AURORA
Maggio-Giugno 2016

Contenuto Di Questo Numero

  1. L’Esperienza Nella Camera Superiore—Le Prospettive Dei Quattro Evangelisti - 1 Parte di 2
  2. L’Esperienza Nella Camera Superiore—Le Prospettive Dei Quattro Evangelisti - 2 Parte di 2


1 Parte Di 2

L’Esperienza Nella Camera Superiore–
Le Prospettive Dei Quattro Evangelisti

“Allora Egli Vi Mostrerà Una Grande Sala Di Sopra, Arredata; Là Preparerete La Pasqua. Andate Dunque, Essi Trovarono Come Aveva Detto Loro E Prepararono La Pasqua. E Quando Giunse L’ora, Egli Si Mise A Tavola, E I Dodici Apostoli Con Lui.”
—Luca 22:12-14
(Traduzione Nuova Diodati)

IN TUTTA LA PAROLA DI Dio, dalla Genesi all’Apocalisse, abbiamo impostato nella nostra visione mentale, l’armoniosa testimonianza del disegno amorevole di dio per la salvezza dell’uomo e il massimo recupero dal peccato e dalla morte. Le scritture inoltre ci informano che il punto focale per portare il piano di realizzazione, risiede ne fatto che dio “ha tanto amato il mondo”, e ha mandato il suo unigenito figlio” per essere il redentore dell’uomo.—Giovanni 3:16

Nella cronologia del Vangelo di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, sono registrati molti degli eventi e le circostanze che circondarono la nascita, la vita, il ministero, la morte e la resurrezione di colui che Dio inviò. Egli era “l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti, secondo la testimonianza resa nei tempi dovuti.” (1Tim 2:5,6) e quindi più opportuno che dobbiamo rivedere su una base regolare i vari aspetti della vita di Gesù, i quali forniscono un ricco nutrimento spirituale per la nostra crescita e sviluppo come una “Nuova Creatura.”—2 Cor. 5:17

Come coloro che cercano di essere seguaci delle orme del Maestro, troviamo che uno dei più significativi insegnamenti della vita di Gesù è quello che ha avuto luogo nel “cenacolo” durante la sera prima della Sua crocifissione e morte. Luca 22:7-14 descrive le istruzioni da parte di Gesù per i discepoli riguardanti la disposizione “al piano superiore una grande sala”. In tutto il Vangelo gli scrittori registrano varie porzioni degli eventi che hanno avuto luogo nelle ore a seguire, ponendo enfasi su alcuni dettagli, che si comprendono essere di particolare importanza, e come essi furono diretti da Dio tramite lo Spirito Santo.

Tutti e quattro i racconti del Vangelo rendono manifesto il fatto che l’obiettivo immediato per l’incontro tra Gesù e i suoi dodici scelti appositamente come discepoli nel cenacolo è che essi possano mangiare insieme il pasto della Pasqua ebraica. (Mat. 26:19,20; Marco 14:16,17; Luca 22:13-15; Giovanni 13:1-4) Era un requisito sotto la legge mosaica per tutti gli ebrei di celebrare la Pasqua in osservanza, ogni anno. Questo modo è stato quello di servire come in ricordo della loro liberazione fuori dalla schiavitù dell egitto molti secoli prima. (Esodo. 12:14,24-27) Gesù e i suoi dodici discepoli erano ebrei e quindi obbligati a rispettare questa cerimonia annuale.

LA TESTIMONIANZA DI MATTEO

Matteo è stato uno dei dodici riuniti nel cenacolo con Gesù, ed insieme essi celebrarono la Pasqua. Egli scrisse il racconto di quelle ore, egli ricordò che mentre essi mangiavano, Gesù parlò e disse: “uno di voi mi tradirà.” Seguì una discussione poi tra i discepoli come si erano seduti attorno al tavolo, e molti di loro chiesero: “Signore, sono io?” Si rivelò poi che il traditore doveva essere Giuda.—Matt. 26:21-25

In seguito alla narrazione riguardo a Giuda, Matteo ci descrive come hanno continuato a mangiare la cena pasquale, Gesù istituì lì una nuova cerimonia. Prese un pò di pane che era sul tavolo come parte del pasto; lo benedisse e lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “prendete e mangiate; questo è il mio corpo.” Analogamente, Gesù prese parte della bevanda, il “frutto della vigna;" lo benedisse e lo diede ai discepoli, invitandoli a bere. Egli disse che “il vino” rappresentava il Suo sangue “versato per molti per il perdono dei peccati”—Matt. 26:26-29

Questa semplice cerimonia, qui descritta da Matteo, è ciò che credenti consacrati durante l’età del Vangelo hanno chiamato la “Cena Commemorativa.” Così come il mantenimento della Pasqua fu un ricordo, o Memoriale, di Israele per la liberazione secoli prima dalla schiavitù di Egitto, così questa nuova osservanza era di essere in ricordo di una maggiore liberazione. Gesù doveva morire in meno di ventiquattro ore. Egli sarebbe stato il “prototipo” della Pasqua “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, fissando l’eventuale rilascio dell’umanità dalla schiavitù per “il peccato e la morte.”—Giovanni 1:29; 1 Cor. 5:7; Rom. 8:2

L’apostolo Paolo scrive più tardi, dopo aver fornito una visione dal Signore, riguardo a Gesù’ l’istituzione della Cena di Commemorazione. Egli dice che quando gesù invitò i Suoi discepoli a mangiare del pane spezzato e bere il calice—del frutto della vite—Egli disse loro: “Fate questo in memoria di me.” Paolo prosegue affermando che mantenendo questo memoriale, “voi annunziate la morte del Signore.”—1 Cor. 11:23-26

IL SIGNIFICATO DEL PANE E DEL CALICE

I due simboli, il pane e il calice, rappresentano due aspetti della “la morte del Signore “ a cui Paolo accenna. Il pane come disse Gesù simbolizza il Suo corpo, è una rappresentazione del riscatto la caratteristica della sua morte. Per essere un riscatto, o prezzo corrispondente, per il padre Adamo, Gesù doveva essere un essere umano—fatto di carne. Egli doveva anche essere perfetto e senza macchia, come Adamo, prima di peccare. Gesù ha compiuto entrambi questi requisiti. Deponendo volontariamente la Sua vita perfetta, la sua umanità, il Suo corpo spezzato per noi, fornì il prezzo di riscatto necessario per rilasciare Adamo e la sua discendenza dalla pena del peccato—la morte.

