AURORA
Marzo-Aprile 2006

Contenuto Di Questo Numero

  1. Osservando E Meditando La Nostra Pasqua
  2. Perche Cercate Il Vivente Fra I Morti? Egli E Risuscitato
  3. Chi Prendera Parte Alla Santa Cena
  4. Il Premio Celeste
  5. Un Nuovo Governo Nella Palestina
  6. Una Eredita Incorruttibile

Osservando E Meditando

LA NOSTRA PASQUA

Ogni anno, la celebrazione della morte del nostro Redentore appare sempre più solenne e più ricca di insegnamenti. Il fatto stesso che la data non è fissa e deve essere calcolata seguendo il criterio adottato dal popolo d’Israele ne aumenta l’importanza e richiama alla nostra mente le diverse particolarità del tipo pasquale e del suo compimento nella morte dell’Agnello di Dio. “La nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolta.”—I Cor. 5:7

La dura schiavitù d’Israele sotto Faraone, l’iddio o capo dell’Egitto, illustra la servitù e la corruzione nella quale (la creazione geme insieme ed è in travaglio), soccombente sotto una tirannia di peccato e di morte. Faraone è il simbolo di Satana (l’Iddio di questo mondo). Nella liberazione di tutto il popolo d’Israele guidato da Mosè noi vediamo la liberazione di tutti quelli che adorano Iddio e rispettano le sue leggi, sotto la direzione di colui che è più grande di Mosè, Cristo, durante il millennio. Nella caduta di Faraone e delle sue armate noi abbiamo il tipo di quella distruzione—nella seconda morte—di Satana e tutti quelli chè seguono le sue orme. Queste benedizioni sono l’illustrazione della Pasqua anti—tipica di cui Cristo è la figura centrale.

Le Scritture ci parlano di nostro Signore come dell’Agnello immolato, (ben preordinato avanti la fondazione del mondo). I versetti in I Pietro 1:20 ed Apoc. 13:8 mostrano che tutti i dettagli della Pasqua erano chiaramente concepiti nel piano di Dio e ciò non solo dopo la caduta di Adamo ma molto tempo prima della sua creazione. Ora, per quanto Iddio manifestò all’uomo nella caduta, solo la sua giustizia e rivelò il suo amore con la prima venuta di Gesù, questo amore per le Sue creature fu nel Suo cuore fia dal principio.

La liberazione delle Pasqua rappresenta le benedizioni millenniali; così la notte di Pasqua rappresenta l’età dell’Evangelo durante la quale tutti coloro che si confidano in Dio attendono da Lui la salvezza. In questa età la (famiglia della fede) si nutre del pane senza lievito della verità, unito alle erbe amare delle prove, delle sofferenze e della disciplina; la Chiesa dei (primogeniti), sotto la protezione del sangue dello Agnello, passa dalla condanna alla giustificazione, dalla morte alla vita.

Per questa ragione noi celebriamo, nella Pasqua, una festa di gioia nel Signore, nutrendoci dell’ Agnello, del pane senza lievito e delle erbe amare. Per questo motivo, inoltre, noi ne osserviamo la commemorazione annuale “perchè la nostra Pasqua, cioè Cristo è stata immolate. Celebriamo dunque la festa.”—I Cor. 5:7

Ecco ciò che il nostro Maestro ordinò a tutti i suoi discepoli di osservare: “Poichè ogni volta (anno dopo anno) che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finchè egli venga …” “fate questo in memoria di me.”—I Corinzi 11:24-26; Luca 22:19-20

Durante i secoli l’Avversario ha velato gli occhi del popolo di Dio su questa semplice cerimonia della Chiesa primitiva, conducendolo verso la messa romana o verso la celebrazione trimestrale, mensile o settimanale della Santa Cena.

E’ doloroso constatare come i credenti abbiano potuto perdersi dietro questi errori quando siamo stati tutti condotti, per grazia, alla conoscenza della verità su (Cristo, la nostra Pasqua, immolate per noi), in onore del quale noi, primogeniti, la celebriamo.

Continuando fedelmente il cammino sulle orme di Cristo, nostro Maestro, noi non saremo più privati delle benedizioni che il Signore ci ha promesso. “Celebriamo dunque la festa.” E come i credenti consacrati costituiscono sicuramente (la Chiesa dei primogenti) così vi sarà la liberazione per tutto il rimanente della famiglia della fede, sotto la guida del Primogenito (Cristo), allo stesso modo di ciò che ebbe luogo per tutti gli Ebrei, guidati da Mosè.—Atti 3:23

LA NOTTE CHE FÙ TRADITO

Quanto è più solenne e toccante celebrare un fatto importante lo stesso giorno dell’anniversario: ricordandone i fatti, le parole e gli insegnamenti e mettendoci accanto al personaggio principale di questo dramma, il più grande a storia d’uomo—che orsono 20 secoli si concluse sul Calvario! Come ciò fortifica la nostra fede nella divina Provvidenza! Noi vediamo e ricordiamo con più forza e vigore che Dio aveva predeterminato il giorno, l’ora stessa e l’anno in cui la trage dia doveve realizzarsi, in modo che pur essendo vivo, nei Giudei, il desiderio di sopraffare Gesù e metterlo a morte, nessuno—prima d’allora—potè mettere la sua mano su di lui perchè (la sua ora non era ancora venuta.) Il momento preciso di questo avvenimento non solo era stato simboleggiato con esattezza rigorosa, attraverso i secoli dalla Pasqua ebraica, ma Gesù stesso, allorchè il momento giunse disse: “Padre, l’ora è venuta.”—Giov. 16:21 E nell’istituire il pane ed il vino in ricordo della sua morte, come Agnello antitipico, attese che l’ora fosse venuta. “E quando l’ora fu venuta, egli si mise a tavola coi dodici apostoli. Ed egli disse loro: lo ho grandemente desierato di mangiar questa Pasqua con voi, innanzi che io soffra.”— Luca 22:14-15

CELEBRIAMO LA FESTA

Con una cura ed una diligenza eguali a quelli che ci sono mostrate dal nostro Maestro e dagli apostoli, celebriamo la festa, rammemoriamo la sua morte come Egli ordinò, non in una ora qualsiasi, ma nell’ora di una cena, non indifferentemente in un giorno qualsiasi, ma solo nel giorno dell’anniversario stesso.

L’osservanza della cena commemorativa è un privilegio ed un’occasione per riunirci tutti nel nome del Maestro. La, cosa principale, dunque, è di avere una data unica per la celebrazione della morte di Gesù, l’Agnello di Dio, riscatto per tutti.

