AURORA
Gennaio-Febbraio 2006

Contenuto Di Questo Numero

  1. Saluti Cristiani A Tutti I Lettori Dell’Aurora
  2. Le Prospettive
  3. Preparazione Per L’Evangelo (Continuazione Dell’Articolo— Novembre-Dicembre)
  4. Luci Dell’Aurora - Il Nostro Bisogno Di Pazienza
  5. Vita E Dottrina In Cristo - La Generosa Mano Di Dio
  6. Studio Biblico - La Venuta Del Liberatore

Saluti Cristiani A Tutti I Lettori Dell’Aurora

COGLIAMO L’OPPORTINITÀ della fine dell’anno, per inviare i nostri saluti a tutti i nostri fratelli e sorelle, dovunque, assicurandoli del nostro amore in Cristo. È una grande benedizione, per noi tutti, sapere che vi sono dei cuori e delle mani consacrate in tante nazioni, e che tutti insieme attendiamo all’opera del Signore, al cui servizio abbiamo dedicato le nostre vite. Rivolgiamo ai nostri cari in Italia, Australia, Nueva Zelanda, India, Francia, Swizzera, Belgio Olanda Austria, Romania, Cecoslovacchia, Svezia, Norvegia, Polonia, Finlandia, Gran Bretagna, Germania, ed a tutti quelli dell’America del Nord e del Sud un saluto Cristiano e amoroso. Quanto e grande il nostro privilegio di sapere che da tutti questi luoghi, ogni giorno, vi sono preghiere di consacrati che ascendono al Trono delle grazie celesti, in una reciproca presentazione e per Israele di Dio sparsa dovunque. Possono queste preghiere produrre una più ricca effusione del Santo Spirito ed aumentare la nostra costanza nella dedicazione delle nostre vite al servizio del Maestro. Preghiamo ancora, affinché la nostra visione della Verità diventi sempre più chiara e luminosa e la nostra attesa non indebolisca la nostra fede in quel meraviglioso messaggio della mietitura, rivelatoci dal Signore (quale cibo per il tempo presente).




Le Prospettive

SE VOLGIAMO LO sguardo al nuovo anno—il 2006 — possiamo esprimere il nostro ringraziamento alla provvidenza del Signore, per le opportunità meravigliose che si offrono al servizio del popolo di Dio in molte nazioni. Noi abbiamo grande bisogno di un tal servizio! A misura che noi annunziamo agli altri il messaggio del regno di Dio, le nostre speranza Messianiche diventano piu concrete ed esercitano in noi maggiore stimolo. Perciò, restiamo fedeli al privilegio accordatoci mentre quelle opportunità ci sono ancora messe dinnanzi, perché quella “notte oscura” può sopraggiungere in un qualsiese momento e farà cessare l’opera dell’uomo.

La chiusura dell’anno ha trovato il mondo in una situazione quanto mai precaria. In quest’ ultimo scorcio di tempo le condizioni già critiche del Medio Oriente quest’anno saranno peggiore. La tenzione internazionale ha ora il suo epicentro nelle terre della Bibbia. Recentamente il nuovo primo ministro dell’Iran in un discorso al suo popolo e publicato nelle riviste di quasi tutto il mondo disse che “Le nazioni dell’Europa ci dovrebbere dara a Israele un luogo nel continente Europeo e buttarla fuori del Medio Oriente. Il popolo del Signore é interessato in modo speciale allo sviluppo degli eventi, per notare la veracità della relazione esistente fra essi e l’adempimento delle promesse divine a favore di Israele ed individuare più o meno l’approssimarsi della “Distretta di Giacobbe” Ma anche su ció dobbiamo attendere.

Considerata nel suo insieme, la situazione generale e in evidente armonia con le profezie, ma i dettagli non potranno esserere chiaramente compresi fino a quando non si svilupperanno in maggior profondità e chiarezza. Quanto e accaduto nel Medio Oriente nell’anno passato, ci dimostra un notevole adempimento della Profezia di Gioele 3:10—giacchè delle nazioni deboli e poveri hanno avuto la presunzione di dichiarare: “Son forte” Ora, la profezia, inequivocabilmente, si riferisce al ritorno del popolo Ebraico nella sua onalienabile terra.—Leggere Gioele 3:1-2

