AURORA
Gennaio-Febbraio 2012

Contenuto Di Questo Numero

  1. Un Nuovo Anno 2012
  2. Su Questa Pietra lo Fondero La Mia Chiesa
  3. La Scala Di Giacobbe (continuazione dell’articolo Novembre-Dicembre 2011)
  4. Ritratto Del Re

Un Nuovo Anno 2012

IL NUOVO ANNO s’affaccia all’orizonte di questo povero mondo, sconvolto ed impaurito. Apporterà Esso alcun sollievo alle famiglie umane depresse ed oppresse, giacenti in anguistie e sofference? Noi in uno spirito di compassione pregheremo: Signore: IL TUO REGNO VENGA quale solo rimedio per la povera umanità.

La caratteristica generale della società umana risiede nella mancanza d’una stabilizzazione, e, ciò stante, e da presumersi che, nei cuori degli uomini continuerà a dimorarvi il timore, ed in molti casi anche lo spavento. Ma ci incoragia sapere che questa paurora situazione non permarrà a lungo, poichè le promesse del Signore sono state e restano velide, per tutti coloro che si confidano nel Suo infinito amore.

Nel libro di Aggeo 2:6-7 il profeta inspirato dal Signore scrisse: poichè così dice l’Eterno degli eserciti: ancora una volta. Tra poco, io farò tremare tutte le nazioni, il desiderio di tutte le nazioni verrà (Pace universale) verrà, ed io coprirò questa casa (terra) di gloria. I cieli, di cui alla precedente citazione, reppresentano, in simbolo le diverse correnti religiosi e le itituzioni ideologiche del mondo, fondati su l’asservimento, l’egoismo e la malvagità.

Allo scrollamento delle istituzioni e credenze umane, seguirà l’istaurazione del Regno Messianico. Iddio creerà “Nuovi Cieli, e Nuova Terra,” cioè un nuovo ordine sociale, nel quale non vi sarà più ‘cordoglio ne grido, ne travaglio, periocchè le cose di prma sono passate.’ Nostro è il dovere di pregare per lo stabilimento del Regno di Dio. Di annunciare che, il presente ordine sociale è in procinto di finire, ed il Regno di Cristo Gesù fra breve sarà stabilito in tutta la terra. In vista agli incontrollabili e pericolosi eventi che si verificano ogni giorno nel mondo e, specialmente nel Medio Oriente. Porgiamo orecchio al sagio consiglio del nostro Maestro cioè: Operare mentre ancora e giorno, perchè la notte viene e niuno può operare.—Giovanni 9:4

Vostri Per La Sua Grazia
AURORA



Su Questa Pietra Io Fonderò La Mia Chiesa

FU DOPO L’APOSTOLO PIETRO aver testimoniato che nostro Signore era il Messia, che Gesù, “replicando gli disse: Tu sei beato, o Simone, figliuolo di Giona, perché non la carne ed il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli, e io altresi ti dico: Tu sei Pietro, e su questa Pietra (la grande roccia fondamentale della verità che tu ora hai espressa) edificherò la mia Chiesa.” Il Signore, Egli stesso, ne è il costruttore, come ne è il fondamento; ‘poiché nessuno può porre altro fondamento, che quello già posto, cioè, Cristo Gesù.’ (I Cor. 3:11) Egli è la grande Pietra, e la confessione di Pietro, a suo riguardo, costituì un fondamento, una pietra di testimonianza, la dichiarazione dei princepii fondamentali, sul quali si poggia il Piano di Dio. Così l’apostolo Pietro comprese questo soggetto ed espresse in tali termini la sua comprensione. (I Pietro 2:5,6) Egli disse che tutti i veraci credenti consacrati sono delle ‘pietre viventi’ che si attaccano alla grande Roccia del Piano divino, Gesù Cristo,—per essere aggiunte al tempio santo di Dio—per l’unione con Lui, il fondamento. Pietro bandisce ogni pretenzione di essere considerato, la pietra fondamentale e si accomuna alle altre pietre (greco, lithos) viventi della Chiesa. Però é da considerarsi che pètros (roccia) significa una pietra più grande di lithos e, in effetti, tutti gli Apostoli, essendo delle pietre ‘fondamentali,’ nell’ordine e nel Piano divino, hanno una più grande importanza, rispetto ai loro fratelli.—Apoc. 21:14

LE CHIAVI DELL’AUTORITÀ

Il Signore disse a Pietro: “Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli,” ecc. Così fu data la stessa autorità agli Apostoli, ed espressa a Pietro nel privilegio, ed onore, aggiunto, d’avere le chiavi, cioè: il potere o autorità di aprire. Noi ci ricordiamo come l’Apostolo Pietro ha adopereato le chiavi del Regno e fatto il lavoro di apertura della nuova dispensazione, dapprima agli Ebrei alla Pentecoste, indi, ai gentili della casa di Cornelio. Nel giorno della Pentecoste, allorché lo Spirito Santo fu stato dato. Pietro essendosi levato con gli undici, prese l’iniziativa: egli apri e gli altri seguirono e l’invito all’Evangelo fu così fatto agli Ebrei. Nel caso di Cornelio, il Signore inviò i messaggieri a Pietro e lo diresse per mezzo di una visione, a seguire il loro invito, impiegandolo, così, ad aprire la porta della misericordia, della libertà e dei privilegi ai popoli gentili, affinché anche essi potessero partecipare all’alta chiamata della Nuova Creazione. Quanto esposto è in pieno accordo con ciò che abbiamo messo in rilievo circa i disegni del Signore sulla scelta dei dodici Apostoli. Naturalmente, il Signore fece di questi dodici uomini i rappresentanti particolari della nuova dispensazione e delle loro parole i canali speciali della Verità per la Nuova Creazione, la quale deve essere preparata ad accettare le loro istruzioni e disposta a rigettare gl’insegnementi di coloro i quali sono opposti alle loro testimonianze. “Se il popolo non parla così non vi sarà per lui alcuna aurora!—Isaia 8:20

L’ultima parte della promessa di nostro Signore è questa: “Egli (lo Spirito Santo del Padre) vi mostrerà tutte le cose da venire.” Cié significa un’ispirazione speciale degli Apostoli e, indirettàmente, la benedizione e l’istruzione del popolo del Signore, alla chiusura, di questa Età,, mediante i loro insegnamenti. Essi sono anche, oltre a dei santi Apostoli, dei profetti, o veggenti che distinguono gli avvenimenti futuri della Chiesa. Non è necessario supporre che tutti gli Apostoli furono impiegati allo stesso grado in tutte le divisioni di servizio. Alcuni, più o meno, furono onorati, non solo nel privilegio di servire, ma anche nel poter indicare le cose a venire L’apostolo Paolo c’indica differenti cose a venire, quali: La grande apostasia nella Chiesa; la rivelazione ‘dell’Uomo del peccato;’ il mistero del secondo avvento del Signore, cioè che non dormiremo tutti, ma che tutti saremo cambiati; il mistero nascosto di tutte le Età e dispensazioni del passato; che la Chiesa (i cui membri si comporrano di Ebrei e di Gentili), sarà coerede della promessa fatta ad Abrahmo, la cui posterità benedirà le famiglie di tutta la terra ecc. Egli ci mostra anche che, alla fine dell’Età, domineranno cattive condizioni nella Chiesa; che gli uomini saranno più proclivi ai piaceri che a Dio, e, sotto la forma esteriore della pietà, avranno rinnegato la potenza d’essa; e che dei lupi rapaci (l’alta critica distruttiva) non risparmieranno il gregge del Signore. Tutti gli scritti dell’apostolo Paolo sono brillantemente rischiarati dalle visione e rivelazioni che lo hanno allietato, nel premettergli di scenare cose che, ai suoi giorni, erano ancora future: cose che non si potevano spiegare, allora, ma che ora sono manifeste ai santi, per mezzo dei tipi e delle profezie dell’Antico Testamento: per cui i fedeli, oggi comprendono le parole degl’Apostoli, essendo perventuti “al tempo” di poterle comprendere.