“La nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata.” Celebriamo dunque la ricorrenza. Questo e nient’altro dobbiamo fare in memoria di lui ed a conferma del nostro voto o promessa di modellare la nostra vita sulla sua. Ne deduciamo, perciò, che il momento più appropriato per celebrare la cena commemorativa—come la festa dei pani senza lievito celebrata dai Giudei—è il 14 di Nizan, dopo il tramonto che quest’anno cade il 11 di Aprile. Il nostro Signore istituì la cena, che poi ordinò ai suoi discepoli di osservare, nella (notte che fu tradito). Era allora il 14 di Nizan.

Gesù ed i suoi discepoli, essendo Giudei, si trovavano nell’obbligo di osservare la Pasqua ebraica che consisteva nel mangiar insieme della carne di agnello con delle erbe amare, del pane senza lievito e bere del vino. Noi non siamo più tenuti a conformarci a queste formalità, che sono annullate per sempre perchè adempiute in Cristo. Fu dopo il pasto della Pasqua ebraica che Gesù istituì la nuova, memorabile cena in commemorazione del suo sacrificio.

Non si può con esattezza affermare se il lavaggio dei piedi dei discepoli, da parte di Gesù, ebbe luogo prima o dopo la cena della Pasqua, ma con molte probabilita fu dopo.—Matteo 26:26 Ciò avvenne per dare un esempio di umiltà: lezione necessaria per gli apostoli che sembravano ancora presi da uno spirito di reciproca rivalità quanto ad un primato degli uni sugli altri.

Comunque sia, tale atto d’umiltà non fece parte della cena, nè fu ordinate ai discepoli di Cristo di farne una consuetitudine. Il significato di quella lezione per gli apostoli fu che essi non avrebbero dovuto evitare alcuna occasione, anche la più piccola, per aiutarsi e consolarsi reciprocamente.

“QUESTO È IL MIO CORPO”

Secondo tutte le evidenze fu immediatamente dopo aver celebrata la Pasqua ebraica che nostro Signore prese del pane senza lievito, lo benedisse lo ruppe e lo diede ai suoi discepoli dicendo: “Prendete, mangiate; quest’è il mio corpo.”—Matteo 26:26; Marco 14:22; Luca 22:19

Le Parole: (Quest’è il mio corpo) hanno dato origine a dispute senza fine attraverso i secoli. Il fondamento della controversia, secondo la dottrina cattolica della messa, è nella cosidetta transustanziazione. Si pretende infatti, che alla benedizione del prete il pane si trasformi in carne autentica di Gesù che lo stesso prete adora e rompe (sacrifica, cioè, di nuovo il Figliuol di Dio) per i peccati di coloro per i quali la messa è celebrata.

Per dare a questa pratica una base scritturale, si rivestono di grande importanza le parole di Gesù: (Quest’è il mio corpo), allo scopo di provare che il corpo è nel pane e, perciò, la necessità di rompere e ripetere continuamente il sacrificio.

Ma tutta la questione appare più che semplice nella realtà se ci ricordiamo che Gesù, quando pronunziò quelle parole, non era ancora morto. Egli dunque non poteva ripetere un sacrificio che non era stato ancora compiuto. Egli era ancora carne ed in lui nessun cambiamento era avvenuto. Il pane (puro) senza lievito rappresentava in quella cena memorabile, il nostro Signore, pane celeste, del quale noi avremmo dovuto essere nutriti per ottenere la vita eterna. Tutto ciò implica che questo pane, per servire al consapevole scopo, avrebbe dovuto essere rotto. E così vediamo che per Gesù fu necesssario non solo di discendere dal cielo ma anche di essere spezzato nella morte—in favore dei nostri peccati—prima che noi avessimo potuto riceverne i benefici effetti.

IL SANGUE DEL NUOVO PATTO

Il (frutto della vigna) fu aggiunto al pane come elemento della Santa Cena e Gesù spiegò che esso rappresentava il suo sangue “il sangue del nuovo patto il quale è sparso… in remissione dei peccati.”— Matteo 36:28 Quale immagine magnifica del prezzo di riscatto in favore dei peccati del mondo! Il pane rotto ci spiega una parte di quell’ ammaestramento; il (calice) ne insegna un’altra. Non solo noi abbiamo bisogno di nutrimento, di forza, di soccorso per ritornare a Dio ed alla sua grazia ma abbiamo altresi bisogno del sangue prezioso, della vita di nostro Signore quale prezzo della nostra redenzione e liberazione da una sentenza di condanna.

I discepoli di Cristo devono per fede partecipare al (pane) ed al (calice) e non altrimenti. Ma v’è dell’altro: l’apostolo ci mostra un’altra considerazione sulla cena commemorativa e cioè che quelli che prendono parte ad essa—significando così la propria partecipazione ai meriti del Signore—sono da lui considerati come membra del suo corpo, essendo rotti con lui. Così la nostra vita, consacrata al suo servizio sotto la sua direzione, deve essere tutta una partecipazione al suo sacrificio. Le parole dell’apostolo suonano chiare: “il calice della benedizione, il quale noi benediciamo, non è egli la comunione del sangue di Cristo! Il parne che noi rompiamo, non è egli la comunione del corpo di Cristo? Perciocchè vi è un medesimo pane, noi, benchè molti, siamo un medesimo corpo; poichè partecipiamo tutti un medesimo pane.”—I Corinzi 10:16-17

Come sono profondi gli insegnamenti del Signore! E più noi scrutiamo di queste profondità, più scopriamo nuove bellezze; gli occhi del nostro intendimento si aprono in misura tanto maggiore quanto più sappiamo quelle bellezze apprezzare con tutto il nostro cuore. Celebriamo dunque la festa nei due sensi; nell’appropriarci e nutrirci sia del grande sacrificio compiuto per noi dal nostro Redentore sia dei tesori di grazia che ci sono accordati per i suoi meriti. Consacriamo, dunque, la nostra vita al suo servizio ed a quello dei fratelli “compiendo nella carne ciò che resta a compiere nelle afflizioni di Cristo.”—Colossesi 1:24 “Ciò che resta” non vuol dire che il nostro Signore non potè soffrire per tutti o che le sue sofferenze non furono sufficienti per tutti, ma significa un auspicio per noi di partecipare alla sua natura ed alla sua gloria a cui possiamo giungere partecipando, come membri del suo corpo, alle sue sofferenze ed al suo sacrificio.