Noi viviamo indubiamente, in un tempo meraviglioso ma di restare ancora al di quà della cortina costituisce una ulteriore prova per la nostra pazienza e la nostra fede. Quaranta e cinquanta anni sono per il Signore, una frazione di tempo trascurabile. Ma è sopratutto in questa “frazione di tempo” sin da quando ha avuto luogo la chiusura dei tempi dei Gentili, che si sono verificati nel mondo intero dei cambiamenti rivoluzionari i quali non trovano riscontro in qualsiese altro periodo della storia Un sistema mondaile finì nel 1914 ed ora i governi insediatesi con le rivoluzioni, si trovano in un tal critica posizione, prigionieri del loro stesso sistema, da imporre ai loro capi degli sforzi supreme per evitare di essere travolti in una terza guerra mondiale, con i suoi errori e le sue distruzioni che nessuna mente potrà mai concepire. Noi con l’occhio della fede vediamo queste cose. Sappiamo che esse costituiscono appunto quel: “tempo” indicato da Gesù sulla NON impossibile distruzione di ogni carne. E perciò attendiamo pazientamente l’ulteriore adempimento della “Visione” Si, sebbene essa appaia “Lenta” noi continuamo ad attendere, a vegliare e a lavorare, pregando il Signore per la Sua guida e il Suo aiuto in ogni tempo. Cari fratelli e sorelle dovunque vi trovati. L’Eterno Volga verso di voi il Suo volto, e vi dia la pace, con amore cristiano la fratellanza del Dawn/Aurora.



La Nostra Pasqua

Quest’Anno Sarà Celebrata Il 11 Aprile 2006



CONTINUAZIONE DELL’ARTICOLO

“Preparazione Per L’Evangelo”

UN’ALTRA PREPARAZIONE

Un altro evento storico, che in se stesso avrebbe poco significato, diviene molto significativo, se lo poniamo in relazione della preparazione per il Vangelo: il forte declino delle antiche fedi e superstizioni pagane, che andavano scomparendo dalle usanze e dalle coscienze dei popoli, allorchè Paolo ed altri iniziarono la propagazione dell’Evangelo nelle terre lontane.

L’impressionante evidenza di tale declino è dimostrato dalla usanza di erigere degli altari (allo Dio sconosciuto) che ebbe origine da questa leggenda: Nel sesto secolo a. C. Atene fu infestata da un grave morbo che continuò anche dopo innumerevoli sacrifizi offerti dal popolo a tutti i dèi conosciuti da loro. Nella loro disperazione, chiesero consiglio e lumi al poeta e profeta Cretese Epimenides. Questi avviò un gregge di pecore, nere e bianche, all’areopapo, e, dovunque una di essa si giaceva, veniva sacrificata allo (Dio sconosciuto). Parve che questo rito facesse cessare la pestilenza, e perciò da quel tempo invalse l’uso d’innalzare altari allo Iddio sconosciuto).

Paolo al corrente della legenda, nel suo sermone dell’areopago, indicando un altare ove figurava la iscrizione al “Dio sconosciuto”, disse alle genti, venute ad ascoltarlo: “ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annunzio.”—Atti 17:23

Le popolazioni non abbracciavano la fede giudaica completamente perchè i riti della legge li disgustavano e si sottraevano alla circoncisione.

Esse riverivano l’unico vero Iddio Vivente e presenziavano ai culti nelle Sinagoghe e nei templi. Anche dei cittadini degni di nota, come ad esempio, il Centurione di Capernaum, e Cornelio di Cesarea. Questi si distinsero per la grande generosità delle loro offerte.—Luca 7:1-10; Atti 10:1-4

Essi non professavano di essere Giudei, ma erano distinti, fra i proscelti, come (uomini che temono Iddio) o come dei devoti, e rappresentavano la tendenza di una vasta schiera del popolo in quel periodo di tempo. Essi anelavano al riposo della propria anima e lo trovavano, per il momento, nel Giudaismo, il quale costituì un periodo di transizione e preparazione per accettare l’Evangelo.

Parve che il mondo si trovasse in attesa di una nuova e salda fede, allorchè furono visitati dagli araldi della Croce.

Passarono diversi anni, prima che gli Araldi divisassero di andare fuori della Palestina. Gesù aveva detto loro di cominciare da Gerusalemme perchè era necessario stabilire la Chiesa colà con saldezza, prima di propagarsi in altri luoghi. Pietro andò in missione, limitandosi al vicinato. Egli non oltrepassò i confini della Palestina, spingendosi fino alla valle di Sharan con le sue città di Lidia, Ioppa, e Cesarea. Si attenne a parlare solo agli Ebrei e non provò di predicare ai Gentili, fino a che ebbe l’ordine dal Signore di andare da Cornelio.

Cornelio non era un gentile nello stretto senso della parola, ma (un uomo che temeva il Signore). Eppure Pietro dovette giustificarsi per averlo fatto battezzare, pur questi essendo incirconciso.

