AURORA
Maggio-Giugno 2004

Contenuto Di Questo Numero

  1. Pilato Gli Chiese: "Se Tu Re?" (Continuazione)
  2. "Andate, dunque e ammaestrate tutti i popoli"
  3. L’Epifania Biblica
  4. L’Epifania Dura Un Periodo Di Tempo
  5. L’Epistola Agli Ebrei
  6. Altri Figliuoli Di Dio
  7. Un Sacerdozio Spirituale
  8. Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec

Continuazione Dell’Articolo

Pilato Gli Chiese: "Se Tu Re?"

Veramente il mondo ha bisogno d’essere salvato ed aspetta questa salvezza con la liberazione che, secondo le promesse di Jehovah, raggiungerà i popoli per mezzo di Cristo, il quale nacque nel mondo quale "semenza" che, germogliando, apporterà tutte le ricche benedizioni, promesse alle famiglie della terra.

Egli sarà il grande dispensatore di vita, il mediatore fra Dio e egli uomini, il "Principe della Pace" ed il suo regno dovrà estendersi su tutte le nazioni— Isaia 9:5-6; Zaccaria 14:9.

In effetti, il Salvatore preannunziato era stato munito da Dio di una eccelsa potenza. Gli angeli ebbero lo speciale privilegio d’annunziare nella memorabile notte, ai pastori, sulle colline della Giudea la nascita di questo Principe, da lungo tempo atteso.

Ora, donde venne questo meraviglioso fanciullo? La parola di Dio è più che precisa al riguardo: al primo capitolo di Giovanni, apprendiamo che Gesù, nella sua esistenza pre-umana, era il Logos, ossia la Sapienza di Dio che prese parte a tutta l’opera creativa. Tale sapienza, dice l’Apostolo, fu fatta carne ed abitò fra noi. Così, fu realizzato la prima fase della promessa di Dio, d’inviare un suo messaggero sulla terra, il suo portavoce perché facesse conoscere l’amore suo all’umanità decaduta, Per quale motivo, questo messaggero, di tanta alta origine, venne sulla terra nelle note, modeste condizioni e, quindi, privo della gloria e dello splendore che gli si addicevano?

L’Apostolo scrisse che "fu fatto di poco inferiore agli angeli onde gustasse la morte per tutti"—Ebrei 2:9.

Poiché l’uomo fu creato di poco minor degli Angeli, Gesù fu abbassato alla natura umana per costituire il prezzo corrispondente di Adamo. Egli fu fatto carne, per soffrire la morte per tutti e non per divenir un re umano su tutte le nazione. E raggiunse lo scopo principale della sua venuta, proprio allorché soffri quella morte. Egli disse ai suoi discepoli: "Il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo" (Giov. 6:51) e, sulla croce, nel Golgota, compi volontariamente questo sacrificio.

La via della ristorazione e del ritorno alla vita è stata aperta all’umanità, per mezzo della morte dell’Uomo Cristo-Gesù. E Paolo proprio ciò voleva esprimere, allorché scrisse: "… al presente non vediamo ancora che tutte le cose siano sottoposte (all’uomo); ma ben vediamo colui che è stato fatto di poco inferiore agli, angeli, cioè Gesù … onde, per la grazia di Dio, gustasse la morte per tutti"—Ebrei 2:8-9.

Un passo importante è stato compiuto nell’opera divina, concernente la liberazione del genere umano, anche se l’uomo permane nel suo decadimento, continua a morire, è ancora succube del peccato e dell’egoismo, pratica la violenza delle armi nelle continue guerre che promuove.

Oggi, le più geniali scoperte, fatte dagli scienziati, si trasformano in strumenti bellici d’una così alta potenzialità distruttiva, da porre in pericolo l’esistenza dell’umanità sulla terra. Tuttavia, la prima fase della manifestazione divina, con la quale il Creatore ha manifestato la sua volontà di liberarci dalle catene della morte, costituisce un fatto compiuto.

Se costatiamo che gli uomini muoiono ancora, sappiamo, però, che Gesù è morto per l’umanità. Ed in ciò individuiamo il principio del compimento del piano divino, atto a salvare l’uomo dalla morte, a restituirlo alla vita perfetta ed alla perduta dignità regale, in una condizione di "poco minore degli angeli … coronato di gloria e d’onore."




"Andate, dunque e ammaestrate tutti i popoli" (Matteo 28:19)

E’ scritto che Gesù, messo a morte, quanto alla carne, fu vivificato in ispirito (I Pietro 3:18), che, come uomo, abbassò se stesso e divenne un poco inferiore agli angeli, ma alla risurrezione, divenne altresì di tanto superiore agli angeli, quanto il nome che ha ereditato è più eccellente del loro—Ebrei 1:4. E’ancora scritto di Gesù che egli è stato innalzato al di sopra degli angeli, di ogni principato e autorità d’ogni altro nome che si nomina; che siede alla destra della divina Maestà e governa l’intero universo— Efesi 1:20-23; Filippesi 2:5-11; Ebrei 10:12.

L’uomo costuma onorare i suoi eroi e compensare coloro che rischiano la vita per salvare quella degli altri. In tale prassi si vuole ravvisare un atto di giustizia, che costituisce una imitazione di quanto compì il Creatore, onorando Gesù per la sua fedeltà concedendogli una posizione di gloria ed immorta- lità, allorché lo innalzò al di sopra degli angeli e di ogni altro nome e podestà.

L’Eterno, per la cui potenza e sapienza fu creato l’universo, risuscitò Gesù e lo rivesti d’una natura superiore a quella degli uomini e degli angeli: la natura divina.

L’uomo, scomponendo l’atomo, è riuscito a liberare una energia, che, finora, gli era stata sconosciuta, con cui può distruggere l’umanità intera, mentre Iddio non incorse in tale pericolo creando, per primo, quell’energia.

Da ciò si deduce la sua eccelsa ed incomparabile superiorità e potenza su tutto ed in tutto e per la quale elevò Gesù alla sua destra, dandogli ogni podestà in cielo ed in terra—Matteo 28:18.

L’intervento divino a favore di Gesù, condannando a morte ingiustamente, ebbe un effetto enorme ed inaspettato sui destini del mondo. Se la scoperta dell’energia atomica ha introdotto nel mondo un’era nuova, non può sorprendere che la manifestazione della potenza di colui che creò l’atomo segni l’inizio di una età nuova, l’era cristiana, che decorre dal periodo intermedio fra la prima e la seconda venuta di Cristo.

