ch’essi attendevano e nel giorno 10 di Nisan.

Che l’entrata del Signore in Gerusalemme sia stata o no trionfale lo si può giudicare secondo l’aspetto sotto il quale viene considerato l’evento.

Per i principali sacerdoti, gli scribi ed i farisei fu considerato quale una memorabile parata composta da fanatici e da ignoranti che si erano fatti gabbare. Ciò perchè i precitati non potevano discernere più di quanto si presentava ai loro occhi offuscati, che non vedevano il Messia, né intravedevano la salvezza e solo temevano che le turbe, da essi classificate ignoranti e fanatiche, avessero infliciata e distrutta la loro autorità.

Dal punto di vista dei discepoli ed altri, ripieni di spirito messianico, l’evento fu considerato trionfale e portava loro la sicurezza che Colui il quale aveva la potenza di guarire i malati e di risuscitare i morti era venuto a stabilire il regno tanto atteso. Essi erano convinti che avrebbe salvato Israele. Invece Gesù regnò solo un giorno e, dopo quattro, i discepoli, stupiti disillusi ed addolorati, videro il loro Re inchiodato sulla croce ed assistettero alla sua morte.

Dal punto di vista di Dio, l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme era considerata sotto un’altra visuale. Egli sapeva che Gesù era l’agnello pasquale antitipico; Egli sapeva che Gesù aveva compiuta la profezia enunciata da Zaccaria 9:9; Egli sapeva che, (al tempo voluto), dopo aver concesso al Figliulo tutto il potere, nel cielo e sulla terra, avrebbe annientato il peccato e sottomesso tutte le cose al governo divino; Egli sapeva che Gesù avrebbe liberato l’uomo dal peccato, dalla maledizione e dalla morte e sapeva pure che, qual (Re dei re) e (Signore dei signori), Gesù avrebbe stabilito la volontà di Dio su tutta la terra.

Grazie a Dio, questo è anche il nostro punto di vista allorchè rivolgiamo il pensiero all’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme; grazie a Dio, noi siamo in grado di inviare gli Osanna al Figliuolo di Davide dal profondo dei nostri cuori esultanti ed esclamare con i discepoli: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore.”—Matteo 21:9

Le guarigioni dei ciechi e degli zoppi che Gesù effettuò, dopo essere entrato a Gerusalemme, stanno ad illustrare le future opere che Egli compirà durante il Millennio, allorchè qual Re dei re, stabilirà il suo regno secondo la promessa espressaci da Dio per mezzo d’Isaia al capitolo 35; “lo zoppo salterà come un cervo e la lingua del muto lo canterà di gioia.”

IL (PANE) ED IL (CALICE)

La data commeorativa della morte del Maestro ci si presenta come una semplice cerimonia rappresentata dal pane senza lievito che mangeremo e del vino che berremo in suo ricordo, ma quale profondo significato essa racchiude per noi nel ricordarci gli avvenimenti che la stabilirono e la resero cara e commovente ai nostri cuori! La benedizione del (calice) e del (pane) è sempre presente al nostro spirito con la spiegazione che Egli diede ai discepoli sul (pane), rappresentante il suo corpo rotto, ed il (calice) il suo sangue sparso.

Egli disse che tutti i suoi discepoli debbono prendere parte al suo nutrimento ed essere (rotti) con lui, non solo come espiazione, ma deponendo la loro propria vita al suo servizio. “Prendete, questo è il mio corpo” disse loro porgendo il pane e, poi, porgendo il calice: “questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti.”—Marco 14:22-25

Già prima Gesù aveva detto “io sono il pane della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinchè chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo.”— Giov. 6:48-51

Il pane senza lievito di cui ci ciberemo sia a significare l’accettazionne per fede del merito di Gesù il quale, col suo calvario, ci ha donato la salvezza eterna; il vino frutto della vigna, simboleggia la vita che il nostro Salvatore ha data per riscattarci. Il sangue rappresenta la vita, non una vita risparmiata, ma abbandonata, sacrificata, deposta. “In nessun altro è salvezza; poichè non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad essere salvati.”—Atti 4:12

Gesù, dopo la cena andò in un podere detto Getsemani ed ivi ottenne una grande vittoria su se stesso, quale essere umano, pregando così: “Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice!” (Matt. 20:22) “Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi.” (Matt. 26:39) “Di nuovo, per la seconda volta, andò e pregò così: Padre mio, se non è possibile che questo calice passi lungi da me senza che io beva, sia fatta la tua volontà.” E, tornato, trovò i discepoli addormentati per cui ritornò sul posto e ripeté la preghiera per la terza volta e, poco tempo dopo, fu tradito da Giuda che, nell’istante stesso dell’attuazione del tradimento, ebbe la spudoratezza di dargli un bacio che doveva servire ad indicare Gesù ai soldati, onde lo arrestassero. Così, condotto innanzi a Pilato, questi se ne lavò le mani, ed ai Giudei che chiedevano la morte di Gesù, disse: (Ecco l’uomo) ed ai capi sacerdoti e le guardie che gridarono: Crocifiggilo, crocifiggilo, replica “ma insomma, che ha fatto di male? Io non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Io quindi gl’infliggero un castigo, e poi lo libererò. Ma essi insistevano con gran grida, chiedendo che fosse crocifisso.”—Luca 23:21-23

Così fu flaggellato, e oltraggiato, con la corona di spine che i soldati gl’imposero sulla testa, il manto di porpora e la croce sulle spalle! Indi lo menarono sul luogo che, in ebraico era denominato del (teschio), il Golgota, e lo crocifissero in mezzo ai due ladroni. Purtuttavia, Gesù non si scorò, non fu vinto, non fu debole, ma dolce, perchè la forza interna dello spirito non l’abbandonò sino alla fine. Inchiodato sulla croce alle ore 9 del mattino, all’ora terza del pomeriggio, l’agnello di Dio, senza macchia, morì.