Infatti, gli oppositori di Pietro dovettero ricinoscere che, fuori dalla cerchia ebraica, era sorto un uomo di larga visione, salda fede e di spirito coraggioso che, con l’aiuto del Signore, divenne il famoso Apostolo dei Gentili: (Paolo. La sua vita era stata preparata per formare un vaso eletto) per la predicazione dell’Evangelo fin dal ventre di sua madre. Paolo o Saulo di Tarso, fu cresciuto ed educato quale, (Fariseo dei Farisei; studiò ai piedi di Gamaliele si suppone che fosse anche membro del (Sinedrio) per quanto egli mai vantò tale distinzione. Ben edotto delle leggi giudaiche, si preparò con, passione alla divulgazione dell’Evangelo ai gentili.

Paolo comprese che Cristo aveva posto fine alle consuetudini della legge, ed aveva tracciata una nuova luminosa via per i guidei e gentili, per la quale le vecchie usanze dovevano essere abolite.

Per tale opera, Iddio non aveva impiegato solo lui e gli Apostoli ma aveva preparato anche i popoli: trasformando le loro menti e le loro coscienze, onde accogliessero quella luce che Egli aveva loro destinata, onde potessero in appresso beneficiare delle sue benedizioni.

Ci è sommo gaudio, fratelli carissimi, aver tratteggiato l’evolversi della preparazione per l’Evangelo nel passato, onde risaltino le providenze e previdenze elargite da Dio a coloro che Egli aveva (chiamato) all’alto compito di propagarlo.



LUCI DELL’AURORA

Il Nostro Bisogno Di Pazienza

“E L’Eterno mi rispose e disse: Scrivi la visione … poichè è per un tempo già fissato; ella non s’affretta verso la fine, e non mentirà: se tarda, aspettala; poichè per certo verrà; non tarderà.”
—Habacuc 2:2,3

IN EBREI 10:35-38, SIAMO ammonite a non discostarci mai dalla nostra franchezza ed a ricordare che, per conservare intatta la fede in Dio, abbiamo bisogno di costanza e pazienza; poichè senza tali doti non potremmo usufruire il beneficio, delle promesse divine.

L’autore dell’epistola mette questo ammonimento in relazione col ritorno di Cristo, scrivendo; “Ancora un brevismo tempo, e colui che ha da venire, verrà e non tarderà”. È da notarsi che queste parole, collimano, nel contenuto, con quelle citate nei versetti di Habacuc di cui al testo e dimostrano che Paolo inquandrò la profezia della “visione” al tempo del secondo avvento.

La speranza del ritorno di Cristo e l’instaurazione del suo regno costituì la grande ispirazione della Chiesa Primitiva. I nostri fratelli di quel tempo erano convinti che le promesse messianiche del Vecchio Testamento sarebbero state adempiute parzialmente al primo avvento di Gesù. Illuminati dallo Spirito Santo, essi compresero la necessità della morte di Cristo per l’opera di redenzione del genere umano, ma ritenevano che il regno del Messia—pur appartenendo al tempo del ritorno di Cristo — costituisse un evento di prossima attuazione: “Ancora un pochissimo tempo, e colui che ha da venire, verrà e non tarderà.”

Secondo questi fratelli dei primi giorni dell’età evangelica, la lunga notte di peccato e di morte era “avanzata” ed il nuovo “giorno” di giustizia, di pace e di vita era, ormai, “vicino”.—Romani 13:12 Gli apostoli sapevano che il ritorno di Cristo non avrebbe avuto luogo durante i loro giorni, ma non è da escludere che qualcuno fra loro non avesse compreso che, prima di giungere alla seconda venuta del loro Signore, avrebbe dovuto trascorrere un intervallo di circa duemila anni.

Se consideriamo gli elementi che hanno regolato i rapporti intercorrenti tra Dio ed il Suo popolo, in ogni età, ci apparirà evidente che il fattore tempo è stato di grande importanza nel provare la fede riposta in Lui e nell’adempimento delle Sue promesse. La fede di Abrahamo fù provata dalla lunga attesa per la nascita di Isacco, ritenuto dal padre quale “progenie” della famosa promessa. Mosè intraprese a liberare i figliuoli d’Israele dai loro oppressori egiziani, quaranta anni prima del tempo stabilito dal Signore. Giovanni il Battista, che annunziò la presenza dello “agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, più tardi gli fece chiedere: “Sei tu colui che ha da venire, o ne aspetteremo noi un altro?”—Matteo 11:3