Anche l’apostolo Pietro, qual veggente, c’indica l’arrivo nella Chiesa di falsi dottori, i quali, secretamente, introdurrananno delle eresie condannevoli, negando il Signore che li ha riscattati. Egli dice: “Negli ultimi giorni verranno degli schernitori. è. .diranno: dov’è la promessa della sua venuta? (di Cristo)” ecc. Egli profetizzò anche che’il giorno del Signore verrà come un ladro nella notte” ecc. L’apostolo Giacomo profetizzò in questi termini sulla fine di questa Età ‘O ricchi, piangete e urlate per le calamità che stanno per venirvi addoso…Voi avete accumulato dei tesori negli ultimi giorni’ ecc. L’apostolo Giovanni è il più rimarchevole veggente, o profeta, fra tutti: le sue visioni che costiuiscono il Libro dell’Apocalisse e delimitano, nella maniera più ragguardevole, le cose da venire.

L’INFALLIBILITÀ APOSTOLICA

Su quanto esposto in precedenza, noi siamo del tutto giustificati, nel credere che gli Apostoli furono in tal modo guidati dal Signore, mediante lo Spirito Santo, e tutti gli scritti dei loro discorsi publici sono d’ispirazione divina, per l’istruzione della Chiesà, e non meno infallibili delle rivelazioni dei profeti della dispensazione precedente. Nella sicurezza della sincerità delle loro testimonianze, e di tutte le parole della Chiesa, le quali godono l’approvazione divina, è proficuo l’esaminare cinque fatti menzionati nel Nuovo Testamento, i quali fanno pensare che gli Apostoli avrebbero potuto essersi ingannati nei loro insegnamenti, Ora li considereremo separatamente.

(1) Pietro rinnegò nostro Signore, avanti la Sua crocifissione. Egli imboccò una falsa strada, e ciò è indiscutibile, ma se ne pentì, in seguito, sinceramente. Non dobbiamo dimenticare che questa trasgressione, benché commesse dopo la sua scelta ad Apostolo, avvenne prima dell’unzione dello Spirito Santo, avanti la Pentecoste, cioè, avanti l’investitura divina come Apostolo nel vero senso della parola. L’infallibiltà che noi proclamiamo per gli Apostolo non è applicabile che alle loro parole ed ai loro atti pubblici e non agli incidenti della loro vita, i quali, indubbiamente, subiscono l’influsso delle deficienze insite nei loro vasi di terra, vasi deformati dalla caduta per cui i figliuoli di Adamo soffrono tutte le conseguenze deleterie. Le parole dell’Apostolo: “noi abbiamo questo tesoro dentro dei vasi di terra,’ sono evidentemente applicate a lui stesso, come a tutti gli altri membri della Chiesa, che hanno ricevuto lo Spirito Santo. Noi, come individui, a gran beneficio dell’opera di reconciliazione, fatta dal nostro Maestro, abbiamo coperti questi difetti della carne, che sono contrari ai nostri desideri di Nuove Creature.

L’apostolico ufficio, nel servire il Signore e la sua Chiesa, deve essere esaminato a parte, senza le debolezze della carne che erano in loro (gli apostoli), poiché tal ufficio fu loro conferito, non perché avevano la perfezione umana, ma mentre erano degli “uomini della stessa natura degli altri.” (Atti 14:15) L’incarico avuto non apportò loro la restaurazione, a perfezione dei loro corpi mortali, ma semplicemente il nuovo intendimento, lo Spirito Santo per essere guidati. Lo Spirito Santo non rese i loro peniseri ed i loro atti perfetti, ma governò tali pensieri ed atti, affinché i loro insegnamenti pubblici fossero infallibili e scaturissero dalla Parola di Dio. Tale non è la specie d’infallibilità pretesa dai papi che, allorché il papa parla ex cattedra, o ufficialmente egli è diretto da Dio e non si sbagli mai. Questa infallibilità dei papi è proclamata da essi, sulla base che anche loro sono apostoli, ignorando l’insegnamento delle Scritture, dalle quali sappiamo che vi sono solo ‘dodici apostoli dell’Agnello.’

(2) Pietro in un’occasione “simulò,” ‘perché fu colpevole d’una condotta doppia’ (Galati 2:11,14): ciò prova che gli Apostoli non sono infallibili nella loro condotts. Lo diciamo, poiché essi stessi lo confessano (Atti 14:15), ma, ripetiamo, che queste debolezze umane non hanno alterate le loro parole, né hanno siminuita l’utilità loro nel predicare l’Evangelo, inviato loro dal cielo dallo Spirito Santo (I Pietro 1:12; Galati 1:11, 12), non per la sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio. (I Cor. 2:5, 16) Questo errore di Pietro fu prontamente corretto dall’apostolo Paolo che, con bontà, ma fermezza, lo ‘affrontò direttamente, perché egli era da biasimaore.’ La lezione, ben ricevuta da Pietro, lo indusse a superare il suo trasporto per gli Ebrei, nel preferirli e le sue due Epistole lo testimoniano, poiché non troviamo traccia alcuna d’incertezza, a tal riguardo, nei suoi scritti, né alcuna mancanza di fedeltà al Signore.

(3) Vi sono delle persone le quali dicono chi gli Apostoli attendevano la seconda venuta del Signore, in un tempo molto prossimo, forse anche mentre vivevano ancora: esse pretendono che dottrinalmente erravano in ciòe e dimostravano che i loro insegnamenti non sono degni di fiducia. Noi rispondiamo che il Signore lasciò gli Apostoli nell’incertezza rispetto alla sua seconda venuta ed alla instaurazione del Suo Regno. Egli li esortò semplicemente a vegliare, e lo stesso la Chiesa, al fine di riconoscere l’avvenimento come lo sarà il mondo, in generale. Allorché discussero col Signore, dopo la sua risurrezione, in proposito, ebbero per risposta: “Non sta a voi conoscere i tempi e le stagioni che il Padre ha risevate alla Sua autorità.” Troveremmo noi gli Apostoli in difetto su d’un soggetto il quale, secondo il Signore, deve costituire un segreto divino, lungo un tempo? Sicuramente, no! Noi rileviamo che, guidati dallo Spirito, circa le cose da venire, gli Apostoli sono molto circospetti, nelle loro espressioni su quanto concerne la seconda venuta e, lungi dall’attenderla durante il loro tempo, provano il contrario con le loro parole. L’apostolo Pietro, ad esempio, dice che egli scrisse le sue Epistole, affinché servissero da testimonianza alla Chiesa, dopo la sua morte. E, quindi, evidente che egli non attendeva di vivere fino all’instaurazione del Regno. (2 Pietro 1:15) L’apostolo Paolo, quado dice che “il tempo è corto,” non dice fino a che punto esso è corto. Consideriamo una settimana di sette giorni, contiamo un giorno per mille anni e riscontriamo che il settimo sarà quello in cui Cristo stabilirà il suo Regno. Più di quattro sesti del tempo di attesa erano transcorsi ed il tempo era, molto avanzato. Era avanzato allo stesso grado in cui è una settimana, al giovedì. Poalo parla del momento della sua diparita, della sua preferenza ad abbandonare la vita più che restare sulla terra. Egli indica che il giorno del Signore verrà cme un ladro nella notte e corregge qualche falsa idea su questo soggetto: ‘Vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi travolgere così presto la mente, né turbare sia da ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche Epistola data come nostra, quasi che il giorno del Signore fosse imminente. Nessuno vi tragga in errore in nessuna maniera; poiché quel giorno non verrà finché non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figliuolo della perdizione, l’avversario. Non vi ricordate che, quando ero ancora presso di voi io vi dicevo queste cose? E ora sapete quel che lo ritiene ond’Egli sia manifestato a suo tempo.”—2 Tess. 2:1,6