Bisogna evitare di formarsi un errato concetto sul significato dell’era cristiana. Molti eventi si sono svolti in nome del cristianesimo, dai quali non si trasse né si poteva trarre la minima ispirazione. Può, in effetti, essere considerato cristiano il movente che spinge due nazioni cristiane a combattere l’una contro l’altra?

Le famigerate "crociate" non ebbero nulla a vedere con Cristo e così la sedicente "santa inquisizione," composta d’elementi pervertiti, antisociali ed inumani, quali non ve ne furono pari in altri tenebrosi evi ed in ultimo l’efferata persecuzione contro gli ebrei, vittime d’un ingiustificato ed aberrante odio razziale.

La dottrina dei tormenti eterni, riservati ai malvagi, non ha nulla di cristiano, ma serve a soggiocare i popoli col superstizioso panico che sprigiona. Le messe per i morti che, come dicono, suffragano le anime del purgatorio, accorciando il periodo delle loro sofferenze, non sono giustificate né dagli insegnamenti di Cristo, né da quelli apostolici. La pratica delle indulgenze, le immagini benedette et similia, praticate per spillar moneta, non rivestono alcun carattere dell’autentico cristianesimo e costituiscono delle empie usanze: perché non contemplate nell’opera di Dio.

La parola "cristianità," ormai caduta in disuso, non ha mai indicato alcuno che-prosume essere cristiano. Gli stati d’Europa, associati alla chiesa, s’arrogano il titolo di stati cristiani o rappresentanti del Regno di Cristo, al quale non avevano diritto. L’unione della chiesa con lo stato fu predetta dalla Bibbia ed indicata con l’immagine della prostituzione spirituale.

La Babbia, parlando del connubio fra chiesa e stato, addita la figura di una donna dissoluta, seduta sul dorso di una bestia di color scarlatto, che inebria tutte le nazioni col vino della sua fornicazione— Apocalisse 17:2.

Nessuna meraviglia, dunque, se le Nazioni europee nutrirono reciprocamente odii feroci e promossero continue guerre e spargimenti di sangue, proprio durante l’aureo periodo, durante il quale la chiesa detenne un vasto ed incontestato potere. Ora, tal nefasto regime non aveva, né poteva avere alcunché di cristiano, né entrava a far parte dello svolgimento del piano divino.

Le innumerevoli perversità, compiute nel nome di Cristo, furono e sono opera di uomini malvagi ed egoisti i quali hanno seminato e seminano la confusione nei cuori di milioni di persone, falsando lo scopo ed i principii dell’Evangelo, in modo tale che, oggi, molti hanno perduto ogni fiducia nella Bibbia. Ai nostri giorni, molte persone, di alta levatura intellettuale, opinano che una religione, la quale è in combutta con i propugnatori del male, è nefasta alla umanità che, per il suo bene, dovrebbe ripudiarla.

Noi consigliamo coloro che desiderano conoscere la verità, di persistere nell’accurato studio della Bibbia, sicuri che in essa troveranno le gemme più genuine, il cui splendore eliminerà i dubbii, le superstizioni e le tradizioni che la offuscano.

Alla luce degli avvenimenti attuali, le verità, desunte dallo studio della Bibbia, spandono un chiarore celeste. Esse squarciano l’oscurità e permettono di discernere il giusto cammino da percorrere per giungere alla pace interiore ed alla vita eterna, promesse da Dio nella sua Parola.

Quale è stata, dunque, l’opera di Dio nei riguardi della terra, dopo che Gesù ascese al cielo? Essa è da individuare nella grande e benefica influenza, esercitata dalla sacra Bibbia, la quale ha trasformato eticamente e moralmente il mondo.

D’altronde, se alcune nazioni hanno mancato di mettere in pratica le massime cristiane nelle loro relazioni, ciò non può, né deve significare che il cristianesimo sia venuto meno al suo compito. La missione che Gesù affidò ai discepoli, per quanto strano possa sembrare, non era di convertire il mondo in questa età, ma di annunziare l’Evangelo a tutte le nazioni: "Questo evangelo del regno sarà predicato per tutto il mondo, onde ne sia resa testimonianza a tutte le genti e allora verrà la fine"—Matteo 24:14. Le Scritture non dicono che, nell’età dell’Evangelo, tutte le nazioni avrebbero aderito ai principii di Cristo, ma che, da queste, Iddio avrebbe tratto "un popolo del suo nome"—Atti 15:14.

Il nuovo Testamento parla a lungo circa la scelta di questa classe d’eletti ai quali fu concesso il privilegio di soffrire fino alla morte, con Cristo, per regnare, poi, con Lui, partecipando alla sua gloria e sedendo sul suo trono. Gesù ascese al cielo per preparare loro un luogo e poi ritornare ed accoglierli presso di se, affinché dové lui siano anche loro— Giovanni 14:1-3; Romani 8:17; 3:21.

Tutte queste meravigliose promesse, riunite, suffragano il concetto, secondo cui i discepoli di Cristo, che seguono fedelmente le orme del Maestro, in questa età dell’Evangelo, saranno elevati al disopra degli angeli, alla natura divina che il Padre celeste dette al suo Figliuolo. L’Apostolo denomina questa disposizione divina nei riguardi dei discepoli "la celeste vocazione"—II Pietro 1:4, Ebrei 3:1.

La vocazione e l’elezione dei coeredi di Cristo, di coloro, cioè, che hanno accettato, con fedeltà assoluta, l’Evangelo, costituiscono parte dei disegni di Dio, per questa età dell’Evangelo.

L’inizio della realizzazione del Piano divino ebbe luogo alla Pentecoste, allorché la potenza invisibile di Dio, lo Spirito Santo, discese sui discepoli riuniti, illuminando le loro menti e concedendo loro la potestà di insegnare e proclamare gli Oracoli di Dio. In quel giorno, l’effetto della predicazione dell’Evangelo fu mirabile, ma, ben presto, all’entusiasmo dei credenti, si aggiunse una spietata persecuzione, frutto del pregiudizio e della intolleranza che rinnovò la lotta tra le tenebre e la luce: lotta che persiste anche ai nostri giorni e nella quale la verità ed i suoi difensori sono sempre apparsi sotto l’aspetto di sconfitti. E così avvenne nei riguardi di Gesù, il quale, malgrado fosse stato "la luce del mondo", fu messo a morte.

Gesù disse ai suoi discepoli: "voi siete la luce del mondo," ma, per quanto essi facessero risplendere tale luce con il massimo impegno, riuscirono solo a diffonderne un debole bagliore, nel tenebroso e corrotto mondo, e furono avversati, perseguitati e trucidati. Ma tutto ciò Gesù lo aveva predetto, quando disse loro: "nel mondo voi avrete tribolazione, ma fatevi animo, io ho vinto il mondo"—Giovanni 16:33.