PRESENTE, ORA

L’età del Vangelo è stata una lunga e pesante notte di esperienza per il vero popolo del Signore, ma ora ci troviamo nella fine di questa età. Le parole di Paolo: “Colui che ha da venire, verrà.” Tuttavia, l’attesa non è terminate. La “visione” che doveva essere annunziata lo è stata, ma il suo adempimento sembra ritardare. L’espressione “Se tarda”, in Habacuc 2:3, è tradotta nella Revised Standard Version: “Se appare lenta, aspettala.” Nella risposta data da Gesù alla domanda postagli dai discepoli intorno ai segni della sua seconda venuta è citata la Parabola delle Vergini la quale verte, principalmente, sul ritardo dello Sposo. Mentre questo particolare ha avuto un adempimento specifico per il ritorno di nostro Signore, è fuor di dubbio che interessi anche la situazione generale determinate dall’apparente ritardo della “visione.” E poichè è da ravvisare, in tutto ciò, il metodo usato dal Signore per provare la fede del Suo popolo, noi non dobbiamo presumere di esserne esentati. Piuttosto dovremmo riconoscere che la “lenta” realizzazione delle nostre speranze costituisce, in sostanza, una delle tante evidenze comprovanti la venuta del Maestro, perchè sebbene la “visione” sia stata annunciata, essa ancora ritarda.

Ora siamo giunti alla fine di un altro anno di attesa, senza alcuna indicazione ben definita di poter raggiungere il godimento delle nostre speranze nell’- anno a venire. Perciò riscontriamo ben appropriato l’ammonimento: “Se tarda aspettala!”

Quantunque i fratelli hanno atteso pazientemente un altro anno, essi non sono stati pigri, perchè hanno guardato fermamente al compimento della loro salvezza, ben sapendo che Iddio ha operato in loro il volere e l’operare, per la Sua benevolenza.— Filippesi 2:12,13 Essi sanno che nel mentre attendono, nella carne, al di quà della cortina, la volontà del Signore richiede da essi la testimonianza per la Verità, pel glorioso Evangelo del Regno, la buona nuova che ben presto tutte le famiglie della terra riceveranno le benedizioni da Alto. Noi dobbiamo pregare per tutti i nostri fratelli, ovunque essi siano affinchè pazientemente continuino nel buon lavoro per il Signore.

NON SONO NELLA BIBBIA

Le dottrine del purgatorio e dei tormenti eterni non sono insegnate nella Parola di Dio. Alcuni ragionando hanno detto: “Se c’è un cielo deve pur esserci un inferno.” C’è un cielo—noi ne discuteremo in uno dei seguenti articoli. Ma l’alternativa offerta dalla Bibbia non è cielo od inferno bensì: vita o morte. La morte è il salario del peccato, la vita è il “dono di Dio.” Questo dono meraviglioso fu offerto ai nostri progenitori ed essi potevano ottenerlo a condizione di obbedire alla legge di Dio. Essi disubbidirono e fu loro erogata la pena di morte.

Ma il dono divino della vita può ancora essere ottenuto. Gesù ce lo disse e lo troviamo scritto in Giovanni 3:16: “Poichè Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.” Notate che Gesù usa il verbo “perire”, volendo parlare di totale distruzione, non di tortura. Tolto il dono della vita fatto da Dio tramite Cristo, il Redentore, il genere umano sarebbe perito, ma non destinato alla tortura.

L’inganno di Satana è stato tanto grande che è riuscito finanche a privare le parole del loro significato. D’ordinario ognuno dovrebbe conoscere il significato della parole “morire” e “morte”, ma Satana è stato così astuto che nei circoli teologici il significato di queste parole è travisato al punto da considerarlo “separazione da Dio”, e separazione da Dio significa tortura nell’inferno. Ma supponete un istante che noi appolicassimo tale falso significato leggendo dell’annientamento della vita durante il diluvio. Sta scritto: “E perì (fu separata di Dio) ogni carne che si muoveva sulla terra: uccelli, bestiame, animali servatici, rettili d’ogni sorta striscianti sulla terra, e tutti gli uomini.”— Genesi 7:21

Questo passo della Scrittura non fa differenza tra la morte delle bestie e quella degli uomini. Non dice che gli uomini furono spazzati in un luogo di tortura dalle acque verticose del diluvio. Non lo dice perchè non sarebbe stato vero. La Bibbia dice: “Come muore l’uno (l’uomo) così muore l’altra (la bestia) … Tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengon dalla polvere, e tutti ritornano alla polvere.”— Ecclesiaste 3:19,20

È il desiderio di vivere insito nell’uomo che l’ha propiziato alla menzogna di Satana circa l’immortalità. Anche in condizioni anormali d’iniquità, malattia e guerre, la vita viene considerata da molta gente un bene, una benedizione, ed è difficile credere—milioni di persone rifiutano di crederlo— che quando il cuore cessa di battere non c’è più vita. Desiderosa di vivere, l’umanità è stata facile preda della menzogna satanica: “No, non morrete affato”, “Non c’è morte.”