(4) Si obietta che Paolo, indusse Timoteo a farsi circoncidere (Atti 16:3), pur avendo scritto: “Io, Paolo, vi dichiaro che, se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla.” (Gal. 5:2) Perciò ci è chiesto: non insegnò egli falsamente ed in contraddizione con la propria testimonianza? Noi rispondiamo no, poiché Timoteo era un ebreo, per parte della madre che era ebrea (Atti 16:1) e la circoncisione era un’usanza nazionale degli Ebrei, in vigore avanti la Legge di Mosè a restò dopo che Cristo ebbe annullato’ (il Patto), avendola inchiodata alla croce.’ La circoncisione fu ordinata ad Abrahamo ed alla sua discendenza 430 anni avanti che la Legge fosse data ad Israele, come nazione, dal Monte Sinai. Pietro fu designato come l’Apostolo della circoncisione (degli Ebrei) e Paolo l’Apostolo degli incirconcisi (dei Gentili).(Galati 2:7, 8)

L’argomento di Paolo (Gal 5:2) non è indirizzato agli Ebrei. Esso è indirizzato ai Gentili la cui unica ragione nel desiderare la circoncisione concerneva l’inganno in cui cadevano per l’asserzione di alcuni falsi dottori i quasi li assicuravano che erano tenuti ad osservare la Legge, tanto, quanto dovevano accettare Cristo e li inducevano anche ad ignorare il Patto della grazia. L’Apostolo mostra qui che, per essi, farsi circoncidere (per una tal ragione) significherebbe annullare il Patto della Grazia e ripudiare l’intera opera di Cristo. Egli non fa alcuna obiezione agli Ebrei che continuano a praticare la circoncisione, come è evidente da quanto esprime in Corinzi, 7:18, 19, nonché dalla sua condotta verso Timoteo. Non fu certo necessario per Timoteo, né per alcun Ebreo, farsi circoncidere, ma Timoteo poteva farlo, perché era a suo vantaggio, dato che si receva a lavorare fra gli Ebrei ed avrebbe ottenuto così più presto la loro fiducia. Noi rileviamo d’altro canto, Paolo opporsi rudemente a color che, per incomprensione, cercavano di far circoncidere Tito—il quale era di pura razza greca.—Galati 2:3, 5

(5) Il resoconto della condotta di Paolo, in Atti 21:20, 26, è considerato come contrario al suo insegnamento della Verità e indicante il suo errore su quanto concernono le dottrine ed il praticarle. Questo rapporto fa intendere che fu a causa d’una cattiva maniera d’agire che Paolo soffrì come prigioniero e fu, in seguito, inviato a Roma. Ma non è ciò che dicono le Scritture. Esse indicano che, nel suo modo di procedere, Paolo riscosse la simpatia e l’approvazione di tutti gli altri Apostoli e, meglio ancora, il Signore gli mantenne il suo favore. La sua decisione fu presa su istanza degli altri Apostoli. Gli fu attestato da un profeta, prima che andasse a Gerusalemme, (Atti 21:10, 14), che le catene e la prigione ivi lo attendevano; ma in osservanza alle sue convinzioni, egli, senti il dovere di affrontare queste avversità che gli erano state predette. Noi leggiamo che nel mezzo dei suoi turbamenti, gli apparve il Signore e gli disse: “Sta di buon cuore; perché come hai reso testimonianza di me a Gerusalemme, così bisogna che tu la renda anche a Roma.” Rileviamo, anche, che più tardi il Signore gli dimostra il suo favore, allorché leggiamo: “Un angelo dell’Iddio, al quale appartengo e ch’io servo, m’è apparso questa notte, dicendo: Paolo non temere; bisogna che tu comparisca davanti a Cesare, ed ecco, Iddio ti ha donato tutti coloro che navigano teco.”—Atti 23:11; 27:23, 24

In vista di questi fatti, noi possiamo ottenere una comprensione della maniera di agire in perfetto accordo con la sua condotta nobile e coraggiosa e stimare altamente il lavoro esplicato da Paolo e che Dio, Egli stesso, approvò. Agli Atti 21:21, 27, rileviamo (vs. 21), che Paolo non ha insegnato agli Ebrei convertiti ad astenersi dal circoncidere i loro figliuoli, o ripudiare la Legge di Mosè, al contrario egli la onorava indicando la grandiosità d’essa ripetto alle grandi realizzazioni che ha tipificate. Lungi dal ripudiare Mosé egli l’onora e parla della Legge, dicendo: “La Legge è santa ed il comandamento è giusto e buono” (Rom. 7:12), e c’indica che, per mezzo d’essa, la conoscenza del peccato è aumentata. Secondo lui, la Legge è così grande che niuno può adempierla perfettamente, essendo imperfetto: e Cristo, nel compirla, ha ricevuto un’altra ricompensa ed offerta, sotto il Patto di Grazia, con la vita eterna e le benedizioni, che può concedere in dono a coloro i quali sono incapaci di osservare la Legge, ma, per la fede, accettano l’obbedienza perfetta ed il sacrificio, per coprire le loro imperfezioni, e Lo seguono, lungo i sentieri della giustizia.

Certune cerimonie della dispensazione Ebrea—come i digiuni, le celebbrazioni alla nuova luna, del Sabato e delle feste—sono dei tipi delle verità spirituali appartenenti all’Età dell’Evangelo. L’Apostolo mostra chiaramente che l’Evangelo del Patto di Grazia non prescrive né interice (la Cena del Signore ed il battesimo essendo le uniche ingiunzioni di carattere simbolico che ci sono comandate le quali sono due nuove cerimonie).—Col. 2:16, 17; Luca 22:19; Matt. 18:19

Uno dei riti simbolici ebrei, da essi indicato col termine “purificazione” fu osservato da Paolo ed i quattro Ebrei nel caso che ora esamineremo. Gli Ebrei avevano un diritto per cui, se volevano, potevano, non solo consacrarsi a Dio, in Cristo, ma anche effettuare l’esecuzione del simbolo di questa purificazione. Ciò fecero Paolo e questi quattro uomini: essi fecero anche un voto, si umiliarono davanti al Signore ed al popolo, rasandosi la testa. Le cerimonie simboliche costavano qualche cosa, per cui le spese erano pagate con moneta contante per sopperire ai bisogni del tempio.