ANNUNZIATE LA MORTE DEL SIGNORE

Noi esortiamo i fratelli nel Signore, dovunque essi siano, ad unirsi a noi per la celebrazione della Cena Commemorativa, nel giorno dell’anniversario summenzionato. Riunitevi con tutti coloro che professano la pura fede e che sono consacrati. Eventuali considerazioni pecuniarie non siano il vostro impedimento. Una festa spirituale col Signore e con tutti coloro che ne celebrano la memoria in sincerità val meglio di qualsiasi sacrificio. L’uomo non vive di pan solo ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio.

Ugualmente i fratelli solitari, che non possono unirsi ad altri, devono celebrare la Cena commemorativa. In comunione di spirito e di cuore, nel legame profondo della fede e della consacrazioni; al cospetto di Dio non v’è solitudine. Questi fratelli preparino, dunque, gli elementi della cena ed alla stessa ora in cui tutti si accingono a fare altrettanto prendendo parte al cibo spirituale ma non permettiamo che i preparativi assorbano le nostre menti in modo tale da farci dimenticare il significato dei simboli. Preparamoci, invece, con la preghiera nei giorni precedenti a quelli della Pasqua e continuiamo nella preghiera e nella meditazione nei giorni susseguenti.

Raccomandiamo a tutti di separarsi con calma dopo la riunione e che si prenda esemptio da quallo che il nostro maesto Cristo Gesù presiedette: “E dopo ch’ebbero cantato l’inno se ne uscirono.”—Matteo 26:30 Lasciamo da parte i nostri saluti abituali ed andiamo, invece, con la nostra mente al giardino del Getsemane, alla corte del sommo sacerdote, a Gesù d’innanzia Pilato, ad Erode, a Pilato di nuovo, al signore percosso, schernito, condannato a morte da una folla bestiale ed urlante, al Figliol di Dio sotto il peso della croce sulla via del Golgota, crocifisso per i nostri peccati.

Contribuito—C.T.R.



LA CENA MEMORIALE SI CELEBRERÀ IL GIORNO: MARTEDI APRILE 11 2006 DOPO IL TRAMONTO DEL SOLE




“Perchè Cercate Il Vivente Fra I Morti? Egli È Risuscitato.”
Luca 24:5-6

SE CONSIDERIAMO LA saggezza e la prudenza nei metodi che nostro Signore manifestò sempre in presenza dei suoi discepoli, prima e dopo la resurrezione, comprenderemo agevolmente che la stessa saggezza viene impiegata attualmente nella sua rivelazione ai suoi discepoli ed al mondo.

Questi metodi non sono necessariamente simili, ma in ogni caso rispondono molto bene allo scopo che non è quello di allarmare e di eccitare le persone, ma di convincerli, con una persuazione calma e ragionevole, delle grandi verità che Egli vuol far comprendere.

Il primo avvenimento di nostro Signore non generò negli uomini spavento, allarme-o-accitazione. Considerate com’Egli venne tranquillamente, modestamente, senza imporsi, tanto che solo coloro che avevano fede ed umiltà furono capaci di riconoscere nel fanciullo di umile nascita, nell’uomo di dolori, nell’amico degli umili e dei poveri e, ultimamente sulla croce, colui che per lungo tempo era sta to atteso come il Messia. Vero è che la manifestazione della apparizione di Gesù, dopo la resurrezione, costitui, comformamente alla natura delle cose, un evento straordinario, soprattutto se si considera levento della sua trasformazione. Ma era necessario che la reatà della resurrezione e del cambiamento di natura, fosse prima pienamente dimostrato non a tutti, ma ad uomini scelti i quali, a loro volta avrebbero rese una testimonianza autorevole dell’avvenimento di cui furono spettatori.

Se ciò non fosse stato, la testimonianza pervenuta fino ai giorni nostri non sarebbe degna di fiducia, per le innumerevoli mistificazioni e confusioni apportate dalle idee ed interpretazioni umane. Ecco perchè iddio affidò tale testimonianza a persone scelte e fedeli. Leggendo il racconto della resurrezione e trasformazione di Cristo, si rivela appunto che l’avvenimento fù perfettamente atteso e la prova, a suo tempo concessa, fù chiara è convincente.

LA TOMBA VUOTA

La notizia della scomparsa del corpo di Gesù dalla tomba fù primieramente recata dalle donne: Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salome ed altre ancora.”—Marco 16:10; Luca 24:10 Le quali si erano recati di buon mattino al sepolcro per imbalsamare il corpo con aromi e profumi. E mentre, attonite, si domandavano chi avesse mai rotolata la pietra nell’entrata al sepolcro, si verificò un terremoto ed un angelo del Signore apparve dicendo: “Nontemete, perchè io so che cercate Gesù, il quale è stato crocifisso. Egli non e più qui ma è risuscitato, come egli stesso aveva detto: venite, vedete il luogo dove il Signore giaceva, e andate prestamente e dite ai suoi discepoli ch’Egli e risuscitato dai morti. Ed ecco, egli va innanzi a voi in Galilea: quivi lo vedrete.”—Matteo 28:5-7

Sembra che Maria Maddalena lasciasse le sue compagne e corresse a rapportare l’avvenimento a Pietro e Giovanni.—Giovanni 20:1-2 Le altre donne, invece corsero ad avvertire gli altri apostoli e, mentre erano in cammino, Gesù si presentò a loro e disse “Salute”. Ed esse accostatesi, gli presero i piedi e l’adorarono. Allora Gesù disse: “Non temete: andate, rapportate ai miei fratelli che vadano in Galilea e quivi mi vedranno.”—Matteo 28:9-10

Subito contimore misto a gioia, corsero ad informare gli altri discepoli ma, emozionate com’erano, furono appena in grado di annunziare la loro straordinaria e meravigliosa sorpresa quando Maria incontro Pietro e Giovanni, disse loro contristezza: “Hanno toldo dal monumento il Signore e noi non sappiamo dove l’abbian posto.”—Giovanni 20:2 Le altre donne raccontarono, invece, la visione dell’angelo che annunziò la resurrezione di Gesù (Luca 24:22- 23), e l’incontro che ebbero per via con il Signore stesso.—Matteo 28:8-10