La considerazione che l’uomo ha per la vita è una delle cose che lo differenziano dagli animali inferiori. Dio creò l’uomo affinchè vivesse, non per un tempo, ma eternamente. La morte era dunque la pena più severa per punire il peccato. Non è dunque strano se noi rifuggiamo da essa, non ci sorprende se molti insistono che essa non è reale. E ciò che consideriamo morte non è altro che il passaggio ad un’altra vita.

Ma la pena di morte è rigorosamente tale e la Scrittura dà risalto alla sua realtà. Tuttavia la Bibbia non toglie la speranza in una vita futura. La speranza non è basata sulla vana illusione che nessuno muore realmente, ma sul fatto che Dio ha promesso di ridare la vita ai morti. Ai seguaci di Cristo viene promessa una dimora celeste con lui, non perchè vi sia nel loro organismo qualche elemento immortale che scappi quando il corpo muore e sia sollecitamente ammesso in cielo, ma perchè la potenza di Dio ridonerà loro la vita alla resurrezione e li esalterà alla “gloria, onore, ed immortalità.”— Romani 2:7

Quando il profeta Giobbe soffriva oltre ogni limite di sopportazione egli chiese a Dio di farlo morire. Avendo pregato per ottenere la morte, Giobbe pose la domanda: “Se un uomo muore può egli tornare in vita?”—Giobbe 14:14 Giobbe non chiese; “Se un uomo muore è realmente morto?” Egli ben sapeva che chi muore è realmente morto. È per questa ragione ch’egli chiese a Dio di farlo morire, poichè credeva che fosse quello il solo modo per essere liberato dalle sofferenze. Ciò che Giobbe intendeva sapere è se Dio gli avrebbe ridato la vita in un secondo tempo.

Giobbe parlò sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, la protenza, di Dio e, rispondendo alla propria domanda, disse: “Attenderò tutti i giorni del tempo che m’è fissato (nella morte), sino a che venga il mio cambiamento; (allora) tu chiamerai ed io ti risponderò: tu desidererai l’opera delle tue mani.”— Giobbe 14:14,15, secondo una versione inglese della Bibbia). Nel Nuovo Testamento Gesù confermò la speranza d’essere richiamati dalla morte, al tempo voluto da Dio. Egli si servì a tal uopo della morte di Lazzaro, il fratello di Marta e Maria di Betania. L’episodio è narrato nei versetti 1 a 46 dell’undecimo capitolo di Giovanni.

Lazzaro s’ammalò mentre Gesù si trovava nella provincia settentrionale chiamata Galilea. Allora le sue sorelle mandarono a dire a Gesù: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato.”—vs. 3 Le sorelle pensavano, ovviamente, che Gesù, appena informatone, sarebbe venuto a Betania, alla loro casa. Invece egli attese due giorni, indi disse ai suoi discepoli: “Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo.” Ma i discepoli non compresero lo scopo di tale dichiarazione. Pensavano che Gesù si riferisse ad un “sonno ristoratore.” Allora Gesù disse loro apertamente: “Lazzaro è morto.”— vss. 11-14

In questa conversazione fra Gesù ed i discepoli viene rivelata una delle verità fondamentali della Bibbia. In quel momento, come disse Gesù, Lazzaro era morto; ma, dato che egli contava di ridonargli la vita, Gesù parlò della morte come di un semplice sonno. Tale verità vale per tutto il genere umano, per i morti e per coloro che morranno; essi sono morti. Satana mentì quando disse: “No, non morrete affatto”. Questa punizione del peccato sarebbe stata un eterno annichilimento per tutti i figli d’Adamo, se non fosse per la provvidenza divina espressa tramite Cristo, il quale diede sè stesso alla morte in sostituzione della vita perduta da Adamo. Paolo scrive: “Come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saran tutti vivificato.”—I Corinzi 15:22

Nessuno è riportato in vita sino al tempo stabilito da Dio per la resurrezione dei morti. Ma, sin d’ora, Iddio considera coloro che sono morti come se fossero addormentati. Coloro che dormono sono nell’incoscienza e così è per i morti. Per coloro che dormono c’è un risveglio, e Dio ha promesso che coloro i quali dormono nella morte saranno parimenti risvegliati tramite Cristo.

Gesù andò dunque a Betania e, mentre s’avvicinava alla casa di quella piccola famiglia ch’egli tanto amava, Marta gli andò incontro e gli disse: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Gesù replicò: “Tuo fratello risusciterà.”— vss. 21,23 Gesù non disse a Marta che suo fratello non era veramente morto, che era più vivo che mai. Gesù sapeva che, confortando Marta in tal modo, avrebbe sostenuto la menzogna di Satana: “No, non morrete affato”. Il messaggio riconfortante di Cristo era che Lazzaro, veramente morto, sarebbe tornado in vita. Ed è questa la grande speranza di vita che la Bibbia offer all’umanità.