L’Apostolo Paolo non ha giammai insegnato agli Ebrei che erano liberati dalla Legge, ma, al contrario, che la Legge dominava su ciascun d’essi, lungo tutto il periodo della loro vita. Intanto, egli ci indica che, se un Ebreo accetta Cristo e “muore con Lui,” Cristo annulla le esigenze della Legge ebrea e fa di lui un uomo libero davanti a Dio, in Cristo. (Rom. 7:1,4) Ma egli insegnò i Gentili convertiti che non sono stati sotto il Patto della Legge ebrea che, per essi, tentare la pratica dei riti e delle cerimonie annesse alla Legge, significa che avevano fede in questi simboli, per la loro salvezza e, quindi, non reputavano i meriti di Cristo sufficienti. E, allorché espresse questi insegnamenti, ebbe l’assenso di tutti gli altri Apostoli.—Compulsare Atti 21:25; 15:20, 23-29

La nostra conclusione è che Iddio ha agito meravigliosamente con gli Apostoli, rendendoli dei ministri ben capaci nell’insegnamento della Verità. Egli, li ha guidati in maniera soprannaturale, nella stesura dei soggetti da loro scritti, affinché nulla sfuggisse loro di quanto poteva e può essere di profitto all’uomo di Dio, pericò, nei loro scritti originali, pervade una meticolosità ed una sapienza del tutto superiore a quanto gli Apostoli potevano comprendere. Glorifichiamo Iddio per questa base sicura della nostra fede!

GLI APOSTOLI NON SONO I SIGNORI DELL’EREDITA DI DIO

Gli Apostoli devono, in qualche, senso, essere reputati come Signori nella Chiesa? In altri termini, allorché il Signore, il Capo della Chiesa se n’è andato, ha preso qualcuno il Suo posto? O tutti assieme costituirebbero essi una testa della Chiesa, prendendo il posto di Cristo ed anche le redini del governo? Erano essi, o qualcuno d’essi, come dei papi di Roma, oppure dei succesori, vicarii o sostituti di Cristo per la Chiesa, il Suo Corpo?

Contro tali ipotesti, noi abbiamo l’esposizione di Paolo (Efesi 4:4, 5): “V’è un corpo unico” e ‘un solo Signore.’ Da ciò rileviamo che, fra i varii membri del corpo, non può esservi alcuno cui dare un’importanza relativa, essendo stato riconosciuto” un Signore” che è il Capo. Il Signore ce lo insegna con chiarezza allorché, indirizzandosi alla molitudine dei suoi discepoli, dice: ‘Gli scribi ed i Farisei…amano…essere chiamati dalla gente: Maestro! Ma voi non vi fate chiamar ‘Maestro’; perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.’ (Matt. 23:1, 2, 6-8) Indirizzandosi agli Apostoli, Gesù disse anche: ‘Voi sapete che quelli che sono reputati principi delle nazioni, le signoreggiano; e che, i loro grandi usano podestà sopra di essi. Ma non è così fra voi; anzi chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; chi unque fra voi vorrà essere primo, sarà servo di tutti. Poiché anche il Figliuolo dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la vita sua come prezzo di riscatto per molti.’—Marco 10:42-45

Noi non abbiamo alcuna prova che la Chiesa primitiva ritenesse gli Apostoli quli signori o gli Apostoli avessero giammai avuto tale autorità, o dignità. La loro condotta è ben lungi dal voler raffigurare il concetto papale, a riguardo, di signoria, o quello dei ministri protestanti di tutte le denominazioni cristiane. Pietro non si nomina mai “principe degli Apostoli,” come i papisti lo indicano: ciò non è detto né degli altri Apostoli, né essi riceverono mai tale omaggio da parte della Chiesa. Gli Apostoli, usano chiamarsi con i proprinomi: Pietro, Giovanni, Paolo, ecc., oppure fratello Pietro, Giovanni, Paolo, ecc. Tutti i membri della Chiesa sono lo stesso salutati come fratelli e sorelle in Cristo (vedasi Atti 9:17, 21:20; Rom. 16:23; I Cor. 7:15, 8:11; 2 Cor. 8:18;2 Tess. 3:6,15). Troviamo scritto, poi, che il Signore stesso non si vergogna di chiamarli fratelli (Ebrei 2:11) e rifugge dall’assumere un’attitudine di dominazione, nell’escercizo della sua signoria o autorità verace e reconosciuta.

Non troviamo giammai detto che i servitori insegnavano nella Chiesa primitiva indossando vesti da prete, cingendosi di croci o rosarii e chiedendo la riverenza e l’omaggio del popolo, poiché, come il Signore ha loro insegnato, il più grande fra essi, è colui che serve maggiormente gli altri. Quando la persecuzione disperse la Chiesa e la scacciò da Gerusalemme, “gli undici” si opposero energicamente, per restare ad ogni costo, onde la Chiesa dell’estero avesse potuto sempre ricorrere a loro, a Gerusalemme, per ricevere quegli incoraggiamenti e l’assistenza di cui avevano bisogno. Se essi fossero scappati, la Chiesa intera sarebbe stata colta dallo sapavento. Noi vediamo Giacomo che vien ucciso con la spada da Erode, Pietro con lo stesso destino in vista, gettato in prigione e vigilato dai soldati. (Atti 12:1,6) Paolo e Sila, battuti con delle verghe, cacciati in prigione furono tenuti con i piedi serrati nei ceppi; Paolo, poi, incontrò “un gran conflitto d’afflizioni.” (Atti 16:23,24; 2 Cor. 23,33 Possiamo, quindi, considerarli dei signori o che agirono nei modi di cotali? Certo, no.

Pietro è molto esplicito in reguardo, allorché consiglia agli anziani di “pascere il gregge di Dio.” Egli non dice il vostro gregge, il vostro popolo, la vostra Chiesa, come lo dicono parecchi ministrì d’oggidì, ma dice il gregge di Dio, dice di pascere il gregge, non come da signori, che hanno ereditato, ma come modelli d’umiltà, di fedeltà, di zelo, di santità. (I Pietro 5:1,3) Paolo dice: ‘Io stimo che Iddio abbia messo in mostra noi, gli apostoli, ultimi fra tutti, come uomini condannati a morte; poiché siamo divenuti uno spettacolo al mondo e agli angeli e agli uomini. Noi siamo pazzi a cagion di Cristo…Noi siamo deboli…Noi siamo disprezzati. Fino a questa stessa ora, noi abbiamo fame e sete, noi siamo ignudi e siamo schiaffeggiati, e non abbiamo fame e sete, noi siamo ignudi e siamo schiaffeggiati, e non abbiamo stanza ferma e ci affatichiamo lavorando con le proprie nostre mani; ingiuriati, benediciamo; perseguitati sopportiamo; diffamati, esortiamo.” (I Cor. 4:9-13) Son essi signori in tali condizion? Nell’opporsi all’idea di qualche fratello che pareva aspirare alla signoria dell’eredità di Dio, Paolo l’ironizza e dice: ‘Gia siete saziati, già siete arricchiti, senza noi voi regnate,’ ma, più giù, consiglia la sola via retta che è quella dell’umiltà, dicendo: ‘Siate miei imitatori’ e ancora: ‘Ci stimi ognuno come dei servitori (ministri) di Cristo e dei dispensatori dei misteri di Dio.’—I Cor. 4:8, 16:1