Dio, tramite Osea, parlò profeticamente del riscatto che era previsto e che provocherà il rilascio dell’umanità dalla morte di Adamo. “Io li riscatterò dal potere dello Sceol; li redimerò dalla morte. O morte, io sarò la tua peste. O Sceol, io sarò la tua distruzione.” (Osea 13:14) Durante il Suo primo avvento Gesù si è identificato come il “Figlio dell’uomo”, e come lo strumento da utilizzare nell’adempimento della profezia di Osea. Egli ha detto, “il Figlio dell uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti.” Paolo Più tardi dichiarò che Gesù morì come “un riscatto per tutti” il Dio “dono gratuito . . . su tutti gli uomini.”—Matt. 20:28; I Tim. 2:5,6; Rom. 5:15,16,18; Giovanni 3:16

Il calice rappresentato dal Suo sangue, sparso per la remissione dei peccati, appropriatamente denota il requisito di giustizia di Dio che doveva essere soddisfatto. E insegnato nel Vecchio Testamento che “la vita della carne è nel sangue: . . . perché è il sangue che fa l’espiazione per l’anima.” (Lev. 17:11) Vale a dire, poiché è il sangue letterale che alimenta la vita dell’uomo, la carne è di massimo valore per il mantenimento della vita. Analogamente, il sangue che viene sparso per mezzo di una vita giusta, data al massimo, ha anche un grande valore, di merito, quando viene utilizzato per lo scopo di rendere “espiazione” per coloro ai quali essa viene successivamente applicata.

Gesù era giustamente al grado effettivo di perfezione, anche fino alla morte. In questo modo il valore della Sua vita, rappresentato dal Suo sangue che è stato versato, era pienamente sufficiente a soddisfare la giustizia di Dio e portare “l’espiazione” per tutti gli uomini mediante la Sua imputazione sul loro conto. Paolo disse, “mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.” Egli però non si ferma qui, ma continua dicendo che coloro che, per fede ricevono il valore della vita di Gesù imputata sul loro conto, vengono considerati come “giustificati tramite il suo sangue,” e “salvati dall’ira,” che precedentemente era caduta su tutti sotto la condanna di Adamo. Pertanto, Paolo conclude, “noi . . . mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi, tramite il quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.”—Rom. 5:8,9,11

RICORDANDO ISRAELE PER LA PASQUA

Quando Matteo ha registrato le parole di Gesù pronunciate nel cenacolo riguardante il significato dei simboli del pane e del calice come un memoriale della Sua imminente morte egli forse con il pensiero torna alle istruzioni date a Mosè, concernente l’istituzione della Pasqua di Israele in Egitto. In tale disposizione tipica, vi erano anche due requisiti principali per quanto riguarda la sua osservanza. In primo luogo, un agnello era scelto il decimo giorno del primo mese religioso. Doveva “essere senza difetto, maschio del primo anno, e il quattordicesimo giorno del mese doveva essere ucciso”—Esodo 12:3-6.

La selezione di un immacolato agnello maschio e il suo successivo abbattimento, prefigurava più avanti Gesù, l’antitipico Agnello pasquale. Anche Lui era senza macchia—"santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori” (Ebr. 7:26). In aggiunta, specificando che il tipico agnello doveva essere un “maschio del primo anno” sottolinea la funzione di riscatto della morte di Gesù. L’uomo Gesù era “partecipe della carne e del sangue” e “fatto da una donna.” (Ebr. 2:14; Gal. 4:4) Egli era il “Figlio dell’uomo”, che è venuto per dare la sua vita in riscatto per molti”, simboleggiata nella Cena di Commemorazione dal pane spezzato.—Matt. 20:28

Il secondo requisito importante dell’osservanza della tipica Pasqua, aveva a che fare con il sangue dell’Agnello senza macchia che era stato ucciso. Essi erano andati a “prenderanno del sangue, e lo metteranno sui due stipiti e sull’architrave delle case” in cui abitavano. (Esodo 12:6,7) Splendidamente questo è sottolineato nello spargere il sangue di Gesù e la Sua applicazione a nome dell’umanità, com’è enunciato dal Memoriale nel calice offerto ai discepoli nel Cenacolo. Questo dice Paolo è nella “redenzione che è in Cristo Gesù: che Dio ha stabilito essere una propiziazione [una] espiazione mediante la fede nel suo sangue”. (Rom. 3:25) L’apostolo Giovanni aggiunge che Gesù è “la propiziazione per i nostri peccati e non soltanto per i nostri, ma anche per i peccati di tutto il mondo”—1 Giovanni 2:2.

Durante la tipica notte di Pasqua, sia l’uccisione degli agnelli, nonché l’applicazione del suo sangue in nome di coloro che risiedono in ogni casa doveva avvenire per effetto della liberazione di Israele dalla schiavitù Egiziana. Nell’antitipo, Gesù, il Perfetto prezzo corrispondente di Adamo doveva essere ucciso, ma è stato inoltre richiesto che il valore della vita, rappresentato dal Suo sangue, doveva essere applicato alla "bilancia" della giustizia di Dio, per l’uomo, il massimo della liberazione doveva essere assicurata. Le parole di Pietro ben riassumono la questione: “Poiché voi sapete che siete stati riscattati non con cose corruttibili . . . ; ma con il sangue prezioso di Cristo, come di un agnello senza difetti e senza macchia.”—1 Piet. 1:18,19

Matteo conclude il suo racconto e la sua esperienza del cenacolo dichiarando in successione da parte di Gesù, l’istituzione della Cena di Commemorazione, “quando ebbero cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi” (Matt. 26:30). I Consacrati, i credenti di tutto il mondo continuano a seguire questa pratica ad ogni celebrazione annuale del memoriale del Signore. A seguito della partecipazione del pane simbolico e del calice, è cantato un inno, terminando il servizio, ognuno si diparte in tranquilla meditazione al suo luogo di residenza.

CONTRASSEGNARE IL RICORDO

Marco, a cui le scritture a volte si riferiscono come a Giovanni Marco, non era uno dei dodici discepoli scelti appositamente, e quindi non era presente nel cenacolo la sera prima della morte di Gesù. Il racconto della camera superiore e l’esperienza registrata nel suo Vangelo si trova nel capitolo 14, versetti 16-26. È praticamente un contenuto identico a quello narrato da Matteo, precedentemente considerato. Per questo motivo è necessario rivedere Marco, e registrare separatamente questo momento. Molti suppongono che Marco abbia ricevuto informazioni da Matteo—uno dei dodici—presenti agli eventi di quella sera.

Vi è anche un altro pensiero proposto come fonte per contrassegnare le relative informazioni. Vari commentatori della Bibbia suggeriscono che può avere ricevuto i dettagli per la registrazione del suo Vangelo dall’Apostolo Pietro, ivi comprese le attività che hanno avuto luogo nella camera superiore. Questo pensiero è basato principalmente su due passaggi della Scrittura. Il primo è in Atti del capitolo 12, in cui si trova la prima citazione nel Nuovo Testamento. Questo è stato in occasione quando Pietro fu miracolosamente liberato dal carcere. (Vss.1-11) A seguito di questo miracolo, Pietro venne alla casa di Maria, la madre di Marco, dove vi era stato un grande raduno dei fratelli che stavano pregando per suo conto, credendo che egli fosse ancora in carcere. (Vs. 12) Anche se il racconto non è stato specifico si presume che anche egli era là. Se questo è così, avrebbe poi incontrato Pietro per la prima volta, essendo per Marco il primo incontro con uno degli apostoli di Gesù.