Tutti i discepoli di Gesù hanno vinto il mondo, non conquistandolo o governandolo per mezzo del potere militare o civile, ma riportando la vittoria sui loro istinti carnali, permeate di egoismo, e donando la loro vita in sacrificio, al fine di porre le basi per le future benedizioni, in favore del rimanente dell’umanità.

La verità ed i suoi seguaci non finiscono sempre sul patibolo: ma, più che di patibolo, deve parlarsi di altare simbolico ove si consuma un sacrificio gradito a Dio, il cui popolo, come Gesù, ha adempiuto la sua volontà, camminando nella via stretta.

I discepoli di Cristo hanno appreso dal Maestro ad amare i propri nemici. In tal modo essi si sono preparati a partecipare con Cristo all’opera futura di benedizione e restaurazione del genere umano sulla terra. Ecco, dunque, in che cosa consiste l’opera di Dio, durante l’età del Vangelo, nella quale si rileva una sapienza ed una misericordia mai esplicata nel passato.

Paolo definì i cristiani "operai nell’opera di Dio" —2 Corinzi 6:1. Certo, il Signore, nella sua onniscienza, non ha bisogno dell’aiuto limitato dell’uomo, debole e mortale, però ha voluto così ed avrà avuto le sue ragioni.

Gesù, fra i tanti attribute, ha anche quello di "mediatore" ossia di intermediario tra Dio e gli uomini, i quali, per mezzo suo, otterranno la riconciliazione col Creatore. Perciò i suoi discepoli sono eletti "ministri della riconciliazione" (2 Corinzi 5:18), giacché, quali rappresentanti del genere umano, uniti a Gesù, prenderanno parte all’opera di riconciliazione di Dio con l’umanità.

Le promesse, relative a questa vocazione celeste dei discepoli di Gesù, sono state male interpretate, poiché molti hanno creduto che il proposito di Dio sia quello di trasferire nel cielo il maggior numero di uomini, in quanto, il destino di costoro non sarebbe terreno, ma spirituale. Di conseguenza, secondo tale teoria, tutti coloro, che hanno accettato Cristo quale personale Salvatore, dopo la morte, andrebbero al cielo, mentre gli altri all’inferno, a soffrire tra interminabili tormenti.

L’opera dei cristiani, durante la presente dispensazione, consisterebbe nel procurare la salvezza al maggior numero di persone, onde preservarli da tali tormenti eterni.

Queste false interpretazioni del piano di Dio hanno impedito agli uomini, in generale, di conoscere il proprio destino. E ben pochi sono coloro che hanno tenuto nella giusta considerazione le promesse divine in una "risurrezione" e "restaurazione," che offriranno a tutti la possibilità di vivere eternamente sulla terra.

Le promesse del Creatore, relative ad una vita futura, spirituale e celeste, coronata di gloria e di onore, sono offerte solo ad una classe, composta di fedeli discepoli di Cristo, la quale, secondo l’esempio del Maestro, ha saputo conseguirle.

Il lettore superficiale della Bibbia non può comprendere che, durante la presente età dell’Evangelo, Dio va compiendo la sua prestabilita opera di selezione della Chiesa di Cristo, che glorificherà elevandola al di sopra degli angeli, dei principati e di ogni potenza, perché costituisca, con Cristo, la sorgente di vita e di benedizioni per tutta l’umanità.

L’opera, che Dio compie in questa epoca, ebbe inizio il giorno della Pentecoste ed andò sviluppandosi all’insaputa del mondo. Il suo significato e la sua azione sono così estesi e sorprendenti, che solo pochi uomini arrivano a comprenderla. Son queste le ragioni per le quali il messaggio del Regno di Dio viene deformato nella sua essenza.

L’umanità, intanto, geme nelle pene e nelle sofferenze, derivanti dal peccato, in attesa della manifestazione dei figliuoli di Dio, "ed anche noi, che abbiamo le primizie dello spirito dice Paolo-anche noi stessi gemiamo, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo—Romani 8:22-23.




L’Epifania Biblica

In questo studio, esamineremo l’impiego biblico del termine Epifania, nonché quei pensieri che vi si collegano. C’ è da ricercare che detto termine, pur essendo d’uso corrente nel linguaggio italiano, non s’incontra nelle versioni della Bibbia di detta lingua, come nemmeno si trova in quella francese e inglese. Tuttavia, il termine greco epifaneia è citato in 6 passaggi nel Nuovo-Testamento originale, redatto, come c’è noto, in lingua greca. Difatti, lo troviamo in 2 Tess. 2:8; 1 Tim. 6:14; 2 Tim. 1:10; 4:1,8 e in Tito 2:13.

Per arrivare a comprendere bene quello che significa questo termine, occorre esaminare i seguenti elementi:

1° il termine epifania deriva dal greco epifaino;

2° il significato è tratto, fondamentalmente, dal verbo faino;

3° epi è un prefisso di faino;

4° tale prefisso sta a rinforzare il senso del termine;

5° tutti i passaggi della Bibbia, nei quali si trova citato tale termine;

6° i differenti usi fattine da le citazioni Scritturali;

7° il senso generale dell’idea, attribuita a questo termine, dalle Scritture.

In primo luogo, si rileva che il termine epifania non è un vocabolo semplice, ma composto da due voci: la preposizione epi, che significa sopra o su ed il verbo faino, che significa apparire, divenir manifesto. La preposizione, che compone il termine, consolida la idea espresso fondamentalmente da faino e, quindi, epifaino (in senso neutron) significa apparire [brillare con splendore]; (in senso attivo): far veder conchiarezza, rendere manifesto, Da codesti dati ci risulta il significato preciso del termine epifania, cioè apparizione, o manifestazione, in splendore. Generalmente, questo termine viene adoperato, allorché, dapprima si parla circa qualcosa d’oscuro, o invisibile, che, poi, appaia, o diviene visibile: materialmente, o moralmente.

Studiando i testi del Nuovo Testamento, ove è adoprato questo termine, possiamo renderci perfettamente conto delle precedenti delucidazioni, ma, prima di esaminare i sei passaggi, nei quali troviamo citato il termine epifania, citeremo, con qualche utile delucidazione, quattro passaggi del Nuovo Testamento, i quali contengono il termine radicale di epifaino. E, onde i lettori abbiano una più chiara visione di quanto enunciamo, trascriveremo in maiuscule i termini - radicali.