Meditiamo, nel commemorare la morte del nostro Salvatore, sul significato eccelso che rappresenta il (pane), il suo corpo rotto ed il (calice) il suo sangue sparso! Queste verità illustrano la nostra salvezza e la nostra vita eterna che abbiamo avuto per Lui e da Lui. Queste verità sono profonde ed infinite al pari dell’amore del nostro Padre celeste.

UN ALTRO PENSIERO

Il pensiero che sovrasta qualsiasi altro, nella commemorazione di cui è oggetto il nostro studio, si impernia su Cristo, il suo sacrificio, che è il nostro riscatto, e la dispensazione della vita concessa a noi ed a tutta l’umanità come possiamo rilevare dal concetto qui espresso da Gesù nel colloquio con i discepoli: “In verità, in verità io vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto.”—Giov. 12:24

Dobbiamo anche tener presente un altro importante aspetto che racchiude la commemorazione e ce lo fa rilevare l’Apostolo Paolo didendoci: “il calice della benedizione che noi benediciamo, non è egli comu nione col sangue di Cristo? Siccome v’è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo oun corpo unico, perchè partecipiamo tutti a quell’unico pane” (I Corinzi 10:16,17 (Comunione), quale prezioso termine indicante l’unione fraterna rappresentata nella cerimonia del (pane) e del (calice!)

In un pane vi entrano molti chicchi di grano macinati per comporlo e poichè Gesù fu (rotto) qual nostro pane, noi dobbiamo essere (rotti con lui acquistandoci tal privilegio, meritando di essere parte di questo pane col sacrificio di quanto ci viene, imposto dalla carne e tenendo sempre presente la nostra consacrazione, l’essere (morti in Lui) onde vivere con Lui, il dover soffrir con Lui affinchè poter regnare on Lui!

Gesù, sperimentate la consacrazione e le sofferenze in nome della giustizia fu ricompensato dal Padre suo per la fedeltà spiegata. E noi dovremo far altrettanto. Perciò Egli ci domanda: (potrete voi bere il calice?)

Teniamo intanto presente l’esortazione dell’Apostolo per le condizioni di spirito, di tempo e di luogo da preparare nella celebrazione di questa solenne cerimonia. Egli ci dice “Purificatevi dal vecchio lievito, affinchè siate una nuova pasta, come già siete senza lievito. Poiche anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata. Celebriamo, dunque, la festa, non con vecchio lievito, nè con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità.”—1 Corinzi 5:7-8

Liberiamo, quindi, il nostro cuore dal vecchio lievito, nella ferma determinazione di trionfare per la fede, e, dopo aver partecipato alla santa commemorazione, ritorniamo alla nostre dimore con un inno di gioia e riconoscimento racchiuso nel nostro cuore per il privilegio concessoci dal Padre Celeste d’essere stati tratti dalla tenebre alla luce e chiamati alla partecipazione del Corpo di Cristo.

Ed alimentiamo ogni giorno il nostro zelo per renderci degni di partecipare con Cristo al suo regno fino a quando non sentiremo nell’intimo del nostro cuore dirci: “Va bene, buono e fedel servitore; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore.”—Matteo 25:21

Se per alcuni la commemorazione di quest’anno potrà essere la prima e per altri l’ultima ciò non ha importanza, quando prevale e predomina la fedeltà nel senso racchiuso in questa solenne cerimonia.

Rivolgiamo perciò al Signore la più vivida preghiera onde ci conceda la forza di essere fedeli; o rinnoviamogli la nostra consacrazione; ringraziamolo del dono che ci ha concesso per la intercessione del suo Diletto Figliuolo; per la luce della verità che ha infusa nei nostri cuori; per averci prescelti nella (grande chiamata) ed infine ringraziamolo con quella commozione che pervade il nostro spirito per Gesù Cristo, nostro Signore, nostro Re, presente e possente.

In questi ringraziamenti si racchiude la più decisa determinazione di mostrarci e divenire sempre più degni dei privilegi concessoci e fedeli agli obblighi ad essi inerenti. Perciò, Padre Celeste, ti preghiamo di voler benedire questa nostra commemorazione.



CONTINUAZIONE DELL’ARTICOLO
Gennaio-Febbraio 2007

L’Amore Del Creatore

QUEST’OPERA DI GESÙ è stata definita, nelle Scritture, “Redenzione” che sta ad indicare il riscatto ottenuto da Gesù offrendo la Sua vita qual “prezzo corrispondente, per la vita d’Adamo e della sua progenie. Mentre l’amore di Dio, racchiuso in questo Piano, apre una via all’uomo per liberarsi dal peccato e dalla morte, l’umanità ha continuato [e continuerà, ancora per un po’ di tempo] a patire per una condanna ad un’infrazione di cui non si è resa direttamente colpevole: però le è stata concessa una beata esperienza, per la quale otterrà una gioiosa ricompensa, reperibile nella graduale restaurazione alla vita. Allora, ricordando il passato e le innumerevoli traversie in cui visse, sotto le condizioni del peccato e della morte, ringrazierà Iddio riconoscendo ed apprezzando il supremo dono che, infine, EGLI ha concesso a tutti: che saranno lieti d’ubbidirLo, servirLo e glorificarLo per sempre!