Lo stesso Apostolo, poi, aggiunge: “Siccome siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare l’Evangelo, parliamo in modo da non piacere agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. Difatti, non abbiamo usato mai parole lusinghevoli, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Iddio ne è testimone. E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, quantunque, come Apostoli di Cristo, avessimo potuto far valere la nostra autorità; invece siamo stati mandati in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i propri figliuoli. (I Tess. 2:4,7) Gli Apostoli non emmettono alcuna bolla o anatema, invece troviamo nei loro scritti queste espressioni: ‘Calunniati preghiamo.’ ‘Io prego te pure, mio vero collega, non riprendere aspramente l’uomo anziano ma esortalo.’ —I Cor. 4:13; Filip. 4:3; I Tim. 5:1

La Chiesa primitiva riveriva la pietà, la conoscenza e la sapienza superiore degli Apostoli, e li stimava quali reali ambasciatorci scelti del Signore. I membri della Chiesa sedevano ai loro piedi non sconcertati, ma con uno spirito che sa pensare e con la disposizione di scernere gli spirit i e di provare la testimonianza. (I Giov. 4:1; I Tess. 5:21; Is. 8:21) Gli Apostoli, nell’insegnarli, avevano questa attitudine di spirito che stava a dimostrare la speranza che nutrivano e che essi infondevano negli altri, preparati a rispondere alle loro domande, non con parole seducenti della sapienza umana (o filosofia e teorie mondane), ma con una dimostrazione di spirito e di potenza, indicante la fede della Chiesa, la quale non può essere stabilita dalla sapienza umana, ma dalla potenza dio Dio. (I Cor. 2:4,5) Perciò è evidente che essi non hanno coltivata una riverenza cieca e superstiziosa per se stessi.

Noi leggiamo: “Gli Ebrei (di Berea) furono più generosi di quelli di Tessalonica, in quanto che ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando tutti i giorni le Scritture, per vedere se le cose stavano così.” Egli Apostoli a tal uopo si sforzarono costantemente di provare che l’Evangelo, da essi proclamato, era verace e lo stesso di quello che gli antichi profeti avevano oscuramente espresso.” E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi (il Corpo di Cristo) ministravano quelle cose, che vi sono state annuziate da coloro (gli Apostoli) che vi hanno evangelizzato, per mezzo dello Spirito Santo, madato dal cielo.” (I Pietro 1:10-12) Il loro sforzo mirò a dimostrare che è il vero, stesso Evangelo di vita e d’immortalità portato alla luce dal Signore a che il suo sviluppo, oltre tutti i dettagli, sono stati rivelati alla Chiesa per mezzo loro, sia mediante l’insegnamento, e la direzione dello Spirito Santo, che per delle rivelazioni speciali, mezzi naturali e d’ogni specie. Queste cose sono il compimento delle promesse del Signore agli Apostoli e, per essi, alla Chiesa: “Io ho ancora molte cose da dirvi, ma voi non potete sopportarle ancora.”

È giusto, quindi, che i Bereani ricercassero nelle Scritture se la testimonianza degli Apostoli concordava con quanto era esposto dalla Legge e dai profeti e paragonarlo anche con gl’insegnamenti del Signore. Anche il Signore, per dimostrare la sua testimonianza, rispetto alla Legge ed i profeti, dice: “Investigate le Scritture…esse testimoniano di me.” Infatti, le testimonianze dell’Eterno devono procedere in accordo: esse vengono dalla Legge, dai profeti, dal Signore o dagli Apostoli. La loro piena armonia costituisce la prova dell’ispirazione divina. Rendiamo grazie a Dio, poiché troviamo che questa armonia delle Scritture, dell’Antico Testamento e del Nuovo, formano ciò che il Signore stesso designa ‘l’arpa di Dio.’ (Ap. 15:2) Le differenti testimonianze della Legge a dei profeti sono le corde di questa arpa, le quali, accordate dallo Spirito Santo, dimorano nei nostri cuori e, toccate dalle dita dei pii servitori ed investigatori della Verità divina, danno gli accordi più dolci ed incantevoli che siano giammai arrivati ad orecchie umane. Ringraziamo il Signore per la melodia squisata e piena di grazia racchiusa nel ‘Cantico di Mosè e dell’Agnello,’ che, dalle testimonianze dei santi Apostoli e Profeti, apprendiamo esserne nostro Signore Gesù la Chiave!

La testimonianza del Signore e degli Apostoli s’armonizza mirabilmente con quelle della Legge e dei Profeti, giacchè rileviamo che essi attestano sia le cose nuove che le antiche, tal quale i profeti ce l’hanno fatte intendere. (Matt. 13:35; Sal. 78:2; Deut. 18:15,18; Dan. 12:9) Così, noi troviamo, non solo le verità nascote delle antiche profezie che ci vengono spiegate, ma scoperte, anche, delle nuove rivelazioni della Verità.



CONTINUAZIONE DELL’ARTICOLO
—Novembre-Dicembre 2011

La Scala Di Giacobbe

TUTTAVIA, NOI VEDIAMO che tale promessa divina non si adempì con Abrahamo, nè con Isacco, nè con Giacobbe e nemmeno con Mosè; durante la dispensazione della legge essa era ancora oggetto di speranza e lo fu fino alla venuta di Gesù. Dopo 517 anni, dalla promulgazione della legge del Sinai, una separazione spaccava in due il regno d’Israele con la costituzione di due nazioni separate: il regno di Giuda, con le tribù di Giuda e di Beniamino; il regno d’Israele, con le rimanenti dieci tribù. Non solo, ma nel 721 a.c. il re dell’Assiria, Shalmaneser, conquistava Samaria, dopo un assedio di tre anni, e poneva fine a questo regno. Il regno di Giuda veniva meno anch’esso nel 587 a.c., con la distruzione di Gerusalemme e la deportazione del popolo in Babilonia. La conquista della Terra di Canaan da parte del popolo d’Israele ed il suo possesso attraverso i secoli, non realizzava ancora la promessa fatta da Dio ad Abrahamo, la quale continuava ad essere oggetto di speranza da parte di tutte le anime pie e timorate.

La parola di Dio dice che “con la moltitudine delle occupazione vengono i sogni” e che ‘vi son vanità nella moltitudine de’ sogni’ (Ecclesiaste 5:3-7); il profeta Geremia esortava il popolo a non dar retta ai propri sogni (cap. 29:8). Occorre però distinguere tra sogno e segni, perché Iddio si dà a conoscere ai suoi profeti anche in visioni e per mezzo di sogni (Numeri 12:6); Iddio ‘parla per via di sogni, di visioni notturne, quando un sonno profondo cade sul mortali.’ (Giobbe 33:15) Ed il sogno di Giacobbe era da Dio, non solo, ma forniva la chiave per l’interpretazione della promessa Abrahamica. Che cose vide in sogno Giacobbe? Vide una scala poggiata sulla terra, la cui cima toccava il cielo; in cima alla scale vi era l’Eterno Iddio, mentre i suoi angeli salivano e scendevano su di essa. La voce di Dio si faceva indi sentire per riconfermare la sua promessa fatta ad Abrahamo; relativa al possesso perpetuo della terra di Canaan di parte della progenie di questo patriarca ed alla benedizione di tutte le famiglie della terra.