1° "L’AUORA (il sole levante: Cristo) dall’alto ci visiterà, per RISPLENDERE SOPRA (per spandere la luce della Verità su) quelli che giacciono in tenebre, ed ombra di morte, per guidare i nostri passi verso la via della pace" (Luci 1:78,79). Quì si rileva chiaramente, che l’Apostolo si riferisce a Gesù (Giov. 1:9; 8:12; 9:5), qal Colui che manifesta chiaramente le vie di Dio, sia ad ì peccatori, che ai suoi fedeli Santi.

2° "E, non APPARENDO né sole, né stelle, già da molti giorni, ed essendoci sopra una piccolo tempesta, era ormai tolta ogni speranza di scampare" (Atti 27:20). In questo passaggio, si fa riferimento agli astri celesti, i quali, non apparendo, restano invisibili.

3° "Poiché la grazia (favore) di Dio, salutare, per tutti gli uomini, è APPARSA e ci AMMAESTRA a rinunziare alle empietà ed alle mondane concupiscenze, e vivere in questo mondo temperatamente, giustamente e piamente" (Tito 2:11-12). Sembra che l’Apostolo voglia dir che il messaggio dell’Evangelo, pura espressione del favore divino, sia stato chiaramente manifestato, per la salvezza dell’intera umanità e che, quale una brillante luce, insegna, in un modo speciale, al popolo di Dio, come deve vivere santamente.

4° "Ma quando la benignità di Dio, nostro Salvatore, ed il suo amore verso la umanità sono MANIFESTATI…(Tito 3:4). In questo passaggio, ’manifestati’ (o, apparsi), si riferisce all’Evangelo il quale ha fatto risplendere nei nostri cuori la bontà e l’amore di Dio.

Da queste quattro citazioni, si rileva che le spiegazioni date, circa il precitato significato del termine epifania, sono esatte, nell’indicare ’il risplendere fulgidamente, o ’manifestarsi con) la massima chiarezza’.




L’Epifania Dura Un Periodo Di Tempo

Riflettendo, con attenzione e devozione, i sei passaggi nei quali è adoperato il termine "epifania", si rileveranno i due sensi differenti, in cui vien adoperato: 1°) l’azione di far apparire, o presentar, dei personaggi, dei principii e delle particolarità — dapprima oscure, o nascoste-rendendole manifeste, in mirifica maniera, mediante la fulgente Verità; 2) lungo il periodo della seconda venuta di nostro Signore, su la terra, la Verità brillerà in tal maniera, da fare apparire-rendendoli manifesti-dei personaggi, dei principii e delle particolarità, sino ad allora tenuti nascosti, o nell’oscurità (1 Cor. 4:5). Ora, esporremo, nell’ordine della lor chiarezza, nonché delle spiegazioni, i passaggi, nei quali il termine epifania [la cui traduzione sarà indicata in maiuscolo] è adoperato col significato di esplicare l’azione di far apparire dei personaggi dei principii, delle particolaritá, precedentemente oscuri, o nascosti: rendendoli manifesti, mediante la Verità, fulgente nella sua mirifica luce:

1° "Iddio ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non secondo l’opere nostre, ma secondo il proprio proponimento e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù, avanti i secoli, e che ci è stata manifestata ora, con l’APPARIZIONE del Salvatore nostro, Gesù Cristo, il quale ha distrutto la morte ed ha prodotto in luce la vita e l’immotalità mediante l’Evangelo" (2 Tim. 1:9,10).

In questo passaggio, il Piano di Dio e i favori che Egli ha preparati per il Suo popolo, sin dall’inizio del mondo, sono indicati chiaramente, quali RIVELATI dall’EPIFANIA, chiara manifestazione di tutti gl’insegnamenti di Gesù, rispetto ai personaggi, ai principii ed alle particolarità. Fra tutte queste cose, che Gesù ha chiaramente indicate, mediante i dettami dell’Evangelo della Verità divina, S. Paolo indica la vita e l’incorruttibilità. Questo passaggio conferma la nostra prima spiegazione dell’impiego del termine ’epifania’ nel Nuovo Testamento. Si rilevi, però, che in questo testo, il termine in questione si riferisce al primo soggiorno di nostro Signore su la terra.

2° "Quando Cristo sarà manifestato (e lo vedremo, saremo con Lui e saremo simili a Lui)— Colos. 3:4; 1 Giov. 3:2—e l’APPARIZIONE della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore, Cristo Gesù…[si effettuerà]"—Tito 2:13. Occorre rilevare che l’espressione "la gloria del nostro grande Iddio e Salvatore, Gesù Cristo" non deve essere intesa, come alcuni pretendono, nel senso di una luce splendente agli occhi nostri, ma in quello dello splendore del Suo carattere, nella perfezione, uguale a quella di Dio, il Padre Suo: fulgente per Sapienza, Potenza, Giustizia ed Amore (Isaia 6:3; Salmo 72:19; Num. 14:21; Apoc. 4:8; 15:3,4). Questo passaggio indica che I figliuoli di Dio hanno da attendersi 2 mirifici eventi, alla seconda venute di nostro Signore, su la terra. Cioè: 1°) la realizzazione della loro speranza di vederLo, d’essere con Lui, ed essere a Lui simili; 2°) una chiara manifestazione dello splendore del carattere di Gesù Cristo, su tutta la terra, alla stessa maniera in cui, ora, il cielo è ripieno della Gloria di Dio. Perciò, questo passaggio tratta la manifesta- zione del glorioso carattere di Dio, che rifulge nel volto di Gesù Cristo (2 Cor. 4:4), mediante la Verità, splendente in maniera particolare. E ciò, come o’indica il nostro testo, dovrà essere compiuto durante il corso del secondo soggiorno di nostro Signore su la Terra.

3° "E allora sarà manifestato l’empio, l’anticristo, che il Signor Gesù Cristo, col soffio (il potere) della sua bocca (la Bibbia, la Verità è la bocca con la quale parla il Signore (Giov. 17:17) distruggerà ed anienterà, ed annienterà con l’apparizione della venuta Sua (della Sua Presenza)—2 Tess. 2:8. Questo passaggio indica che la potente e gloriosa Verità di Dio brillerà d’un tanto vivido splendore da rivelar, in pieno, la natura del Papato rendendola manifesta, nei suoi insegnamenti, nel suoi effetti; dando agio al Signore alla Sua Seconda venuta-di annientare l’anticristo [il Papato]: non gli aderenti, ma il sistema, l’organizzazione.