Il secondo riferimento di una connessione tra Pietro e Marco, si trova nella prima epistola di Pietro. L’Apostolo indica che Marco era presente con lui, e si riferisce a lui con amore come “mio figlio.” (1 Piet. 5:13) Questo collegamento di Pietro dà luogo al pensiero che si sentiva particolarmente vicino a lui, e forse aveva passato molto tempo con lui sin dal loro primo incontro, registrato in Atti 12. Così alcuni hanno concluso che nel corso di un periodo di tempo in cui Pietro, aveva testimoniato queste cose di prima mano, condivise con Marco molti degli eventi associati con il ministero di Gesù, che si rinchiudono nel suo Vangelo.

LA NARRAZIONE DI LUCA

Luca, come Marco, non era uno dei “dodici Apostoli” scelti da Gesù, e non era presente nella camera superiore. Luca, talvolta chiamato Lucas, era un gentile, e molto probabilmente è diventato un seguace di Cristo, dopo la conversione di Cornelio. (Atti 10) fu autore di entrambi il Vangelo di Luca e il libro degli Atti (confronta Luca 1:1-4 e Atti 1:1-3). E’ evidente da Atti 1:1 che Luca ha scritto il suo Vangelo prima del libro degli atti, forse durante gli anni in cui ha viaggiato con Paolo. (Col. 4:14; Filemone 24; 2 Cor. 13:14) Probabilmente egli scrisse il libro degli Atti in prossimità della fine della vita di Paolo e forse proprio mentre erano insieme a Roma—2 Tim. 4:11,22.

Nei primi versetti del suo Vangelo Luca afferma che il suo racconto della vita di Gesù e del ministero terreno è venuto da numerose fonti. Egli non li nomina, dicendo solo che essi erano “testimoni oculari e ministri della parola.” (Luca 1:1,2) Questo avrebbe necessariamente incluso il suo racconto sugli eventi del cenacolo che, se a lui forniti da “testimoni oculari,” indica che egli ha ricevuto informazioni da uno o più degli undici discepoli che erano presenti in tale occasione—li stessi come furono senza dubbio il segno di riferimento del racconto.

La testimonianza delle attività che si svolsero nella camera superiore si trovano nel capitolo 22, versetti 13-38. Esso include gli stessa eventi che Matteo e Marco raccontano—la discussione su chi avrebbe tradito Gesù e l’istituzione della Cena di Commemorazione—anche se il racconto di Luca commuta la fine di questi. (Vss. 17-23) Un’altra differenza da Matteo e Marco, Luca registra la predizione di Gesù sulle tre negazioni di Pietro mentre si trovavano ancora nel cenacolo. (vss. 31-34,39) Matteo e Marco si discostano. (Matt. 26:30-35; Marco 14:26-31) Queste differenze minori fra il Vangelo di Luca e i racconti di Matteo e di Marco non sono di alcuna speciale preoccupazione. Come già notato, Luca ha ricevuto le sue informazioni da varie fonti, così non è sorprendente che lo specifico ordine degli eventi non corrispondono esattamente.

AVVENIMENTI REGISTRATI SOLO DA LUCA

Di maggiore importanza è tuttavia il fatto che Luca registra certe cose che hanno avuto luogo nella sala superiore, e che Matteo e Marco non menzionano affatto. Uno di questi si trova in Luca 22:24-30. Qui, come Gesù e i suoi discepoli stavano seduti a tavola, Luca afferma che “c’è stata anche una contesa tra di loro, [tra] quale di essi deve essere considerato il maggiore.” (vs. 24) I discepoli evidentemente ancora ritenevano che il loro Maestro andasse a configurare il Suo Regno imminente e il ripristino di Israele alla gloria che godeva secoli prima sotto il re Davide e Salomone. Anche se Gesù aveva detto loro in un certo numero di precedenti occasioni, che egli sarebbe stato messo a morte, essi non comprendevano la realtà delle Sue parole. Erano ancora convinti che Egli avrebbe presto stabilito il Suo Regno, e i Suoi più stretti discepoli, sarebbero stati elevati ai più alti luoghi di onore e autorità dati dal loro Messia e Re.

In base a come Gesù rispose ai discepoli all’affermazione relativa alla quale essi sarebbero stati il “più grande”, esercitò una grande saggezza. Egli non li criticò per la loro incomprensione per i tempi e le stagioni associati al ristabilimento del regno d’Israele. Egli, infatti, riaffermò loro che quando sarebbe giunto il momento giusto, se fedeli, avrebbero avuto da svolgere un ruolo chiave in quel Regno. Gesù disse: “io preparo per voi un regno, come il padre mio lo ha assegnato a me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e sediate su troni per giudicare le dodici tribù di israele.”—versetti 29,30

Gesù, però comprese la mancanza di intendimento da parte dei discepoli circa i tempi e le stagioni del Suo Regno, infatti essi non manifestarono la corretta umiltà riguardante il modo in cui dovevano servire gli interessi di quel regno, indipendentemente dal momento in cui sarebbe stato impostato. Egli ha ricordato che il re e i loro associati leader tra gli uomini caduti, “non esercitano signoria sui loro sudditi, che li chiamano “benefattori”—un titolo di onore. (vs. 25) Gesù dice, questo: “ma lui che è il più grande tra voi sia lui sia come il più giovane e a lui che è il capo, come colui che fa servire.”—vs. 26

Per evidenziare ulteriormente questo punto concernente l’importanza dell’umile servizio, il Maestro diede quindi questa illustrazione, domandando: “chi è infatti più grande chi siede a tavola o colui che serve? Non è forse colui che siede a tavola? Eppure io sono in mezzo a voi come colui che serve” (vs. 27, traduzione Nuova Diodati) che potente lezione era questa!!! Erano tutti seduti alla cena pasquale. Gesù è stato il “servo” che era in attesa di servire loro ed essi erano gli ospiti. Veramente, se il loro Signore e Maestro è stato un servo, essi devono anche diventare servi se avessero avuto una quota nel Suo Regno.

“BORSA “BISACCIA E”SPADA”

Un altro “insegnamento” è registrato soltanto da Luca e lo troviamo nei versetti 35-38. Qui Gesù ricorda ai discepoli che in precedenza quando li mandò a “predicare il regno di Dio”, egli aveva insegnato loro ad andare "senza borsa, e bisaccia e scarpe, vi è forse mancato qualche cosa?” (vs. 35; Cap. 9:1-3) Una “borsa” fu utilizzata per il trasporto di denaro per esigenze personali e per l’acquisto di cibo e una “bisaccia” era un piccolo sacchetto in cui è stato messo il cibo e altri oggetti personali. Ora, però, Gesù dice loro, “chi ha una borsa la prenda, e così la sua bisaccia.” Poi aggiunge, “chi non ha la spada venda la sua veste e ne compri una.” (vs. 36) Thayer dal lessico greco definisce la parola tradotta “spada” come un “coltello, usato per uccidere gli animali e il taglio della carne,” piuttosto che di una lunga spada usata come arma di battaglia.