Evidentemente la maggioranza dei discepoli considerò il racconto delle donne come il parto di un’eccitazione superstiziosa, ma anche Pietro e Giovanni, giunti al sepolcro, constatarono la scomparsa del corpo di Gesù e se ne ritornarono costernati. Maria, invece, si fermò ancora in quel luogo piangendo. “E mentre piangeva, si chinò dentro il monumento e vide due angeli, vestiti di bianco, i quali …le dissero: donna perchè piangi? Ed ella rispose: perchè hanno tolto il mio Signore ed io non so ove l’abbian posto.” E detto questo si rivolse indietro e vide, senza riconoscerlo, Gesù che le chiese: “donna perchè piangi? Chi cerchi? Ella, pensando che fosse l’ortolano, gli disse: Signore, se tu l’hai portato via dimmi dove l’hai posto.” Allora, con un tono affettuoso, a lei familiare, il Signore la chiamò: “Maria!” Questa semplice parola fu sufficiente perchè lo angelico annunzio della risurrezione uscisse dalla nebbia del sogno, com’ella credeva, per divenire una splendente realtà e, in preda alla gioia, esclamò: “Maestro!” Suo primo impulse fu di abbracciarlo e rimanere vicino a lui, ma venne respinta dolcemente. Infatti Gesù disse: “Non toccarmi (dal greco Kaptomai che significa abbracciare) perchè io non sono ancora salito al Padre mio, ma va dai miei fratelli e di loro ch’io salgo al Padre mio ed al Padre vostro, all’Iddio mio ed all’Iddio vostro.”— Giovanni 20:17 Maria di Magdala, da quel momento, aveva una missione molto importante da compiere: portare senza posa la testimonianza della risurrezione di Gesù ai discepoli, i quali vivevano ancora nella costernazione e nell’incertezza, al fine di rafforzare la loro fede. Anche le altre donne erano state inviate con la stessa ambasciata.

SULLA VIA D’EMMAUS

Il giorno seguente Gesù si unì a due discepoli i quali, tristi ed addolarati, si dirigevano da Gerusalemme verso Emmaus. Interrogati sulla cagione di tanta tristezza, uno di loro rispose: “Tu solo, dimorando in Gerusalemme, non sai le cose che in essa sono avvenute in questi giorni?” “Quali?” “Il fatto di Gesù Nazareno, il quale era un uomo profeta, potente in opere ed in parole, davanti a Dio e davanti a tutto il popolo e, come i principali sacerdoti ed i nostri magistrati. L’hanno dato ad essere crocifisso. Ora noi speravamo che fosse colui che avesse a riscattare Israele; ma ancora, oltre a tutti ciò, benchè sieno tre giorni che queste cose sono avvenute, certe donne d’infra noi ci hanno fatto stupire, perchè essendo andate la mattina di buon’- ora al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, sono tornate “dicendo di avere veduto una visione di angeli, i quali dicono ch’Egli vive. Ed alcuni dei nostri sono andati al sepolcro ed hanno trovato così come le donne avevan detto, ma non hanno veduto Gesù.”— Luca 24:18-25

Niente di strano se i due discepoli mostrarono il loro turbamento; tutto sembrava così inverosimile, dopo gli avvenimenti singolari ed impressionanti dei giorni scorsi.

Allora, con convincenti parole, lo straniero—ossia Gesù—dimostrò loro il compimento delle profezie riguardanti il Messia, il quale, prima di stabilire il regno, benedire ed innalzare Israele ed il mondo, avrebbe dovuto riscattare, a prezze del proprio sangue, tutti gli uomini dalla maledizione della morte adamica e, dopo la sua risurrezione ed elevazione alla gloria di Geova, compiere tutto quanto era stato predetto dai profeti.

Come furono al villaggio, i due discepoli, essendo sopraggiunta la sera, pregarono lo straniero di dimorare con loro, e quello accettò.

Mentr’erano a tavola per la cena, Gesù prese il pane, lo benedisse, lo ruppe e lo distribui. Allora i loro occhi furono finalmente aperti, ma egli disparve.

Essi dunque riconobbero Gesù non per una identificazione fisica, ma dal suo modo abituale di benedire e rompere il pane.

Il quella stessa ora, sorpresi e felici, tornarono prestamente a Gerusalemme domandandosi l’un l’altro: “Non ardeva il cuor nostro in noi mentre Egli ci parlava per la via e ci apriva le Scritture?” Trovarono raduno con loro i quali si rallegrarono uguamente, dicendo: “Il Signore è veramente risuscitato ed è apparso a Simone.” A costoro i due narrarono gli avvenimenti di Emmaus ed il modo come riconobbero Gesù.

Probabilmente quasi tutti erano riuniti quella sera dimentichi della casa e di ogni altra occupazione; Maria di Magdala, versando lacrime di gioia, diceva: “Io l’ho riconosciuto al momento in cui m’ha chiamata per nome; prima non potetti credere alle assicurazioni degli angeli”; poi le altre donne a loro volta narrarono altresì la loro meravigliosa esperienza della mattina. Anche Simone aveva qualcosa da raccontare e lo stesso i due testimoni provenienti da Emmaus. Quale giornata densa di avvenimenti! Non è dunque strano se i loro cuori ardevano dal desiderio, di ritrovarsi il primo giorno della settimane per discutere di queste cose, collegare insieme tutte le circostanze e porle in rapporto col prodigioso avvenimento della resurrezione del Signore.

“PACE A VOI!

Mentre i discpooli si rallegravano insieme, raccontando si le reciproche e differenti esperienze, il Signore apparve improvvisamente in mezzo a loro (Luca 24:36-49) e disse: “Pace a voi!” per dove era Egli entrato, se tutte le porte della casa erano chiuse, per tema dei Giudei?—Giovanni 20:19-26 Gesù apparve all’improvviso, senza che nessun sintomo rivelasse il suo approssimarsi, ragion per cui i discepoli furono spaventati al punto di credere di avere a che fare con uno spirito. Ma Egli li assicurò e li esortò a calmare i loro timori; poi mostrò le sue mani, il suo costato, dicendo: “Vedete le mie mani ed i miei piedi; perchè io son desso; toccatemi e vedete poichè uno spirito non ha carne, nè ossa come ne ho io.”—Luca 24:36-39 E poichè essi non credevano ancora, tanto grande era il loro stupore, e la loro gioia, il Signore proseguì: “Avete voi qui alcuna cosa da mangiare?” Gli porsero, infatti, del pesce arrostito che Egli mongiò in presenza di tutti. Gesù mongiò in presenza di tutti. Gesù, quindi, aprì gli occhi della loro mente ed il loro spirito, spiegando le Scritture e mostrando mediante l’esame della legge e dei profeti, che tutte le cose, avevano trovato adempimento, così, com’erano state predette. Tommaso, uno dei dodici, era assente (Giovanni 20:25) e quando gli altri discepoli lo informarono di aver veduto il Signore, egli rimase in dubbio e disse: “Se io non vedo nelle sue mani il segnale dei chiodi e se non metto ivi il mio dito e la mia mano nel suo costato, io non lo crederò.”