4° "Del rimanente, m’è riservata la corona di giustizia, che il Signor, il giusto giudice mi assegnerà, in quel giorno, (quello del giudizio); e, non solo a me, ma a tutti quei che avranno amato la Sua APPARIZIONE" (2 Tim. 4:8). Questo testo concerne, indubbiamente, il secondo soggiorno di nostro Signore su la terra, all’ultimo giorno, allorquando concederà a tutti i servitori di Dio "la ricompensa" (Apoc. 11:18), che essi hanno attesa, con gioia, onde poterla ottenere nella. Sua manifestazione, e, cioè, nella gloria e nello splendore del Suo Potere, delle Opere Sue e della Sua Parola.

Così, dal rapido esame dei testi citati, abbiamo appreso che il termine Epifania indica l’azione di far vedere [o discernere], rendere manifesti dei personaggi, dei principii e degli eventi particolari della Verità, in tutto il suo splendido fulgore.

Tuttavia, negli altri 2 testi, APPARIZIONE è adoperata con una leggiera variante, rispetto al precitato senso, poiché designa il periodo di tempo, nel cui corso, il Signore renderà manifesto quant’enunciato al precedente paragrafo, circa la Sua presenza [seconda]. Perciò, esamineremo i due testi, al fine di porre in risalto quanto già abbiamo accennato:

Io t’ingiungo d’osservare il comandamento divino, da uomo immacolato, irreprensibile, sino all’APPARIZIONE del nostro Signore Gesù Cristo, la quale sarà a suo tempo manifestata (fatta conoscere) dal beato ed unico Sovrano, il Re dei re, e Signore dei signori (1 Tim. 6:14,15).

Nell’esprimere questingiunzione, l’Apostolo non potea, certo, indirizzarla a Timoteo solo, tanto più che costui morì a l’incirca 18 secoli prima del tempo nel quale doveva aver inizio l’Epifania. Or, siccome Gesà, frequentemente, s’indirizza a tutti i Suoi discepoli dell’Età Evangelica [ai Suoi Apostoli], cosi l’Apostolo Paolo, scrivendo a Timoteo, si rivolge a quanto sembra-al popolo del Signore, in generale, incoraggiando i componenti d’esso a conservarsi fedeli, sino al periodo del ritorno di nostro Signore. Ed indica tal tempo ’Apparizione’, ossia l’EPIFANIA, la quale renderà manifesti i distinti periodi in cui, Gesù prenderà il potere, per regnare su la terra: qual Re dei re, e Signore dei signori, nella gloria del Millennio (Apocalisse 11:15-18; 19:6-16; 20:4-6). Questo passaggio indica chiaramente che il termine "EPIFANIA" s’applica ad un periodo di tempo, incui avrà corso il 2° innalzamento del Signore.

2° "Io te ne scongiuro, nel cospetto di Dio e Cristo Gesù, che ha da giudicare i vivi e i morti, e per la Sua APPARIZIONE , e per il Suo Regno" (2 Tim. 4:1).

Le Scritture ci danno la sicurezza che Gesù e la Sua Sposa eletta (la Chiesa) giudicheranno i morti, durante i mill’anni del Suo Regno (Salmo 72:1-19; 22:29-31; Rom. 14:9; Filip. 2:9-11; Apoc. 1:6; 5:10; 1 Cor. 6:2; Matt. 19:28; Luca 22:29,30; Abdia 17:21; Apoc. 14:1). I viventi (angeli decaduti) saranno, dunque, giudicati-secondo questo passaggio-durante la Sua APPARIZIONE, cioè alla Sua EPIFANIA, la quale, di conseguenza, è un periodo di tempo che decorrerà dal 2° innalzamento di nostro Signore.

I 2 testi, or citati, c’insegnano, quindi, che il termine EPIFANIA significa un periodo di tempo, che si riferisce al ritorno di nostro Signore, periodo, nel cui corso, la terra sarà inondata dalla Sua Verità ed ogni cosa sarà messa in luce: avanti che Egli e la Sua Chiesa inizieranno a governare nel loro Regno Millenniale. Di quì riveliamo che le-2-definizioni del termine "Epifenia" sono estatte: 1° c’è l’azione, nel rendere manifesti dei personaggi-dei principii e delle particolarità, mediante la Verità fulgente in mariera speciale, 2nd è il periodo di tempo che si collega al ritorno di nostro signore "Gesù Cristo", lungo il cui corso saranno resi manifesti, la Verità fulgante d’un special fulgore de i personaggi, dei principii e delle importanti particolarità.




L’Epistola Agli Ebrei

L’EPISTOLA di Paolo agli Ebrei costituisce un documento di pregevole importanza fra i Libri del Nuovo Testamento. Benché non ci sia espresso, sembra assai probabile che questa lettera sia stata indirizzata ad un gruppo particolare o congregazione di Ebrei convertite al Cristianesimo, e siamo indotti a trarre questa deduzione dal costatare che coloro ai quali era destinata, essendosi affievoliti nello zelo e nella fede per la causa cristiana, avevano bisogno d’essere incuorati a perseverare nella fedeltà.

Il testo della epistola contiene parecchie esortazioni rivolte ai fratelli onde fossero tenaci, pazienti e facessero attenzione. Nel capitolo 2 al 1. versetto troviamo questa espressione di chiaro indirizzo cristiano: "Perciò bisogna, che ci atteniamo vie più alle cose udite, che talora non siam portati via lungi da esse". Tale esortazione, conserva ancora oggi la sua attualità, poiché s’incorre facilmente nello scoraggiamento e nell’acquiescènza del sobillatore che allontana dal nostro cuore e dal nostro spirito le preziose verità contenute nella Parola di Dio per sostituirle con le vane cose di questo mondo.

In questa Epistola Paolo fa risaltare che le "cose che abbiamo intese" sono state dette dal Diletto Figlio di Dio, Cristo Gesù. Il 1. versetto dice: "Iddio, dopo aver in molte volte e in molte maniere, parlato anticamente ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi, mediante il Suo Figliuolo ch’Egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale pure ha creato i mondi".

Poiché l’Epistola fu scritta allo scopo di fortificare la fede dei credenti ebrei, era appropriato e giustifi- cato che Paolo richiamasse l’attenzione sull’argomento riflettentesi all’aver Dio parlato ai loro padri per mezzo dei profeti, come ora parlava per mezzo di suo Figlio. Dio non cambia e le verità che Egli rivela per mezzo di modo in cui dovrebbe governare l’universo, invitandolo a seguire la nostra volontà. Pensiamo che ci sia già di troppo della gente che prega in tal modo e che, meno la imitiamo, meglio sarà. Rispondendo ad una domanda dei suoi discepoli, il Maestro diede loro una semplice preghiera, certamente differente da quelle offerte dalla grande maggioranza della gente, la quale apparentemente non segue affatto, i suoi consigli.