Ora, è notevole il fatto che in questo sogno la visione della scala viene abbinata alla promessa Abrahamica, formando un tutto unico. Ciò ci fornisce la chiave per meglio comprendere ed apprezzare adeguatamente la divina profezia. Unire la terra al cielo, far ritornare l’uomo a Dio per mezzo di una scala meravigliosa; ecco la realtà del sogno di Giacobbe. In seguito l’Eterno Iddio, ricordandosi della sua promessa fatta ad Abrahamo, chiamava dalla schiavitù dell’Egitto il popolo d’Israele ed entrava con esso nel vincoli di un patto per mezzo del mediatore Mosè, guidava questo popolo attraverso il deserto, facendo sentire del continuo in mezzo ad esso la sua presenza con la nuvola, di giorno, e con la colonna di fuoco, di notte. (Esodo 40:36-38) Eppure quella scala non era Mosè, il mediatore dell’antico patto; ci doveva essere qualcuno più grande di Mosè, in cui si sarebbero realizzate le promesse di Dio, che doveva ancora venire. A lui si riferiva il conduttore d’Israele quando così esortava il popolo dicendo: “L’Eterno, il tuo Dio, ti susciterà un profeta come me, in mezzzo a te, d’infra i tuoi fratelli; a quello darete ascolto! …E porrò le mie parole nella sua bocca ed egli dirà loro tutto quello che io gli comanderò. Ed avverrà che se qualcuno non darà ascolto alle sue parole ch’egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto.” (Deuteronomio 18:15-19) L’apostolo Pietro, nel suo ispirato discorso tenuto a Gerusalemme in occasione della guarigione dell’uomoo zoppo, applicava questa profezia a Gesù Cristo. (Atti 3:22-26) Lo stesso faceva anche Stefano, il primo martire cristiano, che testimoniava del buon nome di Gesù davanti ai conduttori del popolo d’Israele. (Atti 7:37) L’epistola agli Ebrei inizia con queste significative parole: ‘Iddio, dopo aver in molte volte e in molte maniere parlato anticamente ai padri per mezzo dé profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi mediante il suo Figliuolo, ch’Egli ha costituito erede di tutte le cose.—Ebrei 1:1-2

Ė dunque il Signore Gesù quella scala che congiunge la terra con il cielo? Non siamo noi a dirlo, ma il nostro Salvatore stesso: “In verità, in verità vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figliuol dell’uomo.”—Giov. 1:51

Attenzione, però al significato dei simboli: la terra, ossia l’uomo; la scala, ovvero Cristo; il cielo, vale a dire l’Iddio onnipotente. Infatti la benedizione di Isacco inizia così: “Ti benedica El-Shaddal” (Genesi 28:3); e quando Giacobbe si svegliò del sonno disse; ‘Certamente l’Eterno e in questo luogo e io non lo sapevo.’—vs. 16

Qualè l’errore comune a molti cristiani? Scambiare la scala, Cristo, per Colui che sta al di sopra di essa, Yahweh! La scala è il mezzo per andare all’Eterno Iddio e Padre di tutti; Gesù è la via, la verità e la vita, e nessuno va al Padre se non per mezzo di Lui.—Giov. 14:6 La mèta finale di tutte le creature umane è Yahweh Iddio e Padre di tutti, mentre Gesù è la via di accesso, l’unica via, per andare a Lui! D’altra parte, che la simbologia della scala si voglia riferire all’opera di mediazione di Gesù è fuor d’ogni dubbio. V’è un solo Dio—scrive l’apostolo Paolo—ed anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, il quale diede se stesso qual prezzo di riscatto per tutti.—I Timoteo 2:5-6

Il Signore Gesù, se fosse visibilmente in mezzo a noi, oggi, respingerebbe con orrore la dottrina della trinità; Egli disse che il Padre celeste era maggiore di lui (Giovanni 14:28); non solo, ma disse altresì che qualsiasi bestemmia contro a Lui sarebbe stata rimessa; ma non vi sarebbe stata remissione per la bestemmia contro lo Spirito (Matt. 12:32), ponendo con ciò lo Spirito al di sopra di Lui, perché esso procede dal Padre, solo dal Padre (Giov. 14:27), si identifica con il Padre, ovvero è la potenza sapienza, giustizia ed amore del Padre, manifestate a noi.

Si potrà obiettare che Gesù era inferiore al Padre, come uomo, ma uguale al Padre, come Dio. Questo arzigogolo umano non trova il benché minimo appiglio nella Scrittura. Gesù era e sarà perennemente inferiore al Padre, sottoposto al Padre, ubbidiente al Padre (I Corinzi 11:3; 15:28): L’Iddio nostro è l’Iddio unico, e l’unicità esclude la trinità, senza compromesso alcuno. (Deut. 6:4; Is. 45:5-7; Efesini 4:5-6; Giacomo 2:19) Aggiungiamo che mentre la Scrittura insiste su questa verità fondamentale della fede, non contiene il benché minimo accenno sulla trinità; questa parola non esiste affatto nell’antico e nel nuovo Testamento. Se fosse una verità di fede essa dovrebbe essere chiaramente indicata, così com’è stata indicata la dottrina, dell’unicità di Dio.

E’ questa la sana dottrina della Bibbia, che noi cristiani abbiamo sostenuto e sosteniamo con tutta la fede di cui l’Eterno Iddio ci fa capaci, anche a costo di subire l’ostracismo da parte dei sostenitori della dottrina trinitaria, che pure amiamo fraternamente!

In passato eravamo considerati eretici perché combattevamo l’immortalità dell’anima ed i tormenti eterni dell’inferno; oggi questa battaglia è quasi vinta; il sonno dei morti e la speranza della risurrezione è ormai una verità di diecine e diecine di milioni di cristiani in tutto il mondo. Sarà la stessa cosa per la fondatamentale dottrina dell’Unicità di Dio.

Non possiamo chiudere questo argomento senza riportare una più che strana interpertazione data da Pio IX di Genesi 28:10. Questo pontefice, nella Bolla “Ineffabilis Deus” dell’8 dicembre 1854, promulgata per giunta ex cathedra, e quindi coperta dell’infallibilità (infallibile veramente è solo l’Eterno Iddio—Romani 3:4), afferma che, secondo i ‘Padri’ della chiesa, Maria sia da indentificarsi con la ‘scala che Giacobbe vide elevarsi dalla terra al cielo…’

Ecco, dunque, dove porta l’errore trinitario! Considerato il Signore Gesù, uguale all’Iddio onnipotente, all’Altissimo, uguale in potenza e gloria, coeterno ecc., viene meno in Lui l’opera meravigliosa di mediazione, che passa così alla madre sua!

CRISTO – LA PROGENIE

Da quanto abbiamo accennato, appare chiaro che in Gesù Cristo si realizza la promessa Abrahamica. Ma come spiegare tale promessa divina che dice: “Io certo ti benedirò e moltiplicherò la tua progenie come le stelle del cielo e come la rena ch’è sul lido del mare?” Una interpretazione letterale, che restringa cioè la profezia al solo Israele naturale è assurda, oltre ché impossibile, prima perché la promessa era che Abrahamo sarebbe divenuto ‘padre di una moltitudine di nazioni’ e non d’una sola. (Genesi 17:4) Questa affermazione conferma anzi una vocazione estesa a persone provenienti da tutte le nazioni del mondo e non solo all’Israele naturale. Ciò non presuppone tuttavia il rigetto di questo popolo, ma la conferma della sua elezione.