Testi bibblici, compulsati e da compulsare: Atti 17:24-28, Giobbe 12:10, Genesi 3:17-19, I Timoteo 2:3-6, Isaia 35:10,24-29, Appoc. 21:4

Il Supremo Creatore dell-Universo, con amorevole prodigalità, eroga ogni Sua benedizione alle Creature terrestri. Il Suo infinito amore è esteso, al pari dell’uomo, anche alle creature inferiori. Egli si diletta ad erogare la sua tenerezza su tutta la terra, su cui irradia il sole per allietarla, la pioggia per vivificarla. Queste Sue benedizioni sono profuse anche a coloro che, restando ancora nelle tenebre, non credono nella Sua esistenza e, spesso lo bestemmiano anche.

A causa della caduta dell’uomo nel peccato e nella degradazione e, per non essere pervenuto a rendersi soggetta la terra, come Iddio gli aveva ordinato, a volte, le sofferenze umane, nella loro molteplicità, appaiono in contraddizione, rispetto all’amore ed all’interesse, dimonstrato da Dio verso le Sue creature terrestri, In tali circostanze, dobbiamo tener presente che non siamo, ancora, nel tempo della eliminazione di tutti i mali, contemplato nei Disegni del Piano di Dio. E dobbiamo ricordarci che— purtroppo, come la Bibbia predice—dovremo ancora andare incontro a ben più tenebrose e penose circostanze di vita. Perciò occorrerà non dimenticare che l’uomo [Adamo] peccando conscientemente, giacché gli era ben noto che andava incontro alla morte, ha ottenuto che Dio gli ha concessa la redenzione dalla morte, tramite Gesù, nostro Signore. Infatti chi potrebbe non convenire che l’offerta del Suo diletto Figliuolo costituisce un impareggiabile ed ineguagliabile atto d’amore del Padre celeste.

Le Scritture, con una mirabile chiarezza, c’indicano che “Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il Suo Unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giov. 3:16) Da questa categorica asserzione, dobbiamo attingere la ferma speranza che l’intera umanità avrà l’opportunità di beneficiare dell’immenso dono del Padre celeste, trasmessoci per i meriti di Gesù Cristo. E si consideri, inoltre, che ‘lopportunità di credere in Cristo non è limita a questi ultimi giorni di vita, ancora piena d’imperfezioni.

Or, mentre l’amor di Dio è manifestato nel dono erogatoci del Suo diletto Figliuolo, reperiamo l’altro meraviglioso dono, concesso ai fedeli credenti dell’era attuale, in quanto “chiamati mercé la propria gloria e virtù, per le quali ha largito le Sue preziose e gradissime promesse, onde fossero fatti partecipi della natura divina, dopo essere fuggiti dalla corruzione.” (II Pietro 11:3,4) Costoro, per opera dello Spirito Santo, divengono generati dallo Spirito, figliuoli di Dio ed elevati al Piano divino. Non è questa un’altra manifestazione dell’amore divino?

Un’altra incomparabile abilitazione, per la nostra limitata efficienza mentale, risiede nell’averci concesso d’apprendere e comprendere il vasto, profondo, sommo ed eterno Amore, che Dio ha usato verso gl’imperfetti esseri umani: oltre ad accordar loro la redenzione dalla morte per mezzo di Gesù e la chiamata per divenire coeredi Suoi, nel Regno Millenario. Le Scritture rivelano che costoro costituiscano il “Piccolo Gregge,” scelto d’infra il mondo, in base alla costatata fede in Dio ed ubbidienza a Gesù, nel seguire le Sue orme. A qust’altra suprema dimostrazione dell’amore divino, i beneficiati corrispondono, sin da ora, con la più profonda e devota riconoscenza al Padre celeste ed al Suo diletto Figliuolo, loro Maestro, Redentore e Salvatore.

Testi biblici compulsati e da compulsare: Matteo 5:43-45, Geremia 9:23,24, Romani 6:23, I Giovanni 4:9-12, Romani 5:8, Giov. 3:16,17, I Tim. 2:3-6, II Pietro 1:4, I Giov 3:1-3, Efes. 2:1-7, Luca 13:32

L’ONNIVEGGENTE IDDIO

Niuno, ed in nessun tempo, ha veduto Iddio. Diffati niuno può vederlo e vivere. Ma ne vediamo l’immagine ed il carattere che ci è stato e c’è rivelato a mezzo del Suo diletto Figliuolo Gesù Cristo. Infatti, rilevando l’affabilità la comprensione e l’amore di Gesù ci rendiamo edotti che le stesse doti le possiede anche il nostro amorevole Creatore.