E’ meglio ascoltare la Parola di Dio e limitarci nel parlare a Lui. Dovremmo ascoltare molto, quando egli ci parla. Il poeta ha espresso mirabilmente quest’importante pensiero:

“Parla, o Maestro! It tuo servo ascolta,
attende la tua Parola di grazia,
Desiderando la voce che l’allieta,
Maestro, fatti, dunque, udire!
Io t’ascolto, o Signore!
Che cosa devi dirmi?”

Noi comprendiamo che la Bibbia costituisce la rivelazione della volontà, dei propositi e del piano di Dio che riguardano i suoi figliuoli. Essa costituisce la verità che lo Eterno destino a santificarci: "Santificali nella verità: la tua parola è verità". Queste sono parole del Maestro. Egli non disse: "Santificali nella preghiera!". La prescrizione del Maestro c’impone di studiare la Parola ed essere santificati mediante essa.-E chi è più saggio di lui? Se non abbiamo scritto un volume sulla preghiera è perché non troviamo nelle Scritture né autorità né precedenti per farlo.

Come abbiamo detto, la preghiera è assolutamente indispensabile al Cristiano; tuttavia è la Parola di Dio che c’insegna la sua volontà, il suo piano e la via che dobbiamo seguire. Noi crediamo che la causa della mancanza di fede, comune a molti sedicenti figliuoli di Dio, sia appunto da ricercarsi nell’ignoranza di tale punto. Nessuna quantità di preghiere può prendere il posto dello studio della Parola di Dio: è unica luce data per guidarci in questa notte lunga e tenebrosa, nella quale il peccato ha regnato sul mondo. "La tua parola è una lampada al mio piè ed una luce sul mio sentiero"—Salmo 119:105. Gesù fu in armonia con tutto il suo operato e con lo sviluppo del piano divino di cui i profeti ci hanno dato tante testimonianze! Questa è la tesi principale che egli sviluppa nel corso della sua epistola. Inoltre, per fortificare sempre più saldamente la fede di questi cristiani ebrei, egli addita loro, nel primo capitolo della predetta la posizione preminente che Gesù occupa nel Divin Piano e come e quanto Egli fu onorato dal loro Dio, il Dio d’Israele, che lo stabili "erede di tutte le cose" e, per mezzo del quale "creò i mondi". Allorchè Gesù esegguì, con l’effusione del suo sangue, la purificazione dei peccati, il Dio d’Israele lo risuscitò "e lo pose a sedere alla Sua destra nei luoghi altissimi" (vers. 3) ove ora Egli è.

Gl’Israeliti conoscevano l’esistenza degli angeli, esseri, spirituali, d’una creazione superiore a quella dell’uomo al quale sono invisibili. Le profezie ne parlano spesso dicendoci che servono Dio onorevolmente nel trasmettere messaggi al Suo popolo ed in altri mandati, ma Paolo spiega loro che Gesù "è diventato così di tanto superiore agli angeli, di quanto il nome che ha erediato è più eccellente del loro" (versetto 4). E per convalidare il suo asserto Paolo esclama: "A qual degli Angeli disse Egli mai: Tu sei il mio Figliuolo oggi io ti ho generato? E di nuovo: Io gli farò Padre ed egli mi sarà Figliuolo?" Paolo ci fa rilevare che queste benedette assicurazioni le possiamo rilevare anche nel 1, libro delle Cronache (22:10): Egli sarà Figliuolo ed io gli sarò Padre, e renderò stabile il trono del suo regno sopra Israele in perpetuo". Chi può sconvenire con Paolo che queste frasi sono rivolte a Gesù?

Paolo nel spiegar che, secondo il profeta Davide, Dio dei suoi messaggeri ne fa dei venti e dei suoi ministri delle fiamme di fuoco" indica gl’importantissimi servizi che compiono gli Angeli eseguendo la volontà divina, ma a suo Figlio Egli à detto: "Il tuo trono, o Dio, è per ogni eternità; lo scettro del tuo regno è uno scettro di dirittura: Tu ami la giustizia e odii l’empietà. Perciò, Iddio, l’Iddio tuo, ti ha unto d’olio di letizia a preferenza dei tuoi colleghi" (Salmi 45:6-7).

Al versetto 13, Paolo domanda agli Ebrei: "A qual degli Angeli diss’Egli mai: Siedi alla mia destra finché abbia fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi?".

Questo alto riconoscimento d’onore, è stato espresso a Gesù dal profeta Davide che, a quanto c’indica Paolo, fa rilevare la Gloria alla quale il diletto Figlio di Dio è stato innalzato e l’autorità con la quale Egli ha parlato al popolo di Dio negli "ultimi giorni". Perciò la fede di questi cristiani Ebrei dovette essere corroborate mirabilmente poiché se essi avevano accettato Cristo, non avevano compreso in pieno la maniera meravigliosa con la quale i Profeti d’Israele lo avevano annunziato e fino a qual punto Dio lo aveva innalzato servendosi di lui, canale, in cui scorreva la verità per il suo popolo.

Al principio della sua Epistola, Paolo ricorda agli Ebrei che l’Iddio d’Israele ha parlato ai loro padri per mezzo dei Profeti "in molte volte e in molte maniere". Quanto chiarore sorge da questa espressione! Il piano di Dio per la redenzione e ristorazione umana non è stato scritto dai profeti di getto ed in esteso, ma come ci afferma un profeta stesso, "un po’ per qui, un po’ per là" e come ci dice Paolo "in molte e molte maniere". Pur tuttavia, allorché si connettono le differenti parti delle verità espresso dai Profeti, con promesse ed illustrazioni, il piano divino risulta d’una bellezza armonia ineguagliabile.

Fino all’arrivo di Gesù, la testimonianza de profeti fu compresa quale assicurazione della ristorazione del genere umano alla vita sulla terra. L’Apostolo Pietro, sugli Atti (3:19-21), si servi della parola "restaurazione" per descrivere la radiosa speranza e ricorda dei "tempi di restaurazione" che Iddio parla per bocca dei suoi santi profeti che sono stati fin dal principio" del mondo.

I Padri d’Israele compresero che questo gigantesco progetto di restaurazione del genere umano sarebbe stato compiuto da un Messia che il loro Dio avrebbe inviato e questo, naturalmente, sarebbe stato Gesù.