Tale era il contenuto della predicazione di Giovanni Battista il quale così rimproverava i suoi connazionali esortandoli al pentimento: “Io vi dico che Iddio può da queste pietre far sorgere de’ figliuoli ad Abramo.”—Matt. 3:9

Questa realtà a principio era difficile da essere accettata dagli estesi apostoli i quali, dopo una relazione di Pietro sulla conversione a Cristo del centurione Cornelio e della sua casa, così concludevano: “Iddio dunque ha dato il ravvedimento anche ai Gentili affinché abbiano vita.” (Atti 11:18) Il primo ad essere convinto di questa realtà fu infatti proprio Pietro il quale, ascoltato la testimonianza di Cornelio, pronunciava queste significative parole: ‘In verità io comprendo che Dio non USA alcuna parzialità ha zione, chi lo teme ed opera giustamente gli è accettevole.’—Atti 10:34-35

La parola di Dio afferrma che la progenie è Cristo, ma con questo termine essa vuole evidenziare la funzione messianica del nostro Salvatore, alla quale verranno associati tutti i suoi seguaci dell’età del vangelo, ai quali viene promesso la partecipazione al Regno.—Daniele 7:21-22; Luca 22:29; I Tess. 2:11-12

Una delle verità più sublimi del Nuovo Testamento è che il Cristo non è costituito solo dal capo, né solo dal capo, ma da entrambi, in una unità indissolubile. Gesù è il capo della chiesa, e questa verità è incontroveribile (Efesini 1:22; 5:23; Colossesi 1:18); è altresì incontroveribile che la chiesa, la vera chiesa non una qualsiasi o tutte messe insieme, è il corpo di Cristo. (Romani 12:5; I Corinizi 12:27) Quali conseguenze logiche scaturiscono da queste sublimi verità di fede? In pratica, l’unità indissolubile esistente tra Gesù e la sua chiesa e che la parola del testo greco “koinonia” ‘comunione’ mette molto bene in evidenza, pone ogni vero seguace di Gesù di fronte a questa triplice prospetitiva:

(a) Avere comunione con le sofferenze di Gesù, le quali, iniziate con la sua vita terrena, culminarono con la sua morte atroce, sul Golgota (Lui era stato definito profeticamente uomo di dolori, famigliare col patire Isaia 52:3); quelle sofferenze sono comuni a tutti i membri del suo corpo—Romani 8:17; 2 Corinzi 1:5; 4:10-11, Filippesi 3:10; Coloss. 1:24

(b) L’accettazione di Gesù come nostro personale salvatore e la nostra partecipazione alle sue sofferenze, ci danno il diritto di diventare figliuoli di Dio—Giovanni 1:12

(c) Essere figliuoli di Dio, significa partecipare all’eredità paterna, e perciò ogni vero seguace di Gesù è erede di Dio e coerede di Cristo in quel beato regno, per il quale ancora oggi preghiamo.—Romani 8:16-17; 2 Timoteo 2:11-13

Questa gloriosa verità viene riassunta chiaramente nell’epistola ai Galati che qui riportiamo:

Or le promesse furon fatte ad Abramo e alla sua progenie. Non dice: ‘E alla progenite’, come se si trattasse di molte; ma, come parlando di una sola, dice: ‘E alla tua progenie’ ch’é Cristo. Ed ecco riassunta, nello stesso testo, l’unicità del corpo e la molteplicità delle membra: ‘Voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; poiché voi tutti siete uno in Cristo Gesù. E se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abramo; eredi secondo la promessa.’—Galati 3:16, 26-29

Questo insegnamento dell’apostolo dei Gentili è in perfetta armonia con la preghiera di Gesù al Padre.—Giov. 17:20-21

La progenie di Abrahamo, nella realtà è essenzialmente spirituale ed è costituita da tutti i veri seguaci di Gesù Cristo dell’età del Vangelo o nuovo patto, i quali sono chiamati ad una santa e celeste vocazione sia dal popolo d’Israele, che da tutte le nazioni della terra. Essa trova, comunque, la sua tipica rappresentazione nell’Israele naturale.

L’ISRAELE NATURALE

Alcuni potranno chiedersi, dopo quanto abbiamo scritto, qual parte avranno nel piano di Dio per le età future tutti i santi uomini dell’antico patto e con essi anche tutti i fedeli Israeliti che hanno sofferto persecuzioni d’ogni genere per la loro fedeltà alle promesse di Dio fatte per mezzo dei loro padri.

Il tempo biblico è costiuito da una linea orizzontale tagliata ad un certo punto in modo da costituire due semirette che rappresentano appunto l’antico ed il nuovo patto; al posto di “patto”, possiamo usare anche ‘alleanza.’ Quella cesura o taglio è data dalla morte di Gesù Cristo sulla Croce, Se si parla di un nuovo patto, si parla inevitabilmente di nuove e più sostanziali promesse, di promesse tanto più eccellenti in quanto di esse è garante il Signore Gesù. (Ebrei 7:22; 8:6-7) Il secondo patto annulla perciò il primo (Ebrei 8:13), data l’impossibilità di una loro coesistenza. Anche Gesù accenna a questo nuovo patto, suggellato non come quello antico con il sangue di animali, ma con il suo proprio sangue.—Luca 22:20; Ebrei 9:13-18

L’antico patto prevedeva ricompense terrene, così come il nuovo prevede ricompense celesti, sia pure in una diversità di gloria. Questa seconda affermazione è ritenuta da tutti una verità incontestabile, mentre la prima viene messa in dubbio. Molte chiese, quella di Roma in testa, pensano che tutti i fedeli uomini di Dio dell’antico patto, alla loro morte siano stati assunti in cielo; ciò come logica conseguenza della teoria dell’immortalità dell’anima. Ma non è tale l’insegnamento della parola di Dio, la quale afferma che i morti “dormono” in attesa del risveglio; e se dormono non sono in un ‘aldilà,’ sia esso paradiso, purgatorio od inferno di fuoco. Questo risveglio avrà luogo con il ritorno di Gesù Cristo, a chiusura dell’era attuale, per mezzo di una risurrezione. Vi sarà, anzi, una triplice risurrezione, e precisamente:

—la prima, che è quella dei seguaci di Gesù dell’età del vangelo, di cui si parla in i Corinzi 15:51-54; I Tessal. 4:13-17; Apocalisse 20:6 ed in numerosi altri testi, e prevede una ricompensa celeste, diversificata, come dicevamo, quanto alla gloria;

—la seconda, chiamata anche migliore risurrezione, fatta per i santi uomini dell’antico patto, da Abele a Giovanni Battista, e prevede una ricompensa terrestre (Ebrei 11:35-40);

—la terza, quella generale, che si realizza con un ritorno alla vita di tutto il rimanente dell’umanità (Apocalisse 20:11-15).