Otto giorni trascorsero senza che si manifestasse nulla di nuovo. Essendosi i discepoli nuovamente riuniti, Gesù si ripresentò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”—Giovanni 20:26 Questa volta, Tommaso era presente ed il Maestro si rivolse proprio a lui e gli disse: “Porgi quà il dito e vedi le mie mani; porgì anche la mano e mettila nel mio costato e non sii incredulo, anzi credente.” Gesù aveva ascoltato le parole pronunciate da Toma e mostrò a quist’ultimo la prova della sua risurrezione affinchè potesse credere. L’apostolo, infatti, credette perchè esclamò con gioia: “mio Signore, mio Dio.”

Trascorsero alquanti giorni, prima che una nuova manifestazione della presenza del Signore avesse luogo ed i discepoli, che erano Galilei, cominciarono a pensare alle loro case ed al loro avvenire, ricordando comunque l’avvertimento del Signore, loro indirizzato per mezzo delle donne, cioè che Egli li avrebbe preceduti in quella regione. Probabilmente, quando il Signore si manifestò ai discepoli su di un monte, secondo quanto riferisce Matteo, essi erano già in cammino dalla Giudea verso la Galilea. Erano perplessi ed in quell’occasione non manifestarono verso il Maestro quella familiarità di altri tempi. Egli sembrava molto trasformato agli occhi loro, dopo la crocifissione appariva e spariva simultaneamente e non aveva più alcuna somiglianza col “Cristo Gesù uomo.” Perciò Matteo scrisse: “E vedutolo l’adorarono; ma alcuni dubitarono.—Matteo 28:17 Dopo alcune parole scambiate con i discepoli Gesù disparve e li lasciò attoniti ed inconsapevoli di ciò che avrebbe dovuto accadere.

“GETTATE LE RETI”

Durante il primo periodo della loro permanenza in Galilea, non ebbe luogo nessun avvenimento particolare, nessuna nuova indicazione sulla presenza del Signore. Senza dubbio essi si riunivano insieme per discutere la situazione e si stupivano per le non più frequenti apparizioni. Inoltre i giorni e le settimane trascorrevano lentamente, ed avendo essi tralasciato da molto tempo qualsiasi lavoro materiale, per seguire Gesù di luogo in luogo, per essere da lui istruiti e predicare ad altri lo approssimarsi del regno dei cieli, molto a malincuore sentivano di riprendere le loro antiche occupazioni. D’altra parte che cosa avrebbero dovuto o potuto fare? Come avrebbero potuto continuare a diffondere lo stesso messaggio del regno, se il loro Re e Maestro era stato crocifisso e nessun altro conosceva la sua resurrezione?

Questo stato di incertezza e di ansia determinò in uno degli undici apostoli, Pietro, la risoluzione di riprendere l’antica attività di pescatore; altri sei gli dissero: “anche noi veniamo teco.”—Giovanni 21:3 E’ probabile che anche gli altri discepoli tornarono alle loro abituali occupazioni. Chi poteva dubitare che il Signore, quantunque invisibile, non li avesse assistiti in ogni attività, governando e dirigendo il corso delle circostanze, per il loro bene superiore? Tuttavia, un buon successo ne l’attività della pesca, avrebbe compromesso o danneggiata la loro partecipazione ad una forma di attività superiore, mentre un insuccesso avrebbe assunto l’aspetto di una costrizioneimposta dal volere divino. Cosi, il Signore impartì loro una lezione, ossia che a Lui solo apparteneva il diritto di guidarli in una qualsiasi direzione, secondo il beneplacito della sua volontà.

Glì apostoli, dunque, ripresero il loro vecchio lavoro ed uscirono per effettuare la prima pesca. Lavorarono tutta la notte, senza prendere nulla, ed un certo scoraggiamento si impossessò di loro. Al mattino uno straniero si avvicinò sulla riva e chise l’esito del lavoro. La risposta fu negativa. “Provate a gettare le reti dalla parte opposta della barca”, propose lo sconosciuto. “E’ inutile, amico nostro, replicarono; abbiamo provato l’intera notte da entrambi i lati senza nessun esito. Tuttavia tenteremo ancora una volta.” Infatti cosi fecero e la pesca fu abbondantissima. “E’ curioso tutto ciò”, pensò qualcuno; tutto è impressionabile. Giovanni, fu illuminato istanteneamente e disse ai fratelli: “Egli è il Signore; lui solo avrebbe potuto far ciò, non ricordate come provvide a sfamare la folla? Può darsi che ora egli abbia scelto un altro mezzo per manifestarsi a noi. Non ricordate che fece la stessa cosa quando lo vedemmo la prima volta e ci chiamò a sè? Anche in quella occasione lavorammo tutta la notte invano, finchè si presentò e ci disse: “calate le vostre reti.”—Luca 5:4-11 Si, certo, egli è il Signore, benchè dopo la sua risurrezione non lo abbiamo potuto più riconoscere direttamente, quale, egli è.

Egli ci è apparso in altre occasioni e lo abbiamo riconosciuto solo in circostanze particolari simili a questa, la quale ci ricorda pure un particolare della nostra vita trascorsa con Lui.”

A riva trovarono Gesù provvisto di pane e di pesce. Capirono in tal modo che, solo sotto la sua direzione, le sue cure, il suo servizio non avrebbero sofferto alcuna privazione.—Luca 12:29-30 Non gli domandarono nulla in questa occasione, così come nelle altre, ma i loro occhi furono aperti e lo riconobbero, non dall’- aspetto fisico, ma per il miracolo compiuto.

In quell’ora deliziosa che seguì, i discepoli furono di nuovo ai piedi del Maestro.

Il Signore tranquillizzò Pietro, rassicurandolo di amarlo ancora e sempre, perchè, se era stato da lui rinnegato, aveva anche visto il suo pianto ed il suo pentimento. L’apostolo percepì di nuovo l’amore del suo Maestro ed il privilegio ricevuto di pascere i sui agnelli, le sue pecore. Ci sembra di ascoltare la voce di Gesù, dire all’apostolo: “Tu non hai bisogno di riprendere la tua attività di pescatore, io ti ho chiamato per fare di te un pescatore di uomini, e siccome so che il tuo cuore è ripieno di lealtà e di zelo, io ti riconfermo nella missione.”

Poi Gesù “ordinò loro che si dipartissero di Gerusalemme, ma aspettassero la promessa del Padre, la quale voi avete udita da me, poichè Giovanni battezzò con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo fra qui e non molti giorni.”—Fatti 1:4-5 Così, essi andarono a Gerusalemme, come fu loro detto, ed ivi incontrarono Gesù, 40 giorni dopo la sua risurrezione, conversando con lui per l’ultima volta. In questa circostanza gli posero la domanda riguardante il tempo dello stabilimento del Regno promesso, e gli chiesero: “Signore, sarà, in questo tempo che tu restituirai il regno d’Israele?”