Se la fede in Cristo, quale "inviato di Dio", fortificò dei Cristiani ebrei rinnovando il loro zelo per la causa divina, l’assicurazione del compimento delle promesse divine costituiva uno sprone a perseverare nel cammino loro tracciato e perciò ardevano dal desiderio di conoscere come e quando il Messia sarebbe venuto a compiere i disegni del loro Dio. Ora Gesù non avrebbe potuto essere il Messia della Promessa se non avesse compiuto quanto Iddio aveva preannunziato per mezzo dei suoi Profeti che avevano proclamato "i tempi di refrigerio" e, fra questi, Davide che aveva messo in rilievo l’amore che Dio nutriva per la creazione umana, amore manifestato dalla promessa d’inviare un Messia per "visitare" l’umanità onde compiere il Suo disegno.

Davide, nel riferirsi alla creazione dell’uomo disse che questi fu fatto "di poco inferiore agli Angeli", che gli fu dato "dominio" e "tutto fu messo sotto i suoi piedi". La sua profezia esprimente implicitamente che la "visita" d’un rappresentante di Dio sulla terra avrebbe comportato uno scopo ed è chiaro che sarebbe consistito nella restaurazione del dominio perduto dall’uomo. La profezia cui abbiamo fatto cenno è contenuta nell’8. Salmo (4-8) e Paolo al 2, capitolo dell’Epistola agli Ebrei (v. 6-8), commentandola dimostra che il principio del compimento in oggetto è stato realizzato da Gesù.

Nel citare la profezia, Paolo spiegò "al presente non vediamo ancora che tutte le cose gli siano state sottoposte, ben vediamo però colui che è stato fatto di poco inferiore agli Angeli, cioè, Gesù, coronato di gloria e d’onore a motivo della morte che ha patita, onde, per la grazia di Dio, gustasse la morte per tutti.

Fu necessario che Gesù "gustasse la morte per tutti" per annullare la sentenza di morte ed iniziare l’opera tendente a ristabilire l’uomo nel suo dominio con quei privilege che già vi godeva. Così, Paolo, conclude che se non vediamo ancora la profezia compiuta, vediamo, però, il principio nel compimento dell’opera redentrice di Gesù.




Altri figliuoli Di Dio

Dopo le chiarificazione che abbiamo esposte sulla sicurezza del compimento delle promesse messianiche Paolo mette in luce un altro aspetto interessante: la precisa comprensione delle fasi evolutive inerente il piano divino e dice: "… per condurre molti figliuoli alla gloria, ben s’addiceva a Colui per cagion del quale son tutte le cose e per mezzo del quale sono tutte le cose, di rendere perfetto, per via di sofferenze, il duce della loro salvezza" (2:10).

Dal nostro Divin Maestro abbiamo appreso che "stretta è la porta ed augusta la via che mena alla vita e pochi son quelli che la trovano"—(Matteo 7:14). Della stessa vita, cui accenna Gesù. Paolo ci dice che è conquistata da coloro i quali "con la perseveranza nel ben operare cercano gloria e onore e immortalità—Rom. 2:7.

I fratelli Ebrei erano, indubbiamente, familiarizzati con le profezie dell’Antico Testamento relative al Regno messianico e le benedizioni che avrebbe propagate. Essi erano convinti che Cristo era il Messia, ma non si rendevano conto che avrebbe dovuto scorrere un lungo periodo di tempo prima che Egli fosse ritornato ed avesse instaurato il Suo Regno. Paolo, nel decimo capitolo, versetti 36 e 37 li esorta ed illumina, al riguardo, con queste parole: "Voi avete bisogno di costanza, affinché, avendo fatta la volontà di Dio otteniate quel che v’è promesso. Perché: Ancora un brevissimo tempo, e colui che ha da venire verrà e non tarderà".

Al principio della loro consacrazione cristiana questi fratelli Ebrei sostennero grandi lotte e non lievi sofferenze per cui Paolo dice: "voi accettaste con allegrezza la ruberia dei nostri beni, sapendo d’aver per voi una sostanza migliore e permanente" —(10:34). Essi sapevano che la causa cristiana era impopolare, ma avevano la certezza che Cristo sarebbe ritornato ben presto e vi sarebbe stato un fine alle loro sofferenze ed un guiderdone per la loro fedeltà con la partecipazione alla gloria del Regno ch’Egli avrebbe instaurato. Consapevole dei loro sentimenti, Paolo li esorta alla pazienza e, a tal uopo, loro spiega le ragioni delle sofferenze cristiane. Il "Principe", per le sue sofferenze, fu riconosciuto degno d’essere innalzato, e così "molti filgiuoli" chiamati a governar con lui nel suo regno, dovranno provare la loro tenacia nel sopportare le sofferenze che incontreranno nella via tracciata dal Signore.




Un Sacerdozio Spirituale

Al l. versetto del terzo capitolo Paolo spiega ancora i doveri della loro missione così: "Fratelli santi, che siete partecipi d’una celeste vocazione, considerate Gesù, l’Apostolo e il Sommo Sacerdote della nostra professione di fede".

Dal nostro Maestro sappiamo che durante quest’età i discepoli suoi son partecipi di un’ "alta chiamata" onde soffrire e morir per Lui per vivere e regnar con Lui e, Paolo a tal fine incoraggia tutti i fratelli in Cristo, con queste parole: "Abbiate l’animo alle cose di sopra, non a quelle che son sulla terra"—(Colos. 3:1-3). E, parlando, poi, dell’ "alta chiamata" scrive ai fratelli Ebrei come avanti citato: "Fratelli santi che siete partecipi d’una celeste vocazione".

Questo concetto, in se stesso, non è nuovo, però Paolo presenta ed illustra una Verità d’importanza basiliare spiegando che come fratelli di Cristo, noi dobbiamo considerarci quali membri di un ordine sacerdotale di cui Cristo ne è il sovrano Sacrificatore. Ora tal linguaggio avrebbe avuto un significato astruso per la maggior parte dei Gentili dell’epoca di Paolo, ma gli Ebrei avevano contezza di ciò che era e rappresentava un Sacrificatore, poiché il Sacerdozio, composto d’un Sommo Sacerdote e di sacerdoti, aveva avuto ed aveva cura dei servizi religiosi della loro nazione de secoli e cioè dalla loro uscita d’Egitto, sotto la guida di Mosè. E sappiamo che il primo Sommo Sacerdote d’Israele fu il fratello di Mosè, Aronne ed i suoi figliuoli furono i Sommo Sacerdoti. Al cap, ottavo, versetto quinto, Paolo, parlando d’essi dice "ministrano in quel che è figura e ombra delle cose celesti".