Marta rispose allora a Gesù: “Lo so che risusciterà, nella risurrezione, nell’ultimo giorno.”—vs. 24 La Bibbia ci rivela che “l’ultimo giorno” è l’età finale del piano di Dio per la salvezza dell’umanità, dal peccato e dalla morte. Quando questo programma di restaurazione sarà completato, età senza fine di pace e di gioia si spargeranno su tutta la razza umana restaurata. Marta sapeva che suo fratello sarebbe tornado in vita al tempo della risurrezione generale, ma ciò non colmava il vuoto del suo cuore, lo stesso al quale vanno soggetti tutti coloro ai quali la morte rapisce un loro caro.

Gesù rispose ancora a Marta dicendo: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muoia, vivrà:—vs. 25 Il prof. Rotherham (noto studioso della Bibbia) traduce il versetto seguente assai appropriatamente: “E nessuno che rivive e crede in me morrà in alcun modo.” In questa meravigliosa dichiarazione Gesù ci assicura che i credenti, ed anche coloro che non hanno avuto l’opportunità di credere durante questa vita, saranno risvegliati dalla morte: i credenti per un’immediata perfezione di vita, gli increduli per avere un’opportunità di credere e vivere eternamente.

Poco dopo, Gesù risvegliò Lazzaro dalla morte. E ciò costituì l’illustrazione del piano divino per l’umanità. In Giovanni 5:28-29 leggiamo: “Non vi meravigliate di questo; perchè l’ora viene in cui tutti coloro che sono nei sepolcri, udranno la sua voce e ne verranno fuori: quelli che hanno operato bene (i credenti), in risurrezione di vita; e quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio.”

Vi sono numerosi testi della Bibbia che mostrano come alla risurrezione i fedeli credenti in Cristo di quest’età saranno ricompensati coll’immorta lità.” — Romani 2:7 Ma coloro che sono risvegliati dalla morte, ossia “verranno fuori” per il “giudizio”, sarranno ristorati alla perfetta vita umana originalmente data ad Adam ed Eva, se tuttavia passeranno con successo il giudizio. La parola “giudizio” è tradotta dalla voce greca krisis. Essa significa esame o prova, cosicchè al tempo della risurrezione generale tutta l’umanità sarà messa in prova, come lo furono Adamo ed Eva nell’Eden.

La grande differenza tra il futuro periodo di prova per tutta l’umanità e la prova dei nostri primi progenitori risiede nel fatto che allora la gente non sarà sedotta da Satana come lo fu Eva e gran parte dell’umanità. Allora essi sapranno che Dio disse la verità quando affermò che la morte sarebbe stata la punizione del peccato, poichè essi l’avranno osservata ed esperimentata. Quando saranno risvegliati dalla morte e considereranno quanto tempo rimasero senza conoscenza, essi sapranno che erano morti. Sapranno che, mentre si trovavano nella morte, non erano nè in un inferno di torture, nè in un purgatorio di pena. Essi sapranno che non sono stati in un cielo di benedizioni. I buddisti sapranno che non erano nè una farfalla nè una tigre durante la loro morte. Tutti sapranno che, nella morte, erano inconsci, e ringrazieranno Dio per l’opportunità loro accordata, tramite Cristo, il Redentore, di vivere ancora!



VITA E DOTTRINA IN CRISTO

La Generosa Mano Di Dio

“I cieli raccontano la gloria di Dio ed il firmamento annunzia l’opera delle sue mani. Un giorno sgorga parole all’altro, una notte comunica conoscenza all’altra. Non hanno favella, nè parole; la loro voce non s’ode.”
—Salmo 19:1-3

IN QUESTO MIRABILE PASSO della Scrittura, il salmista ci parla del meraviglioso movi mento d’orologeria dei mondi che stanno al disopra delle nostre teste. Ci parla della gloria di quel capolavoro, della perfezione dimostrata dal suo silente operare, dell’armonia che esiste nell’attuazione delle leggi fatte da Dio per governare l’universo.

Noi ci meravigliamo guardando le opere del creato. Poichè, si tratti della sfera celeste o di un esemplare microscopico, ogni cosa racchiude in sè stessa un mondo ed ogni cosa esalta alle nostre menti ed ai nostri cuori il concetto che tutte le opere di Dio sono perfette. Quando noi pensiamo a queste cose ricordiamoci che l’universo intero è un dono fattoci dalla mano generosa del nostro Padre Celeste, il quale è stato verso di noi estrememente prodigo di doni.