Le istruzioni di cui sopra che Gesù diede ai suoi discepoli, erano evidentemente destinate a sottolineare il fatto che Egli li avrebbe presto lasciati. In contrasto con le sue precedenti parole registrate nel capitolo 9, essi dovrebbero ormai essere preparati a provvedere per il proprio cibo e altre disposizioni temporali. Il suggerimento che ognuno di loro “acquistasse” una spada—tradotta meglio—coltello—è piuttosto interessante. Se lo avessero fatto, tutti gli undici discepoli avrebbe avuto un coltello a loro disposizione la notte quando Gesù fu arrestato. Il Maestro rapidamente ha capito che undici coltelli nelle mani dei suoi discepoli-anche se destinati ad essere utilizzati solo a caccia di cibo-non sarebbe stata una cosa saggia, considerando che sapeva che la sua ora ormai era venuta. Era il tempo di essere dato come l’Ebreo alle autorità romane.

Così, quando i discepoli dissero: “Signore, ecco qui due spade, . . . egli disse loro, è sufficiente.” (vs. 38) Egli conosceva la loro mancanza di comprensione ed era a conoscenza del fatto che essi avrebbero tentato di difenderlo con un uso improprio di questi coltelli. Considerando ciò che è emerso più tardi, nel giardino del Getsemani, “due spade” erano infatti “abbastanza”. Pietro, che evidentemente era in possesso di uno dei due coltelli, ha tentato di utilizzarlo per impedire l’arresto di Gesù. In tal modo egli ha tagliato l’orecchio del servo del sommo sacerdote. Immediatamente Gesù guarì il servo, e sgridò Pietro, dicendo: “riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada. Pensi forse che io non potrei adesso pregare il padre mio, perché mi mandi più di dodici legioni di angeli? Come dunque si adempirebbero le Scritture, le quali dicono che deve avvenire così?”—Matt. 26:51-54; Giovanni 18:10,11

Di seguito nei dettagli di Gesù “ istruzioni per i discepoli riguardanti la “borsa,” “bisaccia” e “spada,” Luca conclude il suo racconto della camera superiore, dichiarando che “andò . . . al monte degli Ulivi.” (Luca 22:39) Dopo aver ricevuto lo Spirito Santo alla Pentecoste, i discepoli hanno realizzato la lezione speciale ricevuta nel cenacolo come insegnamento finale. Poi avrebbero capito e comunicato con gli altri credenti consacrati, che “le armi della nostra guerra non sono carnali,” “il combattimento nostro non è contro sangue e carne”, e la nostra unica spada è “la spada dello Spirito che è la parola di Dio.”—2 Cor. 10:4; Ef. 6:12-17

MATTEO, MARCO, LUCA - CONCLUSIONE

Possiamo concludere la nostra considerazione di Matteo, Marco e Luca  della esperienza nella camera superiore, sia degna di nota ricordare altri due punti appartenenti alla loro testimonianza del Vangelo, soprattutto rispetto al quarto Vangelo scritto da Giovanni l’apostolo. Matteo, Marco e Luca registrano la vita di Gesù e il ministero, e in gran parte come stile sono “sinottici”. Vale a dire che esse presentano ciascuna una sintesi della Sua vita, compresi i brevi racconti e i dettagli di molti eventi diversi. Essi sono anche abbastanza narrativi nel formato, la registrazione degli eventi in un gran parte nell’ordine sequenziale. Lo stile di Giovanni è molto diverso, e lo prenderemo in considerazione più completamente nella 2 parte del presente articolo.

La datazione e la paternità dei primi tre Vangeli non è nota con precisione. In generale, tuttavia, si è creduto che furono scritti significativamente prima del Vangelo di Giovanni. Molti commentatori della Bibbia hanno posto la loro scrittura in una gamma di anni che vanno da circa il 40 al 65 D.C., e il Vangelo di Giovanni dal 95 al 100 D.C. Sullo specifico ordine di scrittura di Matteo, Marco e Luca si è molto discusso, con vari scenari suggeriti dagli storici. Qualunque sia stato l’ordine, è probabile che tutti e tre sono stati completati prima di D.C. 70, quando Gerusalemme e il suo tempio furono distrutti. Questa conclusione si basa sul fatto che Matteo, Marco e Luca tutti i racconti di Gesù predicono questa imminente distruzione. (Matt. 24:1,2; Marco 13:1,2; Luca 21:5,6,20-24) Eppure, nessuno dei tre scrittori fa riferimento nei loro racconti del Vangelo per il compimento di tale previsione. Pertanto, è ragionevole credere che avevano finito la loro scrittura prima che la distruzione abbia avuto luogo, altrimenti uno o più avrebbero sicuramente fatto menzione di tale significativo evento.

Nella Parte 2 di questo articolo, prenderemo in considerazione la testimonianza dell’esperienza nella camera superiore com’è vista nel Vangelo di Giovanni. Il suo racconto fornisce un sensazionale prospettiva diversa rispetto a quello di Matteo, Marco, Luca e crediamo sia di notevole importanza per i consacrati figli di Dio. In effetti, molte lezioni che possiamo trarre da tutti e quattro i vangeli sono per noi un richiamo alle parole di Paolo: “Tutta la Scrittura . . . è divinamente ispirata . . . è utile a insegnare, di rimprovero, a correggere e a istruire nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo, pienamente fornito per ogni buona opera.”—2 Tim. 3:16,17



2 Parte Di 2

L’Esperienza Nella Camera Superiore–
Le Prospettive Dei Quattro Evangelisti

“... Sapendo Gesù che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”
—Giovanni 13:1
(Traduzione Nuova Diodati)

I VARI AVVENIMENTI CHE hanno avuto luogo nel cenacolo la notte prima della morte di Gesù sono stati registrati da tutti e quattro gli Evangelisti, anche se non tutti hanno notato gli stessi dettagli. Nella 1 parte di questo articolo che è apparso nel numero del mese precedente, sono trattate le esperienze narrate nei racconti di Matteo, Marco e Luca, come Gesù e i Suoi dodici apostoli scelti si radunarono insieme quella sera. Nella parte 2 di questo articolo si esaminerà il racconto fornito dall›Apostolo Giovanni nel suo Vangelo.

Giovanni racconta l’esperienza avuta nella camera superiore e la descrive nei versetti che seguono il nostro testo di apertura. (Giovanni 13:2-35) Come Matteo, Giovanni era presente in questa occasione, essendo uno dei dodici. Il suo racconto è radicalmente diverso, tuttavia, da quello di Matteo, così come quelli di Marco e Luca. Giovanni sembra avere una prospettiva molto diversa rispetto a quella di altri scrittori del Vangelo, ed è una ragione per noi, per esaminare brevemente il motivo per cui questo è stato fatto così.

PROSPETTIVA UNICA

La prospettiva unica avuta da Giovanni della vita di Gesù, nella esperienza della camera superiore, può essere in gran parte attribuita al momento in cui egli scrisse il suo racconto, che evidentemente fu molto più tardi rispetto agli altri tre scrittori Evangelisti. Com’è menzionato nella 1 parte di questo articolo, i libri di Matteo, Marco e Luca sono stati probabilmente scritti in una gamma di anni che vanno, da circa il 40 al 65 D.C. e tutti prima della distruzione di Gerusalemme nel 70 D.C.