Fermiamoci brevemente alla migliore risurrezione. Essa consisterà in un ritorno alla vita perfetta sulla terra; mentre il resto dell’umanità realizzerà la perfezione nel corso dei mille anni del regno di Cristo e dovrà essere giudicata e quindi ricevere correzione, i santi uomini dell’antico patto, al momento stesso della loro risurrezione, saranno restaurati alla perfezione e prenderanno nelle loro mani le redini del mondo in qualità di “principi per tutta la terra” (Salmo 45:16); governeranno cioè il mondo da Gerusalemme. (Isaia 2:2-4; Michea 4:1-4) In Ezechiele 34:23-24; 37:24-25 si afferma esplicitamente che Davide regnerà sulla nazione d’Israele in Gerusalemme.

Possiamo perciò affermare che, pur essendo la progenie di Abrahamo una ed indivisibile e celeste quanto alla natura, essa avrà la sua manifestazione o rappresentazione terrestre nella nazione d’Israele, guida e luce delle genti; Gerusalemme sarà la capitale della nuova terra, il centro di irradiamento della volontà di Dio, così come la celeste Gerusalemme lo sarà nei nuovi cieli (Isaia 65:17; Apoc. 21:1-2). Infatti “i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento” poiché i componenti la progenie naturale di Abrahamo, ‘per quanto concerne l’elezione sono amati per via dei loro padri.’ (Romani 11:28-29) Israele è stato e sarà il popolo eletto di Dio non solo nell’attuale dispensazione evangelica, ma anche nella veniente era messianica.

Alla fine dei mille anni del Regno Messianico, allorché sarà stato portato a compimento l’opera di restaurazione di tutte le cose (Atti 3:19-21), la progenie di Abrahamo sarà numerosa “come le stelle del cielo” (il Cristo capo e corpo), e ‘come la rena ch’é sul lido del mare’ (Israele naturale restaurato ed in fraterna armonia e cooperazione con tutti i popoli della terra). Abrahamo sarà allora ‘padre d’una moltitudine di nazioni’ (Gen. 17:5), prima fra tutte quella d’Israele.




Ritratto Del Re

SE, COME È opinione generale, il tempo dei re e ormai tramontato, possiamo affermare e dimostrare che spunta il giorno del nuovo Re, in questo mondo in subbuglio, per l’angosciosa situazione, nella quale si dibatte, a causa di problemi complessi ed assillanti, ritenuti insolubili dagli uomini più eminenti, nel campo della politica e della scienza.

Numerose nazioni, dopo secoli d’asservimento a re e a imperatori, compresero che costoro costituivano un ostacolo alle loro aspirazioni e li soppressero. Tuttavia, i popoli, che si sono liberati dei predetti, non sono per nulla soddisfatti dei governi che li hanno sostituiti: giacchè, mentre il mondo risente ancora delle sofferenze, derivanti dalla seconda guerra mondiale, innumerevoli ideologie, in contrasto l’una con l’altra, impediscono l’avvento di una era di pace e giustizia ed il riconoscimento al rispetto dei diritti dell’uomo. Ora è logico che i popoli, delusi, prima dai re e dagli imperatori detronizzati, poi dai governi che man mano li hanno sostituiti, disiderino un nuovo re che instauri un govenro di giustizia. Molti pensano che il mondo potrebbe salvarsi dalla rovina solo mediante l’opera di un superuomo. Tale essere eccezionale, oltre ad essere dotato della spaienza necessaria ad eseguire un nuovo piano di vita per tutti, avrebbe il potere di mettere in esecuzione i suoi disegni ed imporre le sue leggi. Perciò gli uomini attendono ansiosamente la manifestazione di un tale Re che, bandendo tradizioni e superstizioni, istitusica il suo potere e senza sacrificio di milioni di giovani sui campi di battaglia, né lanci di bombe ed altri ordigni micidiali; un re che consideri con eguale interesse l’uomo povero ed il ricco, di razza bianca o nera, ai quali riconosca gli stessi diritti ed imponga a tutti lo’adempimento dei medesimi doveri.

Un tale Re, capace di rioganizzare il mondo caotico d’oggi, non potrà riconoscere pretese di superiorità razziali, poichè salvaguarderà gl’interessi di tutto il genere umano senza particolarità. Egli sarà dotato di cosi grande sagezza che niuno potrà ingannarlo per ottenere beneficii ai danni di altri; riceverà da Jèhovah Dio la podestà di regnare su tutte le nazioni: “Lo spirito dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell’Eterno. Respirerà come profumo il timor dell’Eterno, non giudicherà dall’apparenza, non darà sentenze stando al sentito dire, ma giudicherà i poveri con giustizia, farà ragione con equità agli umili del paese. Colpirà il paese con la verga della sua bocca e col soffio delle sue labbra, farà morire l’empio. La giustizia sarà la cintura delle sue reni e la fedeltà la cintura dei suoi fianchi.”—Isaia 11:2-5

Nessun re ha mai posseduto queste qualità, che saranno proprie del nuovo legislatore, destinato a guidare il mondo attuale e portare la pace a tutti i popoli. Per reggere il mondo questo nuovo re dovrà rispondere ai requisiti che si richiedono in questa profezia del Re Davide:

“O Dio; da’ i tuoi giudizi, e la tua giustizia al figliuolo del re ed egli giudicherà il tuo popolo con giustizia, e i suoi miseri con equità! I monti produrrano pace al popolo e i colli pure, mediante la giustizia. Egli farà ragione ai miseri del popolo, salverà i figliuoli del bisognoso e fiaccherà l’oppressore! Ti temeranno fin che dura il sole, finchè dura la luna, per ogni età! Ei scenderà come pioggia sul prato segato, come acquazzone che adacqua la terra. Al di d’esso il giusto fiorirà e vi sarà abbondanza di pace finchè non vi sia più luna. Egli signoreggerà da un mare all’altro e dal fiume fino all’estremità della terra.” —Salmo 72:1-8

Circa duemila anni or sono, un uomo percorreva la terra della Giudea e i suoi discepoli credevano che fosse destinato ad essere il dominatore del mondo, preannunciato dai profeti. Non aveva un esercito e non cercava d’innalzarsi danneggiando gli altri. Era molto conosciuto per al sua bontà. Una fra le più belle testimonianze su lui dice che” … andava di luogo in luogo facendo del bene.” Ma i suoi contemporanei, per la decadenza morale nella quale vivevano, non furono in condizioni di apprezzarlo adeguatamente. La classe dirigente del tempo mirava a colpirlo a morte imputandogli ogni specie di colpe e, fra queste, quella di, essersi proclamato re, gli valse l’atto d’accusa formulato presso il Governatore romano. Questi, convocatolo in giudizio, gli chiese: “Sei tu Re? Gesù rispose: tu lo dici; io sono re; io sono nato per questo, a per questo sono venuto al mondo.” (Giov. 18:37) Tali parole delinearono gli estremi di reato per il quale fu condannato a morte poichè l’affermazione espressa costituiva, per quei tempi, un elemento di ribellione e tradimento a Cesare.

Questo servitore del popolo, tanto buono, amorevole, comprensivo, altruista e pronto al sacrificio, era Ebreo.

Allorchè il Governatore ramono si accorse dell’impossibilità di salvargli la vita, non vietò ai suoi soldati che gli ponessero una corona di spine in testa e, cosi adornato lo presentò al popolo dicendo: “Ecco il nostro Re” e quella, in un coro unanime, gridò; “Crocifiggilo, Crocifiggilo!”

(Continua Nel Prossimo Numero)



Associazione Studenti Biblici Aurora