In ogni giorno, ogni ora, ogni momento della nostra vita, noi dipendiamo dai doni del nostro Padre Celeste per la nostra stessa esistenza. Ovunque noi andiamo, ovunque noi guardiamo, vediamo i suoi benefici progetti fatti per la nostra felicità, e siamo pieni di meraviglia, d’amore e di lode quando consideriamo l’illimitata potenza e l’esplicita, abilità che si manifesta non solo nelle cose minime, ma anche in quelle più potenti fatte da Dio. Lo svilupparsi del seme nella tiepida terra per fornirci il cibo è un dono di Dio. I prodotti della foresta che riforniscono le nostre case sono pure un dono di Dio.

Noi tutti abbiamo ammirato dei magnifici tramonti e, nell’osservare tali belle scene, vere opera d’arte, non possiamo fare a meno di pensare che anche esse sono doni di Dio, doni di tale bellezza che il loro splendore non può essere imprigionato da alcun pennello umano a causa della mutevolissima magnificenza.

Nell’attualel periodo delle festività di fine d’anno, molta gente rivolge il pensiero ad un altro dono che ci ha avvicinati maggiormente al Donatore: un dono senza il quale saremmo nemici di Dio e, quindi, privati della Sua benevolenza e comunione con Lui. Per poter ricevere i beneficii e le benedizioni scaturienti dalla comunione con Dio, era indispensabile che qualcuno prendesse il posto del peccatore, ma nessun uomo ordinario poteva assumersi tale onore poichè—quale peccatore—non era idoneo ad offrire a Dio un riscatto. Conseguentemente, a quanto la Bibbia ci dice, Iddio estrinsecò il Suo amore per noi aprendoci, mentre eravamo ancora peccatori, una via per riacquistare la Sua benevolenza e rientrare in comunione con Lui. E, l’apertura di questa via costitui e costituisce il più gran dono che mai sia stato fatto nell’ampio dominio di questo universo.

Nessun dio pagano, ideato dall’immaginazione dell’uomo, ha mai fatto un simile sacrificio a favore dei suoi soggetti. Ma il nostro Padre Celeste ha fatto un sacrificio così grande, che la menzione di esso in Giovanni 3:16, fa di questo uno dei passi biblici che più amiamo. Non ha importanza dove venga letta la Parola di Dio, uno dei passi favoriti è sempre Giovanni 3:16. Ci parla di un dono disinteressato: “Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.” Ed è difficile sapere se sia più grande il dono in sè stesso o l’amore che lo suggeri.

GRATITUDINE

Quando scriviamo le nostre lettere di ringraziamento per i doni che abbiamo ricevuti in occasione delle feste, sarebbe bene che prendessimo il tempo di sederci e di scrivere una preghiera di ringraziamento a Dio. Si, proprio così! Prendere il tempo di sederci e scrivere una preghiera di ringraziamento a Dio, esprimendo così più accuratamente e con maggior riflessione la nostra gratitudine per il dono ineffabile, l’inesprimibile dono del Suo Unigenito Figliuolo, il dono che ci ha aperto una nuova e splenden te via verso la vita eterna. E, mentre scriveremo questa preghiera di ringraziamento a Dio, uno dei testi biblici che presumibilmente ci verrà in mente, è quello che dice: “Grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore Iddio onnipotente.”—Apocalisse 15:3

L’amore disinteressato che suggeri al Padre di dare il Suo Figliuolo per redimerci dalla morte, si riflette pure sulla vita di colui che nacque nella mangiatoia di Betlemme. Anche lui diede la sua vita per voi e per me, come stà scritto: “Quando noi eravamo ancora preccatori Cristo mori per noi.”

In questo periodo dell’anno lo spirito di generosità si espande nel cuore di milioni di persone ovunque si trovino. Da tal sentimento, germogliato nel cuore degli uomini, durante questo periodo dell’anno, ne consegue che molte persone affannate sono nutrite, molti orfani sono vestiti, molte persone anziane e solitarie, uomini e donne, quasi dimenticati, sono ricordati.

Il canto degli inni, la spartizione disinteressata dei doni, il generale spirito di generosità che si riscontra in questo periodo dell’anno costituiscono atti buoni e salutari. Lo spirito di generosità è una ben edizione per ogni cuore umano che l’accoglie. Noi, studenti della Bibbia, sappiamo che Gesù non nacque il 25 dicembre. Quali studenti della Bibbia sappiamo che, secondo la profezia, il giorno approssimativo in cui nacque il nostro Maestro è il 1° ottobre. E sappiamo opure che le profezie hanno molto parlato della nascita del nostro Signore Gesù. Noi non siamo interessati alla celebrazione del giorno, ma ci interessa riconoscere nelle grandi promesse e profezie di Dio che un fanciullo fu dato quale dono al genere umano ed egli doveva crescere per divenire il Salvatore dell’- umanità. Secondo le profezie doveva essere “la progenie della donna”, doveva nascere da una vergine. Secondo le profezie doveva nascere a Bethleem Efrata, la bella Betlemme, una cittadina nascosta tra le colline della Giudea. E secondo le profezie doveva nascere un futuro re.