Nel libro della Rivelazione, che Giovanni scrisse, afferma che egli era sull’ “isola che è chiamata Patmos” quando ricevette questa visione speciale dal Signore risorto. (Riv.1:9) molti religiosi e secolari studiosi ritengono che Giovanni era stato esiliato a Patmos dall’imperatore romano Domiziano intorno al 95 D.C. Questo significa che egli avrebbe registrato la visione di Rivelazione in qualche momento dopo quel periodo. Fu probabilmente poco dopo, tuttavia, entro questo tempo, poiché Giovanni aveva forse 90 anni di età o anche più. Notiamo che, a causa delle somiglianze nello stile nonché in alcune formulazioni nei versetti di chiusura di entrambi i libri, (Rivelazione e Vangelo di Giovanni) sono stati apparentemente scritti vicino, allo tempo stesso. (Giovanni 21:22-24; Rev. 22:18-20) Sulla base di tutti questi fattori, la maggior parte delle autorità, pongono la scrittura del Vangelo di Giovanni tra il 95 D.C. e 100 A.D.

Se, come sembra essere il caso, Giovanni a registrato il suo Vangelo negli ultimi anni del primo secolo, questo era ben oltre sessanta anni dopo la chiusura della vita terrena di Gesù e del Suo ministero. È stato anche trenta e sessanta anni più tardi della scrittura degli altri tre Vangeli e almeno venticinque anni dopo che Gerusalemme e il tempio furono distrutti. È pertanto facile comprendere che dal suo racconto scritto molto più tardi, esso trae punti di vantaggio, la prospettiva delle cose da parte di Giovanni, era un po’ diversa da quella di Matteo, Marco e Luca.

Al momento che scrisse, Giovanni è stato senza dubbio l’ultimo Apostolo vivente. La nazione ebraica non esisteva più in qualsiasi forma, Gerusalemme e il tempio furono distrutti e il loro popolo era stato sparso in tutta la terra. Giovanni senza dubbio a osservato che Roma, era ora non solo il centro di un grande impero civile, ma era anche diventato il punto focale del Cristianesimo, e giustamente egli ha percepito che questo avrebbe presto potuto avere conseguenze pericolose. Sebbene la Chiesa primitiva era ben stabilita da tempo, Giovanni poteva vedere che “lo spirito dell’anticristo” era già al lavoro. (1 Giovanni 2:18,22; 4:3; 2 Giovanni 7) In aggiunta, attraverso la visione della Rivelazione, anche se egli non ha capito il suo significato, doveva essere chiaro a Giovanni che c’era ancora molto da adempiere, prima che il Regno messianico fosse stabilito e il trono di Davide ripristinato.

Egli ha potuto apprezzare il fatto che i seguaci di Cristo che erano rimasti fedeli al messaggio del Vangelo nella sua purezza originale avrebbero presto dovuto affrontare una molto difficile esperienza – quella di mettere alla prova la loro fede al messaggio stesso. Con questa prospettiva e obbiettivo primario come ultimo apostolo vivente, Giovanni scrisse il suo Vangelo. Il suo racconto era di fornire un beneficio spirituale alla Chiesa nel lungo termine, fino ai nostri giorni. Così, egli ha guardato cosa Matteo, Marco e Luca avevano registrato molti anni prima, e sentì il bisogno di indirizzare una particolare attenzione ad alcune delle più spirituali lezioni mirate del ministero di Gesù. In effetti, siamo grati a Dio, attraverso la potenza del Suo Santo Spirito, come abbia guidato tutti gli scrittori del Vangelo a testimoniare tutto il rispetto per la vita di Gesù, che sarebbe stato necessario per i Suoi seguaci consacrati in tutta l›Età del Vangelo.

IL RACCONTO DI GIOVANNI DELLA CAMERA SUPERIORE

È questo stesso fuoco spirituale che permea Giovanni nel racconto delle esperienze che hanno avuto luogo nel cenacolo, come egli le registrava oltre sessanta anni più tardi. Il nostro testo di apertura, che inizia la testimonianza di Giovanni, è un primo esempio. Invece di spiegare immediatamente lo scopo di riunirsi insieme con i Suoi discepoli, si preoccupa di osservare il tipo della Pasqua, è il grande amore del Maestro che viene sottolineato, come le persone anziane e molto saggie l’apostolo ora guarda indietro su tutta l’esperienza in quella camera superiore, nella quale egli condivise e vide che era necessario che Gesù compisse la funzione di Pasqua della legge mosaica, la sua principale motivazione per riunirsi insieme con i Suoi più stretti discepoli era quella dell’amore. Questa è stata per il Maestro ultima opportunità per essere con loro prima che Egli fosse arrestato e processato come un bestemmiatore, e crocifisso, e sapeva come sarebbe stato difficile quella esperienza, dato che i discepoli non erano ancora generati dallo spirito. Giovanni poteva veramente testimoniare di Gesù: “ li amò fino alla fine”.

Come una nota a piè di pagina, sono le esperienze di quella sera, che Giovanni ricorda come qualcosa di importante nelle parole del versetto 2. Sebbene non siano state dette per lui o per gli altri discepoli del tempo, guardando indietro ora egli capisce che Giuda aveva acconsentito all’influsso di Satana—”il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda . . . a tradire Gesù”. Questo è un deludente promemoria e un’attenzione per la Chiesa in tutta l’età del Vangelo, che vi è la possibilità di un inserimento tra di noi, come di un lupo “in veste di pecore,” e “non risparmieranno il gregge.”—Matt. 7:15; Atti 20:29

UN ESEMPIO DI SERVIZIO

In seguito al suo solenne promemoria in relazione a Giuda, Giovanni ricorda che, quel pasto è stata la conclusione della Pasqua ebraica, e i discepoli iniziarono a discutere su chi doveva essere il più grande tra di loro. Questa affermazione è stata registrata da Luca e viene discussa nella 1 parte di questo articolo (Luca 22:24-30). Luca non ha tuttavia registrato il grande esempio di servizio che Gesù ha fornito e che probabilmente è stato il risultato immediato della discussione dei discepoli. Rendendosi conto che né Luca né gli altri scrittori del Vangelo l’hanno registrata, Giovanni ha dato testimonianza di questa importante lezione, che sapeva sarebbe stata di grande aiuto per tutti i credenti consacrati durante l’Età del Vangelo.

In Giovanni 13:3-17, presenta a noi un ottimo esempio e lezione di umile servizio che Gesù fornì al cenacolo. “Si alzò dalla cena e depose le sue vesti; poi preso un asciugatoio, se lo cinse. Dopo aver messo dell’acqua in una bacinella, cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui era cinto” (Versetti 4,5). Guardando indietro su questo, Giovanni si rese conto che tutti loro erano perplessi da ciò che Gesù aveva fatto, ma nessuno disse nulla e non lo interrogarono—fino a che Egli arrivò a Pietro.

Pietro fu il portavoce dei dodici, e il più delle volte egli era pronto a parlare o a porre domande. In questo esempio non è stato diverso. Egli disse, facendo eco alla stessa domanda che tutti probabilmente avevano in mente: «Signore, tu lavi i piedi a me?” (vs. 6) Viene registrata quella che sembrava essere una vaga risposta del Maestro detta a Pietro “quello che faccio, ora non lo comprendi, ma lo comprenderai dopo” (vs. 7). Col sennò di poi, Giovanni sapeva com’era vero questo, e che nessuno di loro a compreso al momento quello che stava succedendo, e perché Gesù stava lavando loro i piedi. Essi avrebbero “capito in seguito,” quando furono generati dallo Spirito Santo alla Pentecoste.