TESTIMONI DI GESÙ

Nostro Signore non diede alcuna risposta alla domanda posta dagli apostoli, ma rispose semplicemente: “Non sta a voi conoscere (attualmente) i tempi e le stagioni che il Padre ha riservato alla propria autorità; ma voi riceverete la potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi e mi sarete testimoni e in Gerusalemme ed in tutta la Giudea e Samaria e fino alle estremità, della terra.”—Fatti 1:7-8 Poi, insieme con i suoi discepoli, giunse al monte degli Ulivi, alzò le mani, li benedisse. Indi fu elevato ed una nuvola lo tolse dai loro sguardi.—Luca 24:48-52; Atti 1:6-15

Così, in tal maniera la fede degli apostoli e della Chiesa primitiva fu stabilita sulla realtà della risurrezione del Signore. Eliminato ogni dubbio, con la gioia nel cuore, essi tornarono in Gerusalemme, perseverando di pari consentimento nella preghiera e nello studio delle Scritture, in attesa di ricevere la promessa adozione del Padre, la luce spirituale, i doni speciali e la potenza per operare miracoli, per convincere i veri Israeliti a stabilire la Chiesa dell’- Età del Vangelo, al giorno della Pentecoste.—Atti 1:15; 2:1

Vero è che nostro Signore al suo secondo avvenimento non manifesta la sua presenza così, come fece durante i 40 giorni successivi alla sua risurrezione ma noi abbiamo la promessa “che i fratelli non sono nelle tenebre.”—I Thessalonicesi 5:4 Intoltre, noi abbiamo un ausilio che gli apostoli non ebbero durante i 40 giorni, ossia: “la potenza dall’alto” che ci guida nella comprensione di ogni singola verità, matura ad essere compresa, e che, secondo la promessa, ci mostra “le cose avvenire.” E’ perciò che noi percepiamo “al proprio tempo” la verità completa intorno alla maniera, il tempo e le differenti circostanze che accompagnano la sua apparizione; cose queste che se noi attendiamo, e le scrutiniamo con cura particolare non sono meno convincenti delle prove della risurrezione di Gesù, fornite alla Chiesa primitiva.




Chi Prenderà Parte Alla Santa Cena

COME NEI MOLTI anni prima, anche quest’anno, piccolo gruppi di fedeli Cristiani si raduneranno, al propio tempo, onde partecipare alla Santa Cena. In alcuni casi vi saranno degli individui, da soli, in altri delle famigliuoli, ed altri—ancora—dei gruppi. Ma non e necessario l’appartenenza a dei gruppi per rendersi partecipi alla Santa Cena. Infatti, gli Studenti Biblici, e chiunque ha accettato Cristo Gesù qual propio Redentore, e consacrando la vita propia nell’adempiere le volontà di Dio, può partecipare a tale funzione e gioire delle benedizioni scaturiente dal solenne servizio. Perciò, con gioia, v’invitiamo ad associarvi ad uno dei nostri gruppi, per partecipare alla Cena Memoranda.




Il Premio Celeste
Matteo 19:16-22

LA RICOMPENSA E il premio di Dio si fonda su la Sapienza, l’Amore, la Giustizia e la generosità. La parabola dell “denaro” ne è la dimostrazione Scritturale e, quindi, l’argomento di questa lezione ci rende chiaro il concetto, perchè pone in gran rilievo quanto precedentamente Gesù esprime circa i premii ottenuti da coloro che dedicano interamente la loro vita al servizio dell’opera divina. Nel precitato capitolo, troviamo il resoconto sul giovane ricco, che interpellò il Maestro per sapere, in quale maniera doveva comportarsi, per ottenere la vita eterna. Dopo la dichiarazione, in proposito, Gesù gli precisò: “Se tu vuoi essere perfetto, va vendi ciò che hai dallo ai poveri e tu avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi.”—Mat. 19:21

I discepoli di Gesù intesero la conversazione e non compresero il significato della frase (cioè). “Tesoro nei cieli”, perchè Gesù non aveva mai parlato loro su tale tema, e loro s’erano fatta l’idea di potere un giorno regnare con Cristo su la terra. Perciò Pietro intervenne per tutti-chiedendo a Gesù: …noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito che ne avremo, dunque? Gesù, allora rivolgendosi a tutti disse loro: “Io vi dico in verità, che nella Nuova Creazione (in lingua Greco palingenesi) quando il figliolo dell’uomo sederà sul trono della sua gloria, anche voi sederete su dodici troni, giudicando le dodici tribù d’Israele.—Matteo 19:28 Questo, dunque, e il premio futuro che Gesù promise per l’avvenire. E per il presente, e indispensabile di rimanere Fermi e fedeli nella vocazione alla quale siamo stati chiamati. Inoltre, in merito alla risposta di Gesù ai discepoli, reperiamo una categorical dichiarazione della misericordiosa provvisione divina riservata da Dio ai suoi servitori dell’era Evangelica. Continuando a parlare ai discepoli, Gesù illustrò la Parabola, circa il compenso—o—paga—d’un’danaro’ per il lavoro giornaliero d’alcuni vignaiuoli ed al 20° v. del 19° capitolo di Matteo, conclude che “molti primi saranno ultimi e molti ultimi saranno primi.”

Il capitolo 20° di Matteo, iniziando il suo dire con la congiunzione ‘poiché’ indica il legamento con quanto è stato espresso precedentemente, nel dichiarare: “… poiché il Regno dei cieli è come un padron di casa, che, in sul far del giorno esca a prendere a giornata dei lavoratori, per la sua vigna … —Matteo 20:1 Logicamente, furono i discepoli di Gesù ad essere ingaggiati per i primi e la promessa del premio [che avrebbero ricevuta] fu loro confermata alla Pentecoste.

Per interpretare qualsiasi Parabola occorre essenzialmente rammentare e tener presente i punti basilari del Piano divino, in quanto le parabole del Piano divino non impartiscono delle lezioni concernenti la Verità, ma pongono in rilievo [mediante raffronti, paragoni ed esempii] degli eventi Scritturali per renderli comprensibili. Il Piano divino contempla la stretta unione alla quale perverranno i seguaci di Cristo, divenendo membri del Suo Corpo [o Chiesa, della quale Egli e il Capo] e, poi, uniti a Lui, nella stessa gloria, giudicheranno e benediranno tutte le famiglie della terra. Contempla, anche, che godranno la vita eterna, cioè l’immortalità, pari a quella di Gesù.