Anche la Bibbia, ci aiuta a comprendere, con più chiarezza, lo infinito Amore del Padre celeste verso il Suo popolo, mediante i riferimenti simbolici: “il Suo occhio,” il Suo orecchio,” “il Suo braccio.” Sappiamo bene che Iddio non ha, materialmente parlando, occhi, orecchie e braccia, al par di noi. Questi simboli sono adoperati per indicarci l’estrinseca zione del Suo intervento a nostro favore e, così, renderci edotti dell’Amore che eroga ed erogherà ai Suoi diletti Figliuoli, perseguitati dalle ingerenze di Satana, principe di questo mondo malvagio. Come noi vediamo, tramite gli occhi proprii ed inquadriamo nella mente quanto è alla portata della nostra vista, così l’Onnipotente Creatore vede e conosce quanto avviene al Suo popolo, perché esso è sempre alla portata della Sua Onniveggenza. EGLI non dorme, né si stanca, ed è sempre a dare forza ed aiuti al Suo popolo, in ogni tempo che ne ha bisogno.

Dell’antico popolo Israelita—che era il tipo dell’Israele Spirituale, cioè dell’effettiva Cristianità dell’èra Evangelica, il Padre celeste disse che “chi lo avesse toccato, per fargli del male, avrebbe toccata la pupilla degli occhi Suoi.” Quale caratteristica espressione simbolica è adoperata, per indicare in che misura gli sono preziosi i Suoi filiuoli!

La Bibbia dice, pure, che “gli occhi del Signore sono su tutte le vie dei Suoi giusti figliuoli terrestri.” Anche questa locuzione è una immagine che sta a far rilevare che Egli sa tutto ciò che avviene, in ogni dove, su la terra, oltre a dimostrare l’interesse che dimostra nel proteggere i componenti del Suo popolo dai loro nemici per facilitar loro l’espletamento dei compiti che si sono assunti, nel servr- Lo. “Gli occhi del Signore sono in ogni luogo, per individuare i buoni ed i malvagi” ci dicono ancora le Scritture: perciò nulla Gli sfugge di quanto avviene su la terra. Il re Davide, consapevole del Sommo Potere di Dio, in tutto e dapertutto, lo invoca in questi termini: “siano grate al Tuo cospetto le parole della mia bocca e la meditazione del mio cuore.”

Noi ben sappiamo che gli occhi umani posseggono una visività limitata ad oggetti materiali ed a figure, in disegni o strutture fisiche, nonché secondo la graduazione della vista—differente, da una persona, al’altra. Ma “gli occhi del Creators,” oltre a non aver limitazione visuale, sono in grado di frugare e scandagliare i reconditi recessi delle nostre menti e dei nostri cuori. Perciò abbiamo la massima purezza di sentimenti e di pensieri, onde siano gradevoli al cospetto dell’Eterno.

Gesù sarà il giudice supremo dei popoli, durante il veniente giorno di giudizio mondiale e, sempre dalle Scritture, apprendiamo che Egli non giudicherà, secondo la limitatezza delle menti umane, in quanto, ora, Egli “essendo l’espressa immagine del Padre celeste” è, pure, in grado di scrutare e scandagliare nelle menti e nei cuori delle genti per poterle giudicare appropriatamente.

Un inno di lode e gloria prorompe dai nostri cuori, per magnificare il Padre celeste ed il Suo diletto Figliuolo.

Testi biblici compulsati e da compulsare: Giov. 1:18, I Pietro 3:2, Deut. 32:10, Zacc. 2:8, Prov. 15:3, Ebrei 4:13; 1:13, Esodo 33:20, Giov. 1:49, Isaia 40:28-31, Salmo 17:8, II Cron. 16:9, Salmo 19:14, Isaia 11:1-15

IDDIO SENTE OGNI NOSTRO APPELLO

L’amorevole interessamento di Dio per i componenti del popolo Suo e le cure che ha per essi, e nell’- intenerirsi di loro, attire la nostra attenzione sui numerosi riferimenti biblici, circa la dote divina di “sentirci,” allorché lo invochiamo a sostenerci con le Sue eterne “braccia.” Le Scritture, per porre in piena luce l’intimo Amore di Dio, dicono che “gli occhi dell’Eterno sono sui giusti e le Sue “orecchie” sono attente al loro “grido.”

Il Signore ha promesso al Suo popolo che avrebbe accolte le preghiere che Gli avremmo rivolte e noi sappiamo che “se domandiamo qualcosa, secondo il Suo beneplacito, Egli ci esaudisce.” Le Scritture ci dicono, pure, “che EGLI ha un braccio potente; la Sua mano è forte; la Giustizia ed il diritto sono la base del Suo Trono e la benignità e la verità sono davanti alla Sua faccia.” L’immenso Potere di Dio ci assicura che possiamo sperare di ottenere tutto quello che Gli chiediamo, nelle nostre devote preghiere, purché esse non sconfinano dai principii contenuti nel Suo Piano e contemplati nelle Sue Leggi. Le Scritture scrivono, come abbiamo detto, che Iddio ha un braccio forte ed una mano potente, che adopera a prò della benignità e della Verità.

Durante l’attuale èra Evangelica, il Signore ha trattato, e tratta, solo con coloro i quali devono essere preparati per vivere e regnare con Cristo nel Suo Regno Millenario.

Instaurato “la conoscenza dell’Eterno si estenderà su tutta la terra ed” ogni carne innalzerà la propia voce, erompenti dai propi cuori, in preghiera a Dio, ed Egli li ascolterà. Di sicuro allora, i popoli gioiranno, perchè avranno appreso a conoscere, amare e servire l’amorevole Creatore dell’Universo.