“Tu non mi laverai mai i piedi,” ha risposto Pietro. “Gesù gli rispose: “Se non ti lavo, non avrai nessuna parte con me” (vs. 8). Giovanni non dice esattamente ciò che animava Pietro per rispondere così come ha fatto lui. Forse egli ha pensato che fosse troppo servile questo compito di Gesù, che solo uno schiavo o servo dovrebbe fare questo. Un’altra possibilità è che Pietro non si sentiva che aveva bisogno di lavare i piedi, dal momento che egli aveva già probabilmente osservato la legge relativa al lavaggio dei piedi prima di entrare nella camera.—Marco 7:3,4

Dato il resto del racconto, entrambe le suddette ipotesi possono essere state ragioni plausibili in Pietro, così da poter rispondere come ha fatto lui. Tuttavia, Giovanni non lo dice, perché ha capito che la vera lezione di quella esperienza doveva ancora essere rivelata dal Maestro. Non è stato così importante sapere esattamente perché Pietro non desiderava che fossero lavati i suoi piedi, ma è stato quello di imparare la lezione che Gesù era in procinto di dare nei versetti seguenti. In tal modo, Giovanni registra semplicemente l’affermazione di Gesù, che Pietro e gli altri discepoli—compresi non-avrebbero potuto avere “nessuna parte” [“Non condividere”, Weymouth Nuovo Testamento] con Lui a meno che essi non siano ammessi a questa lezione, e poter finalmente imparare.

GIÀ PULITI

Dopo aver udito queste parole, Pietro ha chiesto al Signore non solo di lavargli i piedi, ma anche le mani e il capo. (Giovanni 13:9) In questo frangente, Giovanni inizia a testimoniare la vera lezione il Maestro diede. In primo luogo, Gesù ha ricordato a Pietro che, per quanto riguarda il lavaggio letterale, egli era già pulito, perché aveva fatto il consueto lavaggio prima della cena pasquale. La sola eccezione, forse, era riguardo ai suoi piedi, che avrebbero potuto senza dubbio beneficiare della possibilità di ristoro fornito dal lavaggio. (vs. 10) Da questa risposta, Gesù ha tratto che la vera lezione fu non circa il lavaggio letterale, sia che si tratti di piedi o qualsiasi altra parte del corpo.

Continuando, Gesù disse: “Voi siete mondi, ma non tutti. Egli sapeva chi lo avrebbe tradito; perciò disse: “Non tutti siete mondi”. (Versetti10,11) Proprio come la lezione non è stata circa il lavaggio letterale, queste parole indicano che il vero insegnamento era simbolico, o spirituale, e non la pulizia del viso. “Non tutti siete mondi” in questo modo, dice Gesù, fatta eccezione per uno -Giuda, il cui cuore è stato corrotto da Satana, e ora è stato contaminato—impuro.

Giovanni, ha guardato indietro su questa esperienza attraverso la potenza illuminante dello Spirito Santo, sapeva bene che Gesù non avrebbe detto, “Voi siete mondi, ma non tutti”, se la lezione fosse stata solo quella di letterali lavaggi, e non anche di purificazione spirituale. Il lavaggio letterale era corretto e necessario per il benessere fisico del corpo, e Pietro e gli altri discepoli avevano indubbiamente preso cura di queste questioni. Ma questo non era il punto della lezione.

La Pulizia Spirituale è di assoluta importanza per il figlio di Dio. Ciascuno di essi doveva essere purificato, avere un cuore puro, e pertanto essere protetti dall’influenza del mondo e della carne nella maggior misura possibile. Varie scritture sottolineano le fonti di questo lavaggio simbolico: Dio; il sangue di Cristo; l’influenza santificatrice dello Spirito Santo; l’acqua della Parola di Verità; e la nostra piena cooperazione con tutti questi agenti di pulizia—1 Giovanni 1:7,9; Riv. 1:5; 1 Cor. 6:11; Efesini. 5:25,26; Eb. 10:22; 2 Cor. 7:1.

Come il lavaggio è simbolico per il credente consacrato, tuttavia, allo stesso modo non è stato simbolico il tema principale della lezione Gesù, prevedendo il lavaggio dei piedi dei Suoi discepoli. I discepoli riuniti nel cenacolo non avevano ancora ricevuto i benefici derivanti dal sangue di Cristo, o dalla diffusione dello Spirito Santo. Gesù, però, lesse nei loro cuori, e visto che, ad eccezione di Giuda, essi erano “puliti” nella misura in cui era possibile per loro in quel momento.

IN UMILE SERVIZIO

Tornando al racconto di Giovanni, dopo aver spiegato ai discepoli che il senso della Sua azione non era particolarmente legato al lavaggio, Gesù sedette di nuovo e chiese: “Capisci quello che ho fatto per voi?” (Giovanni 13:12) Guardando indietro, Giovanni deve aver realizzato che, al momento, nessuno di essi poteva avere risposto alla domanda del Maestro affermativamente. Egli continua, tuttavia, con il racconto di Gesù’ spiegando: “Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato un esempio, che dovevate fare come ho fatto a voi.”—Versetti 13-15

È stato corretto, Gesù disse loro di chiamarlo “Maestro e Signore”, ma Egli è stato anche lì per servirli e lo aveva appena dimostrato nel lavare loro i piedi. Questo era per lo più il lavoro di un umile servo, ma Gesù aveva preso questo ruolo. Così che, se fosse appropriato per Lui assumere il ruolo di un umile servo, quanto più lo stesso devono fare i Suoi discepoli l’uno verso l’altro. “Vi ho dato un esempio”, disse Gesù, nell’ umile servizio che dovrebbe essere reso da un compagno di corpo—verso l’altro.

Gesù ha sottolineato questa lezione usando le parole “servo,” “signore,” e “inviato”. Egli disse: «il servo non è più grande del suo padrone, né colui che è più grande di chi lo ha mandato.” (vs. 16) Ogni discepolo era un “servo” e Gesù era il loro “Signore”. Egli è stato però anche un servo e non era da considerare di per sé “maggiore di” egli, astenendosi dal servire in modo simile. Analogamente, quelli con Gesù nel cenacolo erano stati scelti per essere Suoi apostoli, che in greco significa “uno mandato” (Thayer del lessico greco) come coloro che presto sarebbero stati “inviati” dal loro Signore per predicare il Vangelo e di stabilire la Chiesa primitiva, essi non erano da considerare di per sé “maggiori di” Colui che li ha inviati a impegnarsi in questo servizio.

“ BEATI SE VOI FATE LORO”

Gesù ha concluso la sua spiegazione dicendo, “Se sapete queste cose, Felici [Benedetti] siete beati se le fate” (vs. 17). Ci sembra che queste parole abbiano una particolare importanza per il popolo del Signore oggi. Noi abbiamo saputo “queste cose,” e comprendiamo la vera lezione contenuta nel gesto di Gesù nel lavare i piedi dei discepoli, ma solo se “facciamo loro” riceveremo dal Signore approvazione e benedizione.