Paolo ci spiega, in varie citazioni, che tutti possiamo rispondere l’Alta Chiamata per quanto “molti saranno i chiamati, ma pochi gli eletti,” come disse Gesù.—Matteo 22:14 Non esiste, però, una differente provvisione, per I fedeli, alla fine di questa èra, come fu per i discepoli, al principio. Questo è uno dei punti, messi in risalto, nella parabola concernente la paga, corrisposta ai vignaiuoli, cioè che per tutti I vincitori è riserbato il tesoro nei cieli.”

Infatti, nella parabola, i primi che furono ingaggiati al lavoro nella vigna, vi restarono tutta la giornata, e percepirono la stessa paga di queli che, furono ingaggiati man mano durante il giorno. Sulla differenza del trattamento, sono date varie spiegazioni, ma non è da considerarle importanti, giacché noi sappiamo che coloro i quali otterranno il premio celeste non mormoreranno più, e se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre cioè Gesù, il Giusto.—I Giov. 1:7 e 2:1 Noi abbiamo, anche, il privilegio “d’accostarci, con piena fiducia, al trono della grazia, affinché troviamo misericordia e troviamo grazia, per essere soccorsi al momento opportuno.”—Ebrei 4:16

Gesù, a mezzo del Rivelatore, ha promesso che “a chi vince io darò di seder meco sul mio trono.”Apoc. 3:21 I troni, su la terra, non posson essere in nulla paragonati all’eredità celeste, che si condividerà con Gesù, nostro amato Signore, al di là del Velo.

ACCELERIAMO LA’NOSTRA CORSA

La speranza di avvincinarsi a Cristo assillò la mente del zelante Paolo. Egli prospettandosi l’ottenimento della Prima Risurrezione, anelò ardentemente d’avvicinarsi a Lui. Per ottenere la coeredità del Regno che Egli avrebbe instaurato, e niun sacrificio lo trattenne.

Ecco alcune espressioni di fervore e di zelo nella fede in Dio ed in Cristo, che rileviamo dalla sua Epistola ai Filippesi, 3:7, ed oltre; indi, al 9°, 13° e 14°.

COSI PROSEGUO IL CORSO

“Le cose che m’erano guadagni—dice l’Apostolo— le ho reputate danno, a cagion di Cristo. Anzi, a dir il vero, io reputo, anche, ogni cosa essere in danno, di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale rinunziai a tutte queste cose e le reputo tanta spazzatura … Indi, aggiunge (vs. 13 e 14): “Fratelli, io non reputo di aver ancora attenuto il premio, ma una cosa fo: dimenticandomi delle cose che stanno dietro, e protendendomi verso quelle che stanno dinanzi, pros eguo il corso verso la méta, per ottenere il premio della superna vocazione di Dio, in Cristo Gesù.”

Al pari dell’Apostolo, dobbiamo anche noi tener in alto conto la “chiamata,” che ci procurerà l’incorruttibile eredità.” Ma non dobbiamo procurarcela come se fossimo trascinati, ma con ardore e spontanietà, come Paolo, dedicandoci diligentemente a crescere, nella somiglianza a Cristo, emulandolo nella estrinsecazione del servizio a pro’ della Causa del Padre celeste; e rimanerì fermi nella vocazione alla quale siamo stati chiamati.

MEDIANTE LE SOFFERENZE

La nostra eredità è al sicuro, “preservata nei cieli, per noi,” ma è bene rammentarci, in proposito d’essa, quest’avvertimento di Gesù, riportato in Marco 10:38: “Voi non sapete quel che chiedete. Potete voi bere il calice che io sto per bere, o essere battezzati del battesimo del qual io sono battezzato? E l’apostolo Paolo (Rom. 6:3-5), ci ricorda: “Ignorate voi che quanti siamo stati battezzati, in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella Sua morte? Noi siamo stati con Lui seppelliti, nel battesimo della morte, affinché, com’Egli risuscitò dai morti, mediante la gloria del Padre, così, anche noi, dobbiamo camminare in una vita nuova.”

Questo battesimo, nella Sua morte, ci obbliga a sottoporci al Suo Volere, consacrando tutto di noi stessi, nel seguirlo, imitarlo ed adempiere la Sua Volontà, sino allamorte, Con l’annullamento del nostro volere, per attenerci esclusivamente al Suo, veniamo generati dallo Spirito Santo e dalla Parola di Verità ad una Nuova natura. E, quali Nuove Creature, in Cristo Gesù, dobbiamo camminare in novità di vita. E, come Lui rese testimonianza della Verità, dimostrando la sua intera dedizione a quanto richiedeva la sua propugnazione del Piano del Padre celeste, così dobbiamo comportaci anche noi. Com’Egli si comportò come Nuova Creatura superando ogni specie di sofferenze, lungo il corso della sua vita terrene, anche tutti noi quali membri del Suo Corpo, dobbiamo comportare, per completare il corso della formazione della Sua Chiesa.

DEGNITÀ

Il nostro addestramento, nel calcar le Orme del Maestro, persegue il fine di giungere a divenir come Lui-cioè alla Sua immagine—ed essere trovati degni. A volte, possiamo rilevare che la nostra crescenza, nella Sua somiglianza, è lenta e dolorosa, specialmente, quando la nostra carne si rubella alla disciplina, richiesta dal Padre celeste, in quanto risulta che la carne lotta contro lo Spirito e lo Spirito contra la carne. “Ma, se camminiamo nella luce come Egli è nella Luce, abbiamo comunione l’uno con l’altro ed il sangue di Gesù, Suo Figliuolo, ci purifica d’ogni peccato … e, quanto tutti gli eventi divini saranno esplicati nelle vie della giustizia perfetta.

Seguendo l’esposizione della Parabola, concernente il Convito, rileviamo che l’invitante, all’ora della cena, inviò il servo a dire ai convitati che s’accomodassero perché era stato approntato tutto per assidersi a tavola. Ma gran parte dei convitati presentarono diversi motivi per cui si scusarono di non poter partecipare al Convito. Allora, quando il servo comunicò al padrone che quasi tutti gl’invitati non avrebbero partecipato al Convito, egli ordinò “d’andare per le piazza e per le vie della città e condurre in casa sua dei poveri, degli storpii, ciechi e zoppi … costringili ad accettare, affinché la sua casa fosse piena… . —Luca 14:15-23

Il precitato invito, alle masse dei poveri, dei diseredati e menomati, sta ad indicare che l’invito, non accettato, da gran parte degl’invitati Giudei, godenti il favore divino, venne esteso ai Gentili, i quali, sino ad allora, ne erano stati privati.