Dall’Epistola di Paolo a Timoteo, (TT. 2:15), apprendiamo che i Cristiani debbono "tagliar rettamente la parola della verità". Ora tale massima è importantissima, relativamente al tempo in cui si svolge il piano di Dio, che ha fasi e periodi stabiliti da Lui. Considerando che la Bibbia descrive una salvezza celeste e delle benedizioni al tempo della restaurazione sulla terra. Paolo introduce un’altro aspetto della verità tipica o quella delle "ombre" com’egli la definisce e, perciò, nell’epistola agli Ebrei conferisce la massima importanza alle lezioni impartiteci da Dio su i servizi religiosi tipici d’Israele e sulla struttura del Tabernacolo eretto nel deserto, centro del loro luogo di adorazione.

Al 3. capitolo, primo versetto, come già abbiamo accennato, Gesù rappresenta il Sommo Sacerdote mentre i discepoli rappresentano i sacerdoti. E Paolo ribadisce tal concetto in tutta le sua Epistola.

L’opera del sacerdote d’Israele consisteva, sopratutto, nella funzione dell’offerta di sacrifici e tale è il compito del sacrificatore d’oggi con la differenza che: quelli sacrificavano degli animali, questi se stessi seguendo l’esempio di Gesù che sacrificò la sua vita per la salvezza e la vita del genere umano.

Ciò stabilito, Paolo fa rilevare nella sua epistola con molta chiarezza l’importante distinzione che riportiamo; i "fratelli" di Gesù, questi "figliuoli" che parteciperanno alla sua gloria, non rappresentano, com’è logico, tutta la nazione d’Israele, ma la schiera dei suoi sacerdoti, di coloro che hanno seguito e seguono le sue orme.




Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec

Paolo, riportandosi ai tempi di Abrahamo c’istruisce sulle azioni di Dio verso il suo popolo all’epoca in cui visse e svolse le sue missioni sacerdotali il sacerdote Melchisedec. Perciò, riferendo ad una profezia dell’antico Testamento, che dimostra la intenzione divina di considerare Melchisedec quale tipo o illustrazione d’un più grande sacerdozio che avrebbe dovuto venire e di cui Gesù sarebbe stato il Sommo Sacerdote, la cita dal Salmo 110 versetto 4: "Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec".

Una parte del settimo capitolo dell’Epistola agli Ebrei è destinata a dimostrar loro che Gesù era la Realtà tipificata da Melchisedec. I riti concernenti i sacrifici presentati da Aronne avevano una massima importanza per gl’Israeliti. Essi, probabilmente, ignoravano che, molti secoli prima. Dio aveva autorizzato Melchisedec a servir da Sacerdote onde il suo servizio avesse potuto costituire un insegnamento che non sarebbe stato compreso nei riti di Aarone che simboleggiavano l’opera del sacrificio di Cristo e dei suoi discepoli. Paolo spiega, perciò, che Melchisedec era Re e Sacerdote ed il suo servizio non si limitava a rappresentar l’immagine del sacrificio reale durante la presente epoca, ma anche quella dei membri di Cristo glorificato durante l’epoca da venire, cioè, ai tempi del Regno millenario.

Paolo, parlando di Melchisedec ci dice che è "senza padre né madre, senza genealogia, che non ha né inizio dei suoi giorni, né fine della sua vita, ma è reso simile al Figlio di Dio e sarà sacerdote in perpetuo".

Ciò significa che egli, nel rito dei sacrifici, doveva considerarsi senza padre nè madre. E convalidano la nostra asserzione le deduzioni tratte da scoperte archeologiche le quali ci assicurano che i governatori regionali, dell’epoca di Melchisedec, istituiti dal Faraone d’Egitto, furono obbligati a giurare in questa forma: "non fu mio padre, né mia madre che m’hanno insediato nella mia funzione, ma fu il braccio potente del re".

È probabile che Melchisedec fu stabilito re in queste condizioni e l’Eterno lo riconobbe quale un sacerdote in diritto di ricevere decime ed offrire sacrifici. Ciò confermerebbe la dichiarazione di Paolo che egli fu senza padre né madre nel suo sacerdozio e che la sua investitura e servizio erano binominali in quanto egli aveva funzioni sacerdotali e regali.

Anche Cristo non ha ricevuto da suo padre o sua madre la missione, ma da Dio direttamente che non gli ha dato successori. Egli governerà 1000 anni ed i fratelli che soffrono e muoiono con Lui saranno anch’essi Re con Lui. L’epoca attuale, quindi, appartiene al sacrificio e, nell’aspetto rituale del servizio, Gesù e la sua Chiesa rappresentano la continuazione del servizio sacerdotale demandato ad Aarone durante l’età giudaica.

Nella sua lettera agli Ebrei ed in alter epistole, Paolo incoraggia i fratelli alla fedeltà ispirandosi all’esempio di Cristo. Egli usa differenti espressioni ma sviluppa lo stesso concetto. Ai Colossesi dice: "Abbiate l’animo alle cose di sopra … dove Cristo è seduto alla destra di Dio"—(3:1-3). Agli Ebrei parlando loro della speranza dice: "noi la teniamo quale àncora dell’anima, sicura, ferma e penetrante al di là della cortina dove Gesù è entrato per noi qual precursore, essendo divenuto Sommo Sacerdote in eterno, secondo l’Ordine di Melchisedec".

I credenti ebraici sapevano che l’espressione "al di là della Cortina" si riferiva al Tabernacolo nel deserto. Allorché l’Eterno diede istruzione a Mosè circa il luogo ed il modo da lui voluto nel costruire il Tabernacolo gli fu preciso con questa espressione che riportiamo dall’Esodo, (25:9): "Me lo farete in tutto e per tutto secondo il modello del Tabernacolo e secondo il modello di tutti i suoi arredi, che io sto per mostrarti".

L’inadempienza di tali ordini comportava la pena di morte. E l’importanza d’eseguire a puntino il modello del Tabernacolo risiedeva nella particolare veduta dell’Eterno che Egli designava per l’avvenire come ci fa intendere Paolo al cap. 10 primo versetto della Epistola agli Ebrei: "Poiché la legge, essendo un’ombra dei future beni, non la realtà stessa delle cose, non può mai con quegli stessi sacrifice che sono offerti anno dopo anno, render perfetti quelli che s’accostano a Dio".

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