Il lavaggio dei piedi gli uni gli altri non dovrebbe essere considerato come che abbiano il potere di detergere o lavare dal peccato un fratello o una sorella. Come già notato, le Scritture indicano i molti mezzi mediante i quali la pulizia dal peccato è compiuta in un credente consacrato. In nessuno di questi, tuttavia, è inclusa la presunzione che sia nostra responsabilità individuare le carenze e le anomalie dei fratelli, e quindi tentare il “lavaggio,” anche se le nostre intenzioni sono buone. Ci può e ci deve essere di aiuto il fatto di essere un esempio, offrendo incoraggiamento, pregano gli uni per gli altri, il ragionare insieme sulla Parola di Dio e aiutare in altri modi, ma non con l’intento della detersione.

Proprio come Gesù spiegò quando dette questa lezione di umile servizio è anche il nostro mezzo quello di “lavare i piedi”. Oltre alla suddetta assistenza che noi possiamo rendere l’uno a l’altro, altre forme di servizio potrebbero essere incluse: impegnarsi in frequenti comunioni; fornire assistenza ai fratelli; condividere le nostre esperienze-gioie e dolori, successi e insuccessi anche—l’uno con l’altro; l’apertura delle nostre case per incontri e svago per i fratelli; visitando i malati e gli isolati; confortando i derelitti o altri nella dura prova; fornire una calda stretta di mano e un sorriso ai nostri fratelli ogni volta che li vediamo; sempre in cerca di edificare e costruire gli altri; sostenere le attività del presente lavoro di raccolta nelle sue molte forme; raccontando ai nostri fratelli che li amiamo. Queste e molte altre attività costituiscono il lavaggio dei piedi gli uni gli altri. Quale rinfrescante supporto è fornito a coloro che ricevono questi aiuti e che gioia dovrebbe essere quello di rendere tale servizio in ogni occasione!

GIUDA, IL TRADITORE

Giovanni, continuando a ricordare gli eventi che hanno avuto luogo nel cenacolo, sapeva che Matteo, Marco e Luca avevano tutti precedentemente registrato la previsione di Gesù che in quella occasione uno, seduto tra loro, lo avrebbe tradirlo, con il conseguente interscambio, che ha avuto luogo con Giuda e il resto dei discepoli. Ancora, piuttosto che rinunciare a una ripetizione di questo episodio, Giovanni fornisce ancora una volta, con ancora più dettagli degli altri scrittori del Vangelo. (Giovanni 13:18-30) Ci si può domandare perché Giovanni ha scelto di fare questo, e perché sembra prendere il via dalla lezione importante dell’umile servizio che egli aveva appena registrato.

Anche se non possiamo essere certi del suo ragionamento, Giovanni può avere visto l’opportunità di menzionare l’episodio riguardo a Giuda per la ragione che esso ha avuto luogo subito dopo la lezione del lavaggio dei piedi. Gesù ha lavato i piedi di tutti i dodici discepoli, Giuda compreso, anche se sapeva che il male era nel suo cuore. Lavando i piedi, il Signore forse ha dato una indicazione a Giuda che aveva ancora una possibilità di cambiare il suo cuore verso il pentimento, anche a quell’ ora tarda. Purtroppo questo non si è verificato. In tal modo, Giovanni ha ritenuto opportuno ribadire la considerazione riguardo a Giuda, e alla grande lezione di servizio—una lezione che Giuda purtroppo non ha imparato.

TRA POCO LI AVREBBE LASCIATI

La narrazione successiva dell’esperienza di Giovanni nel racconto della camera superiore è unica anche per il suo Vangelo, come era stata la lezione del lavaggio dei piedi. Egli ha richiamato alla memoria che, dopo la partenza di Giuda, Gesù spostò tutta la sua attenzione verso i rimanenti undici discepoli, i cui cuori erano puliti. Mentre non hanno ancora capito l’importanza di ciò che stava accadendo e hanno persino fatte domande, dimostrato la loro mancanza di conoscenza, i loro cuori erano a destra e amavano molto il loro Signore e Maestro.

Nei versetti 31 e 32 viene registrato un velato riferimento di Gesù alla Sua imminente partenza. Egli dice che sebbene Dio era già stato “glorificato in lui”, per le Sue parole e le Sue azioni—ci sarà presto una maggiore gloria manifestata nel Suo Figlio diletto. Questo sarebbe stato da quando Dio lo avrebbe « glorificato” con la natura divina. Anche se Giovanni non capisce questo al momento, lui e gli altri discepoli più tardi riconobbero che la glorificazione di Gesù doveva essere preceduta dalla Sua morte come il Redentore dell’umanità.

In parole dolci, Gesù poi parlò più direttamente: “Figlioli, ancora per poco sarò con voi. Voi mi cercherete e come ho già detto ai Giudei, dove vado io voi non potete venire; così ora io dico a voi” (vs. 33). Guardando indietro, Giovanni senza dubbio apprezzò alcune delle più difficili parole che Gesù aveva mai detto ai Suoi discepoli. Dovevano essere dette, perché sono direttamente legate alle prossime parole da Lui pronunciate che, fino a quel momento, erano come le più importanti affermazioni mai realizzate dal Maestro.

UN NUOVO COMANDAMENTO

Solo nel Vangelo di Giovanni noi troviamo queste vitali importanti parole di Gesù: “Vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Vss. 34,35). Non solo è stata questa la dichiarazione di un comandamento nuovo, ma è stato anche un momento culmine in riguardo a tutto ciò che era accaduto quella sera nel cenacolo. Essi si erano riuniti a mangiare la cena pasquale. Quasi immediatamente ci fu contesa su chi doveva essere il più grande, che ha indicato una mancanza di amore disinteressato. Gesù aveva allora dato la lezione del lavaggio dei piedi, o di umile servizio, come la manifestazione estrema di amore, anche se non hanno ancora compreso il significato delle Sue azioni. I discepoli avevano anche ricordato, osservando il carattere di Giuda, dei terribile risultati di un cuore malvagio e pieno di odio e di tradimento.

A coronamento di tutto questo, ora Gesù riassume tutta la questione direttamente nel raccontare ai Suoi discepoli e a noi, che avendo un disinteressato, amore divino l’uno per l’altro si adempiva un comandamento. Se l’amore non è sviluppato e posseduto, la nostra posizione come consacrati membri del Corpo di Cristo è in grave pericolo. È dall’amore, dice Gesù, che saremo riconosciuti da tutti gli uomini”, e da Dio, come Suoi discepoli. Non avremo alcuna parte in alcuna ricompensa nel lavorare nel Regno di Dio, se non riusciamo a adempiere questo comandamento.