Iddio non è stato indifferente alle sofferenze della decaduta famiglia umana. Infatti le Scritture ce lo raffigurano mentre dal cielo estende il Suo sguardo mirante la terra, ad udire i gemiti dei prigionieri della morte, in cui ha avuto pietà ed ha pietà, perciò ha stabilito di leberarli mediante la grande Opera di Cristo glorificato, nel corso dei mille anni del Suo Regno. Ci è ben noto scritturalmente che tale Opera fù concepita e progettata dalla Sapienza del Creatore e dall’impulso del Suo infinito Amore per le creature umane.

Le Scritture riportano che questa amorevole opera future sarà compiuta a mezzo di Cristo. E, riferendosi all’Eterno dicono: “Il braccio del Signore che sarà tratto fuori dalla Sua Santità e, anche Tu—Iddio— apri la tua mano e sazii il desiderio di tutto ciò che vive.” Tutte le genti conosceranno a fondo le benedizioni di pace, vita e gioustizia perchè saranno loro rivelate dall’Unigenito Figliolo di Dio, che renderà manifesto il glorioso Piano del Padre Celeste.

Questo braccio del Signore, è stato rivelato solo a poche privilegiate Nuove Creature, ai veri consagrati Cristiani. Infatti, ben pochi riconobbero il Messia della salvezza, alla Sua Prima Venuta sulla terra: (il vero dono elargito dall’Amore di Dio per salvare i popoli dal peccato e dalla morte.) La massa dei miscredenti lo insultarono, lo perseguitarono, lo trafissero e lo crocifissero. Però in fine, possiamo, ora, gioire perchè la seconda Sua venuto sulla terra sarà completamente diversa, poichè tutti alla quale il velo dell’ignoranza ci sarà tolto, conosceranno e sapranno che fù Egli che ha provveduto la salvezza per tutte le famiglie della terra.—Giovanni 3:16,17




LA CENA MEMORIALE SI CELEBRERÀ IL GIORNO: DOMENICA, APRILE 1 2007 DOPO IL TRAMONTO DEL SOLE




Le Vittorie Della Fede

“Ora, senza la fede, è impossibile piacergli; poichè chi si accosta a Dio deve credere che Egli è, e che è il rinnovatore di quelli che lo cercano.”
—Ebrei 11:6

APOSTOLO PAOLO SPIEGA che “le fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono.”—Ebrei 1:11

Se noi possedessimo ciò che è oggetto delle nostre aspirazioni e scorgessimo quel che è invisibile, non ci servirebbe la fede che, invece ci è necessaria nutrire nel tempo in cui viviamo denso degli eventi gloriosi promessici da Dio, onde, per essa si diradi ogni oscurità e possiamo “contemplare il paese” spirituale della promessa “che si estende lontano.”—Isaia 33:17

Coloro che conoscono il piano divino e sanno perchè Dio ha permesso il regno del male durante oltre seimila anni, sono pervenuti alla convinzione, che il mondo, finalmente comprenderà l’importante lezione derivante dalla disobbidienza alla legge divina e le sue conseguenze ed hanno la sicurezza sulle condizioni favorevoli che vi saranno per tutti durante il millennio.

In questi tempi, ed in quei trascorsi, durante i quali ha dominato e domina il male, dando prestigio all’uomo cattivo ed orgoglioso, bisogna essere dodato di molta fede per difendere la verità che è impopolare, e seguire il giusto, l’umile, il perseguitato, che vivono nelle angustie e nelle sofferenre. L’ardore e perseveranza nella fede trae origine dalla sicurezza del compimento delle promesse di gloria, onore e immortalità ch’Egli concede alle “sue nuove creature in Cristo Gesù.”—Corinti 5:17

Nel passato tutte le creature intelligenti di Dio furono prima create e poi provate, mentre per la (nuova creatura) è differente: essa è provata prima di divenire nuova e, quindi, coloro che avranno meritato questa qualifica, durante l’era dell’Evangelo, otterranno l’immortalità. Ecco, quindi, le ragioni per cui il Signore ha permesso che il suo popolo fosse in contatto col male.

Le opera che scaturiscono. Paolo, dopo averci detto che la “Fede e certezza di cose che si sperano e dimostrazione di cose che non si vedono” ci da parecchi meravigliosi esempeii di ciò che la fede può compiere nella vita del cristiano e li trae dal Vecchio Testamento.

Perchè sieno più significativi: in quanto gli antichi fedeli di Dio, avendo conoscenza inferiore alla nostra sul Divin piano, non conoscevano la grandiosità del guiderdone di cui le creature lell’èra evangelica hanno contezza:

“Per fede Abele offerse a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino”; “per fede Enoc fu traspor tato perchè non vedesse la morte”; “per fede Noè, divinamente avvertito costruì l’arca”; Abrahamo offri Isacco in sacrificio; Mosè scelse di soffrire col popolo di Dio; Giuseppe combattè per la giustizia nell’Egitto; Elia sfidò i sacerdoti di Baal; Daniele restava, calmo ed illeso, nella fossa fra i leoni; i tre ebrei rischiavano la vita fra le fiamme della fornace ardente; Geremia soffriva gli orrori della prigione.