Questa estensione della ‘chiamata’ continuò e continua ad effetturarsi e terminerà al momento in cui sarà completato il numero di coloro che costituiscono e costituiranno i prescelti del Signore [la Chiesa], la Sposa, “già pronta per le nozze con l’Agnello, che sarà vestita di lino finissimo [il lino fino] son le opere di giustizia dei Santi.”—Apoc. 19:8

Al completamento di questa parte del divin Piano, l’unione di Cristo con la Sua Chiesa [la celeste Sposa], avrà l’inizio l’erogazione delle benedizioni promesse da Dio a tutte le famiglie delle terra.




Un Nuovo Governo Nella Palestina

Il nuovo partito Palestinese Hamas va al potere e il mondo terma. È un partito militante Islamico estremista con la determinazione di distruggere per sempre la piccolo nazione d’Israele. L’elezione del nuovo governo procedette ordinatamente. Intorno a 900 osservatori stranieri furono presenti durante l’elezione per osservare la liggettimità. Un portavoce del governo Israeliano disse: che; il suo governo non può accettare una amministrazione composta dai dirigenti del partito Hamas, ammenocchè cambieranno la loro attitudine distruttiva contro Israele. Senza dubbio questo partito (Hamas) rinnoverà la loro richiesta che Israele cederà ai Palestinesi tutto il territorio della Gaza e la parte del East di Gerusalemme. La piccolo nazione d’Israele che per volere di Dio dopo duemila anni di dispersione (Diaspora) si e stabilita nella loro terra promessa, è pervasa da un continuo timore. Non e necessario che noi sappiamo con certezza quello che il nuovo governo Hamas farà contro Israele; ma la profezia della Bibbia lascia interndere che chi unque nazione parteciperà aggressivamente per distruggere Israele si renderanno conto dell’intervento divino.




Una Eredità Incorruttibile

GENERALMENTE, GRAN PARTE dell’umanità crede che, dalla nascita, dobbiamo considerarci figliuoli di Dio, e possedere un’anima immortale, che alla morte, automaticamente ci fa divenire “esseri spirituali” più vivi e migliori di prima. Ciò non è Scritturale e, quindi, è errato: in quanto siamo nati tutti nel peccato e conformati, nella iniquità, quindi, siamo figliuoli dell’ira, soggetti alla morte, cioè alla estinzione.

Le Scritture c’insegnano chiaramente che, solo dopo la risurrezione di Gesù Cristo, dai morti e dalla cosparsione dello Spirito Santo, alla Pentecoste, i consacrati seguaci di Gesù sono stati rigenerati “ad una speranza viva, in vista di un’eredità incorruttibile, immacolata ed immacescibilie, conservata per noi, nei cieli, che, dalla Potenza di Dio, mediante la fede, siamo custoditi per la Salvazione, che sta per essere rivelata, negli ultimi tempi.”—I Pietro 1:3-4, 6

PRESERVATA NEI CIELI

Il termine ‘eredità secondo la definizione d’ogni vocabolario, sta ad indicare un patrimoniale legittimo o altri beni mobili od immobili [danaro o proprietà], spettandi discendenti d’un estiinto e, in mancanza d’essi, a chi il testatore li avrà voluti concedere. Quindi, l’eredità costituisce un beneficio spettante, da essere concesso, e non è comprabile.

Nel mondo, quanto più è cospicua un’eredità, tanto più eccita, negli eredi, o discendenti collaterali, inganni furbizie e persino delitti, per defraudare l’erede legale. Nel Campo Spirituale, invece, è diferente. E l’apostolo Pietro, per confortare gli eredi della grande Salvezza, definisce la loro eredità, “incorruttibile, immacolata ed immarcescibile, conservata nei cieli, per loro”: in modo che niun nemico, e nemmeno Satana stesso, hanno il potere di contrastargliela, perché Colui che ci protegge—ed è fra noi e con noi—ha il potere ed il volere, al disopra di coloro che potrebbero essere contro di noi. Con fedeltà e perseveranza, e con tutta l’energia e lo zelo che c’è concessa dal Signore: sperando che entrambi siano usate come gli sportivi le impiegano nelle loro gare, consci che tale è l’entusiasmo dal quale ci bisogna essere pervasi per l’otton imento del Premio Supremo.

Alla prima Epistola ai Corinzi 9:24, l’Apostolo c’incita al mantenimento dell’entusiasmo, col chiederi: “Non sapete voi che coloro i quali corrono, nello stadio, corrono ben tutti (volenterosamente), ma uno solo ottiene il premio? Correte dunque, per riportarlo!”

LA PRIMA RISURREZIONE

Al presente, noi non siamo in grado di comprendere interalmente ciò che sarà l’eredità celeste. L’apostolo Giovanni, per confortarci, ce lo indica, in questi termini: “Diletti, or siamo figliuoli di Dio, e non ancora è reso manifesto quel che saremo. Sappiamo che, quanto Egli sarà manifesto, saremo simili a Lui, perché Lo vedremo come Egli è” (I Giovanni 3:2), Invero, è ineuagliabile l’eredità che si riuscirà ad ottenere, attenendoci ai precetti Scritturali, tutte le ricchezze di questo mondo son nulla, rispetto al valore dell’- eredità celeste, concessaci per i meriti del nostro divin Maestro e della grazia di Dio. Perciò, indirizziamo ad essi la stessa invocazione dell’Apostolo Pietro, tramandataci nella sua I Epistola (1:3), in cui dice: “Benedetto sia l’Iddio nostro e Padre del Signor nostro, Gesù Cristo, il quale, nella Sua grande misericordia ci ha fatto rinascere, mediante la risurrezione …” e rigenerati …, e, mediante la fede, siamo custoditi, per la salvazione la quale sta per essere rivelata negli ultimi tempi.”—vs. 5

Come c’indica il Rivelatore, ci è richiesta costanza ed una perfetta osservanza alla Parola di Dio, perciò egli ci dice: “Sii fedele sino alla morte ed io ti darò la corona della vita …—poi ci assicura che son—beati e santi coloro che faranno parte della prima risurrezione … e saranno sacerdoti di Dio e di Cristo; con cui regeneranno per mille anni.”—Apoc. 2:10; 20:6

Questa famiglia divina c’è presentata quale la “Nuova Gerusalemme,” la Città celeste, “la Sion Spirituale (d’onde “verrà il Liberatore; ed uscirà la Legge”—Isaia 2:3; 59:20); l’Eterna dimora di Dio.



Associazione Studenti Biblici Aurora