IL MEMORIALE NON É CITATO

Dopo la registrazione del nuovo Comandamento dato da Gesù, Giovanni menziona lo scambio di parole che ha avuto luogo tra il Maestro e Pietro, e che Gesù concluse con la previsione che Pietro lo avrebbe rinnegato tre volte prima che la notte fosse finita (Vss. 36-38). Questo è registrato anche dagli altri tre Evangelisti, i quali lo posizionano tutti come verificatosi dopo che Gesù aveva istituito la Cena Commemorativa.–Matt. 26:26-34; Marco 14:22-30; Luca 22:17-20,31-35

Tuttavia, nel confrontare il Suo racconto sulla predizione di Pietro, circa le tre negazioni con quella degli altri scrittori del Vangelo e il loro posizionamento di questo incidente come sopra citato, si può ragionevolmente concludere che la Cena di Commemorazione ha avuto luogo prima del versetto 36 del racconto di Giovanni. Questa conclusione è corroborata dal fatto che Matteo, come Giovanni, era presente nel cenacolo, registrando l’episodio riguardo a Giuda appena prima dell’istituzione del Memoriale da parte di Gesù. (Mat. 26:21-25) Come già notato, il racconto di Giovanni riguardo a Giuda termina al capitolo 13 versetto 30, e l’inizio con il versetto 31 ha subito le transizioni per le parole di Gesù circa la sua imminente partenza, seguita dal dono del nuovo comandamento,” registrato nel versetto 35. Tenendo conto di ciò, la collocazione del comandamento nel racconto di Giovanni sembrerebbe metterlo tra versetti 35 e 36.

Se i suggerimenti sopra riportati relativi alla sequenza degli eventi nella camera superiore siano precisamente corretti, non ne possiamo essere completamente sicuri. Infatti non è di fondamentale importanza per la nostra comprensione delle lezioni importanti di quelle ore essere certi della sequenza esatta. Tuttavia, si può giustamente chiedere perché Giovanni non fa menzione dell’ istituzione del Memoriale, da parte di Gesù, né degli del emblemi simbolico “pane” e “frutto della vigna”, poiché questi avevano tale significato importante, com’è illustrato in dettaglio nella parte 1 del presente articolo.

Giovanni senza dubbio sapeva che Matteo, Marco e Luca avevano dato tutte le notizie specifiche della celebrazione memoriale nel cenacolo. Anche lui era probabilmente a conoscenza del fatto che più tardi l’apostolo Paolo aveva ribadito le istruzioni di Gesù, com’è registrato in 1 Corinzi 11:23-28. Da quando Giovanni scrisse il suo Vangelo, alla fine del primo secolo, i fratelli consacrati avevano osservato il memoriale per oltre sessanta anni. Per questi motivi dobbiamo supporre che Giovanni può avere ritenuto superfluo ripetere questa parte della serata, ed il racconto degli eventi, semplicemente scegliendo di lasciarlo fuori.

MANGIARE LA SUA CARNE E BERE UL SUO SAGUE

Mentre Giovanni non ricorda l’istituzione del Memoriale del Signore nella camera superiore, egli fornisce una testimonianza importante sul tema del corpo e del sangue di Gesù. In Giovanni 6:26-66, è riportato il discorso di Gesù sul pane della vita, la Sua carne e il Suo sangue, il requisito dei Suoi seguaci nel “mangiare” la Sua carne e “bere” il Suo sangue e la spiegazione del fatto che questo non era da considerarsi letteralmente, ma che mangiare e bere di Lui significa “vita” da Lui.

Abbiamo citazione di questo passaggio delle selezionate parole di Gesù: «Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna, che il Figlio dell’uomo vi darà”. “Io sono il pane della vita chi viene a me non avrà mai più fame e chi crede in me non avrà mai più sete.” “i vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo affinché uno ne mangi e non muoia. Io sono il pane vivente che è disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno or il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo”. “In verità in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi.” “Perché la mia carne è veramente cibo e il mio sangue veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre vivente mi ha mandato ed io vivo a motivo del Padre, così chi si ciba di me, vivrà anch’egli di me.” “è lo spirito che vivifica, la carne non giova a nulla; le parole che vi dico sono spirito e vita».

Come sono vere queste ultime parole. (vs. 63) mangiando letteralmente la carne e bevendo il suo sangue “non giova a nulla.” è piuttosto alimentandosi e appropriarsi delle parole da Lui pronunciate, l’esempio dimostrato e il sacrificio che ha fatto per ciascuno, è sotto la guida dello Spirito Santo, che dà la «vita» ai Suoi seguaci consacrati—questo è ciò “che vivifica”. Giovanni si rese conto di queste parole del Maestro, anche se non ha parlato del cenacolo, diede l’essenza di ciò che si intende con la partecipazione al Memoriale prendendo gli emblemi.

Forse non è una sorpresa che questo discorso di Gesù, parzialmente sopra citato, e che dal suo punto di vista più di sessanta anni dopo, Giovanni può avere visto che la celebrazione memoriale, in una certa misura, si era trasformata in un rituale di osservanza. Così, nella sua prospettiva del significato del Memoriale, sentiva che era più importante sottolineare la maggiore lezione spirituale e applicazione quotidiana dei principi enunciati nei suoi simboli, piuttosto che le istruzioni specifiche fornite nel cenacolo riguardante la sua ricorrenza annuale.

GIOVANNI CONCLUDE IL SUO RACCONTO

Dopo la registrazione di Gesù” dando il nuovo comandamento,” Giovanni termina la sua testimonianza del cenacolo, e sceglie di non ripetere il memoriale fornito dagli altri tre Evangelisti. Così facendo, egli rimane sul grande comandamento, nella totalizzante lezione di quei momenti trascorsi con i Suoi discepoli. Giovanni capiva che senza amore, la partecipazione al Memoriale, mangiare gli emblemi sarebbe risultata inutile, e risultava come farlo “indegnamente.” (1 Cor. 11:29) Com’è deludente e indegno di realizzare il collegamento vitale tra il mantenimento di questo annuale Memoriale e il compimento del comando di Gesù di amarci l’un l’altro.

I racconti di Matteo e di Marco indicano che dopo l’osservanza del memoriale, Gesù e i Suoi discepoli cantarono un inno e cominciarono il loro cammino verso il monte degli Ulivi, dove si trovava il giardino dei Getsemani. (Mat. 26:30; Marco 14:26) In questo lasso di tempo, Gesù ha dato il Suo messaggio finale ai discepoli e poi pregò per loro. Ancora una volta, solo Giovanni registra tutte queste importanti parole, trovate nei capitoli 14-17. In esse ci sono verità spirituali che loro dovrebbero comprendere una volta generati dallo Spirito Santo e che tutti i credenti consacrati attraverso le Età del Vangelo sono venuti a conoscere e ad applicare nel loro cammino cristiano. Che bello sapere che sono inclusi nel messaggio e nella preghiera che Gesù ha dato. Egli ha pregato non solo per gli undici discepoli, “ma anche per quelli che crederanno in me per mezzo della loro parola che tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anche essi in noi una cosa sola.”—Giovanni 17:20,21

Il racconto di Giovanni del cenacolo—soprattutto la lezione di umile servizio e il dono del comandamento nuovo – è l’unico resoconto da parte del Maestro, del messaggio finale e della preghiera. Come siamo grati che in questa Età il saggio apostolo abbia visto la necessità di includere queste esperienze della chiusura terrena del ministero di Gesù nel suo Vangelo. Cerchiamo di emulare Giovanni nella prospettiva di completare il nostro cammino di servizio umile e fedele amore fino alla morte.



Associazione Studenti Biblici Aurora