Ora, la base della loro fede era fondata sulla conoscenza delle promesse divine come per Abrahamo che “aspettava la città che ha i veri fondamenti e il cui architetto e costruttore è Dio.” (Ebrei 11:10) Gli antichi dignitari erano ad dentro alle conoscenze dei disegni di Dio per quanto meno privilegiati di noi rispetto alla luce di cui siamo andati ed andiamo usufruendo nel corso dell’èra evangelica.

La sola conoscenza non dava loro la fede, ma l’intima persuasione della veracità sulle promesse divine nelle quali essi, ponendo tutta la loro fiducia, trovavano la ragione di armonizzare il loro modo di vivere. Abrahamo, allorchè intese la voce di Dio indicantegli d’andare in un paese sconosciuto obbedi in quanto la fede assoluta in Lui non faceva sorgere il minimo dubbio sull’ordine ricevuto e sulle conseguenze benefiche delle quali avrebbe usufruito.

Gli antichi dignitarii non avevano le cose di questo mondo e non confidavano negli uomini è nei falsi Dèi dei popoli di allora. E Paolo ci dimostra come essi seguivano il cammino con la fede e per la fede, quali pellegrini e stranieri in questo mondo, in attesa del Regno promesso da Dio.

Giacomo ci dice che “la fede senza le opera è mor ta” per dimostrarci che gli antichi dignitari conso li darono la loro fede con le loro opere senza arretrare nè spaventarsi di fronte ai numerosi ostacoli disse minati dal nemico per contrastar loro il proseguimen to nello stretto cammino conducente alla gloriosa méta.

IMPORTANZA DELLA CONOCENZA

Noi dobbiamo approfondire la nostra conoscenza in Dio e nel suo piano, al pari degli antichi dignitari onde, corroborando la nostra fede, renderla viva e vittoriosa. Paolo, nell’epistola ai Romani 10:14, chiede: “Come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno udito parlare?”

Il Signore desidera che la nostra fede tragga origine da conoscenze dirette o provate e c’invita a discutere con lui. Egli dice: “venite e discutiamo assieme.” (Isaia 1:18) Gli uomini, permeati di presunzioni e boria pretendono l’accettazione delle loro idee, negando ogni discussione od investigazione, mentre Dio, creatore dello Universo, c’invita a discutere e ragionare con Lui! Paolo ci dice nell’epistola ai Romani, (cap. 10:17); “La fede viene dall’udire, e l’udire si ha per mezzo della parola di Cristo.” Noi discutiamo con Dio per mezzo della sua Parola nello studiare e discutere sulle Scritture: il che, che equivale a compenetrarci con la ragione dell’armonia meravigliosa del suo divin Piano.

La fede, per essere vittoriosa esige una credenza assoluta in Dio e nelle sue promesse. Giacomo 2:19, ci dice; “tu credi che v’è un solo Dio, e fai bene; anche i demoni lo credono e tremano.” Ciò ci conferma che la nostra credenza e fede deve divenire un’intima convinzione personale, sempre viva in un’attività consona alla volontà del Nostro Padre Celeste.

FEDE IN DIO E IN CRISTO

Noi dobbiamo aver fede in Dio. Oltre ad aver fede nelle sue promesse, affinchè apprezzando sempre l’intimità che, apprezzando sempre più il sempremo dono d’amore del Padre Celeste, saremo indotti a rivolgerci a Lui nelle nostre pene, ad aprirgli il nostro cuore, intimamente convinti ch’Egli ci soccorrerà col (balsamo di Galaad) al tempo voluto.

Per la fede, noi dobbiamo individuare in Gesù il nostro amorevole e tenero Pastore che provvede ad ogni nostro bisogno. Ecco come Isaia sviluppa tal concetto: “Come un pastore, egli pascerà il suo gregge; raccoglierà gli agnelli in braccio, se li porrà in seno, e con durra pian piano le pecore che allattano.” (40:11) Si dice che, ai tempi antichi, i pastori, a volte, ferivano una zampa di un agnello che s’era sperduto, non allo scopo di punirlo, ma per convincerlo ad affidarsi alle loro cure e dipendenza. Si occupavano, dopo, della bestiola e, portandola in braccio fino qa quando era guarita l’addomesticavano al punto ch’essa comprendeva tutto il beneficio che traeva dal non distaccarsi dal suo pastore. Nella stessa maniera il Signore prende cura di noi e si astiene dall’adottare metodi coercitivi allorchè riscontra in noi una fede che, osservante, ogni suo dettame, ci pone sulla via della giustizia che Egli ci ha indicata.

FORTIFICATI NELL’ESERCIZIO

La nostra fede si fortifica quando mettiamo in prova le promesse divine. Tal principio è illustrato meravigliosamente nell’esperienza d’Israele allor chè attraversa il Giordano per entrare nella terra promessa. I sacerdoti, che marciavano in testa agl’Israeliti, dovevano lambire l’acqua del fiume con i loro piedi, tenendo fede nella promessa che le acque si fossero separate preparando loro il cammino che il avrebbe condotti all’altra sponda.

I sacerdoti, con questa fede si inoltrarono nel fiume ed il Signore diede compimento alla promessa di separare le acque: così essi misero alla prova la promessa di Dio e, costatatone il compimento, furono fortificati nella fede loro.

Ogni figliuol di Dio dovrebbe gioire delle evidenze testimonianti la potenza divina estrinsecantesi nel compire tutte le sue promesse onde glorificarlo ed amarlo.

La nostra totale consacrazione al Signore costituisce la più importante osservanza nella fede che invade i nostri cuori man mano che la conoscenza della verità aumenta e ci indica che apparteniamo solo al Signore, in seguito, riceviamo la testimonianza della presenza del Signore e dei frutti da raccogliere per l’intervento dello Spirito Santo. Ogni passo avanti nella fede è ricompensato da nuove testimonianze della presenza del Signore, che ci conduce e governa con la sua sapienza, il suo amore, i suoi favori.

L’OPERA DELLA FEDE

Nell’Epistola ai Tessalonicesi 1:3, l’Apostolo Paolo parla dell’ (opera della fede.)

La fede dirige ogni nostra attività nel servizio del Signore, per mettendoci di comprendere ed apprezzare le (cose profonde di Dio), d’insegnarle ad altri, ai quali Dio ha dato degli orecchi attenti. Per la fede nella verità della parola, noi siamo capaci d’offrire dei sacrifice gradevoli a Dio, di combattere per la buona causa della fede, di morire per propugnarla, abbondando in grazie spirituali, soffrendo in nome della giustizia, incuranti delle freccie avvelenate dell’avversario. Ora, senza la fede, mai potremo compiere in modo conveniente qualsiasi azione che sia grata al Signore.

La fede ci rende capaci di adempiere la volontà di Dio senza mai dubitare della sua saggezza e senza considerare ciò che può costarci lo estrinsercarla. La fede ci detta di fare ciò che è nei desiderii del Signore onde divenire e permanere quali egli desidera che si sia. La fede di Daniele non gli faceva temere la ferocia dei leoni ed a noi permetterà di testimoniare per la verità in un mondo indifferente ed ostile. In definitiva, essa ci porterà al compimento di opere per le quali riporteremo un’assoluta vittoria sul mondo.

LE PROVE DELLA FEDE

Pietro scrisse: “Voi gioite anche se al presente per un pò di tempo dovete essere afflitti da varie prove. Affinchè la prova della vostra fede che e molto più preziosa dell’oro che perisce, anche se vien provata col fuoco, risulti a lode onore e gloria.”—I Pietro 1:6-7

L’illustrazione di Pietro ci fa comprendere che la struttura del carattere del cristiano, stagliata nella fede e per la fede contiene certi elementi impuri. Ed il Signore li elimina attraverso le prove, che sono rappresentate nell’immagine del fuoco azionato dal fonditore, e nelle Scritture troviamo descritto il Signore che quale fonditore affina e purifica i figliuoli di Levi come si fa dell’oro e dell’ argento.—Malachia 3:3

Ora, il Signore non adopera il fuoco, in senso letterale, per purificarci e fortificarci nella fede, ma delle prove, drastiche, che, nel corso della nostra vita, spesso consistono in vessazioni, perdite, contrattempi, ritardi, restrizioni, abbandoni, pene, pericoli e persecuzioni. Alcuni figliuoli di Dio non sperimentano tutte queste avversità, e per la maggior parte, non sono bersagliati dalle predette fino al limite della sopportazione, ma, queste, nel ferirli, concorrono al loro bene, in quanto rafforzano la loro fede nelle promesse del signore, spingendoli a perseverare nel servirlo e sottomettersi alla sua volontà.

Spesso gli allettamenti del mondo possono mettere a prova la nostra fede, in quanto la carne può distoglierci dal cammino tracciatoci dal Signore ed indebolire la fede in Lui e nelle sue promesse, ma noi, tenendo sempre presente, che, per servirlo, dobbiamo discostarci dagli agi e dalle comodità, superiamo una prova alla quale Egli ci pone.

Gesù illustra questo concetto così: “quanto malagevolmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!” (Marco 10:23) Ora, noi sappiamo bene che, oggi, poichè figliuoli di Dio posseggono ricchezze terrene, ma, avendo ricchezza di doti fisiche e spirituali, debbono offrirle al servizio del Signore.

Se la nostra fede è salda, in ogni esperienza e situazione della vita, dobbiamo comportarci quali pro pugnatori intransigenti dei dettami divini per inculcarne l’assoluta obbedienza. In tal modo realizzeremo l’osservanzza ai voleri divini e la nostra gioia per le prove superate che il Signore ci ha concesso per privilegio ed un fratello ha denominate (fatte su misura), perchè si adattassero ai nostri bisogni personali.

Se crediamo, con intento fermo, che nessuna arma diretta contro di noi può abbatterci e che alcuna gioia della carne può adescarci ed allontanarci da Dio, se confidiamo in Lui e crediamo alle sue promesse di grazia, allora possiamo affermare di possedere una fede che ci porta alla vittoria.

PROVE DI PERSEVERANZA

Gesù dice: “vegliate e pregate affinchè non cadiate in tentazione.” (Marco 14:38) Benchè queste parole furono indirizzate si suoi primi discepoli durante le ore di prove a Getsmani, esse costituiscono anche per noi un’esortazione a vegliare.

I nemici della (nuova creatura) devono individuarsi nelle nostre colpe ed in quelle di altri e sono costituiti dalle privazioni, sofferenze, povertà opposizioni dei fratelli, lavoro estenuante: sempre pronte ad invischiarci d’orgoglio, d’ambizione, dal desiderio degli, onori, degli agi e dei piaceri mondani.

La fede ci concede la vittoria tenendoci in guardia onde percepire al giusto direttive e avvertimenti sui principii di giustizia che devono costituire la mira delle nostre azioni.

Come ci esortava Gesù, noi dobbiamo pregare poichè la preghiera ci pone in comunicazione col Padre Celeste, il quale ci ha promeso che nulla sarà rifiutato a coloro che seguino la strada retta. Egli concederà lo Spirito Santo a coloro che glielo chieggono ed esso ci rischiarerà e fortificherà, assicurandoci, con prove, che coloro i quali si scalmanano nel contrastare la nostra dedizione alla Verità sono ben povera cosa. Così, sorpassando ogni prova, ogni perplessità perveniamo a quella pace dell’anima che ci avvicina sempre più a Dio.

Con l’aumentar della fede noi esclamiamo: “io posso ogni cosa in colui che mi fortifica.” (Filippesi 4:13) Fidenti nelle sue promesse diveniamo forti e, “ringraziamo Iddio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro, Gesù Cristo.” Consolidiamo la nostra determinazione di far sempre la sua volontà, poichè, per esperienza, sappiamo che la nostra obbedienza ci concede grazia, saggezza ed il giusto indirizzo per raggiungere la meta.

Le vittoria che riportiamo con la fede costituiscono il risultato dello sviluppo del carattere cristiano, perciò Pietro ci esorta ad aggiungere alla nostra fede: la virtù, la conoscenza, la temperanza, le pazienza, la pieta, l’amor fraterno e la carità che la perfezionano e ci permettono “l’entrata nel regno eterno del Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.”—I Pietro 1:4-11

Senza la fede completa, in tutte le sue attribuzioni, il carattere del cristiano non si addolcisce, ma resta scontento ed irritato, perciò noi dobbiamo considerare le nostre gioie e le nostre pene quali provvidenze divine e non del caso. Così, qualsiasi esperienza contraria non ci porterà nel cuore inasprimento per il prossimo, ma l’opportunità di ringraziare il Signore di quella afflizione che costituirà un aumento della (gloria) promessaci: in quanto dobbiamo tener sempre presente nella nostra mente che ogni (prova bruciante), da qualsiasi parte ci perviene non è una (pietra d’inciampo), ma un altro scalino che ci conduce all’apice della grazia e della Verità.

Allorchè Gesù era a Getsmani, egli sapeva che i suoi nemici lo avrebbero preso e crocifisso e, pur pensando che sarebbero stati essi a versargli quell’amaro calice, diceva a Pietro: “Non berrò io il calice che il Padre mi ha dato?”

Il nostro divino Maestro c’insegna quaindi, ad imitarlo nelle sofferenze che contrastano il nostro cammino e considerare che, senza la fede, anche lo studio della Bibbia sarebbe infruttuoso giacchè stenteremmo a seguire il filo della sapienza che collega tutti i passi delle Scritture: sapienza che ci è necessaria per corroborare il nostro spirito nella verità.

Giacomo ci dice: “Se alcun di voi manca di sapienza, la chiegga a Dio che dona a tutti liberamente senza rinfacciare, e gli sarà donata.”

La fede costituisce la base granitica per cementare la comunione spirituale dei fratelli e fa operare ogni nostra attività nella vigna del Signore. “Il giusto vivrà per la sua fede”, scriveva Habacuc. In effetti, come abbiamo già detto, quali (nuove creature) dobbiamo nutrire una fede permanente e completa in Dio e nelle sue promesse; nel sangue sparso per noi da Cristo; nell’opera dello Spirito Santo; negli Spiriti al servizio di Dio “ministratori, mandati a servire a prò di quelli che hanno da ereditare la salvezza” (Ebrei 1:14), e, così, progrendendo nell’assoluta obbedienza, la nostra preghiera di aumentare la nostra fede, sarà esaudita poichè Geova, nostro Padre Celeste ci dimostrerà che ogni sua promessa avrà il compimento atteso.




L’inferno Della Bibbia
La verità santifica, l’errore perverte

“Tu fai ritornare l’uomo in polvere e dici: ritornate, o Figli degli uomini.”
—Salmo 90:3

LA FALSA RAPPRESENTAZIONE di un Iddio sadico nella sua vendetta è causa di errori e di difficoltà religiose per molta gente. Da varie parti si mostra l’Eterno sotto un aspetto veramente diabolico, come avente progettato e predestinato, prima della creazione dell’uomo, delle torture eterne, un inferno di fuoco per tutti gli esseri umani eccetto (il piccolo gregge) degli (eletti). Questa orrenda dottrina dei tormenti eterni terrifica i deboli, spaventa la gente semplice, disgusta l’uomo intellettuale, rende tristi e malvagi coloro che la predicano, allontana da Dio coloro che gli si vorrebbero accostare e vorrebbero rispondere all’appello del Vangelo.

Noi non vogliamo esaminare, qui, tutti i passi delle Scritture che trattano del castigo riservato ai peccatori, ma ci proponiamo di mostrare nella vera luce quei testi biblici, male interpetrati che impediscono al credente di amare ed adorare Iddio e fare dei progressi della via della santificazione.

(Continua Nel Prossimo Numero)



Associazione Studenti Biblici Aurora