Uno dei grandi passi della Scrittura, uno dei passi che spesso udiamo nel periodo delle feste, e che tutti magnifichiamo con piacere, è la profezia d’Isaia contenuta nel cap. 9 versetti 6 e 7: “Poichè un fanciullo ci è nato, un figliuolo ci è stato dato, e l’imperio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace, per dare incremento all’impero ed una pace senza fine al trono di Davide ed al suo regno, per stabilirlo fermamente e sostenerlo mediante il giudizio e la giustizia, da ora in perpetuo: questo farà lo zelo dell’Eterno degli eserciti.”

Mentre sarebbe nostro desiderio che la Cristianità avesse scelto il giorno giusto per ricordare la nascita di questo Figlio di Dio, non possiamo che provar piacere se, pur senza, aver cura del giorno, questo mondo materialista, nel quale viviamo, prende tempo ogni anno, sia pur brevemente, per ricordare la nascita di Colui che è il Redentore dell’umanità e nostro Signore e Salvatore: Gesù Cristo.

Oltre la bramosia del danaro che ognuno di noi disapprova, oltre la pompa ed i lustro e tutte le dissolutezze e le ubriachezze dei deboli—cose queste che contribuiscono ad appannare e soffocare il vero sentimento di gioia—oltre tutto questo ci sono milioni di persone che hanno avuto nelle loro miserabili vite un raggio di luce per l’influenza di quel Fanciullo sui loro cuori, ed esse sono mosse in questo periodo da impulsi differenti da quelli che reggono ordinarliamente la loro vita, e sono mosse a dispensare un po’ di tempo, un po’ di soldi, un piccolo pensiero, per portare un po’ di felicità ad alcuni dei loro simili. Molte di queste azioni disinteressate e generose saranno ricordate per tutta l’eternità, saranno ricordate ancora molto tempo dopo che la festa di Bacco (il dio romano del vino) sarà caduta in disuso.

No! Noi non siamo interessati nel giorno, ma siamo lieti che molta gente si sia ancora ricordata che “un fanciullo ci, è nato” e che “l’imperio riposerà sulle sue spalle.” Quali Cristiani sappiamo che il sentimento di generosità è il vero sentimento di gioia. E’ il segreto dell’uomo il quale sa come ottenere il massimo dalla sua vita. Non solo per un periodo dell’anno, ma per tutto l’anno, l’uomo o la donna che ha imparato ha praticare la generosità nella vita di ogni giorno, ha imparato una lezione prodigiosa ed ha fatto un gran passo verso la felicità. Questo è un principio che vale tanto per i Cristiani quanto per ogni altro individuo.

Essendo Cristiani sappiamo che “più felice cosa è il dare che il ricevere.”—Atti 20:35 L’apostolo Paolo confermò questa verità ai fratelli di Corinto molto tempo fa. Noi non ci attendiamo che una mente immatura possa riconoscere la forza di tale dichiarazione, tuttavia essa è verace. Siamo contenti che tanti abbiano ricevuto la gioia nel cuore per aver fatto del bene ad altri, dimostrando vera gratitudine per il dono ch’essi hanno ricevuto per tutto l’anno mentre tentiamo di dare ad altri ciò che l’Eterno ci ha dato: la conoscenza di ciò che farà il Regno di Dio a beneficio di tutte le famiglie della terra. La conoscenza che il Signore Iddio Onnipotente regna!

“Più felice cosa è il dare che il ricevere.” Pensiamo un istante ai fenomeni naturali. Pensiamo alle nubi che sollevano dal mare il vapor acqueo. Esse non lo trattengono, lo transportano sulla terra secca ed assetata e lo spandono in acqua per colline e vallate onde rinfrescare la terra. E pensiamo anche ai pianeti: essi ricevono la luce dal sole e la riflettono illuminando tenebrose regioni dello spazio.

E pensiamo al diamante. Un diamante è una gran bella cosa. Ma è bello solamente perchè riflette la luce che riceve. Se così non fosse sarebbe un semplice frammento di carbonio. Ma dal momento che riflette la luce ricevuta, cessa d’essere un semplice frammento di carbonio, diventa una cosa magnifica, diventa un diamante, diventa una gemma.

Ci spiace per quegli esseri sofisticati che non hanno imparato la semplice lezione “più felice cosa è il dare che il ricevere.” Ogni loro azione è dominata dall’egoismo, nulla dimostra la loro gratitudine e la loro devozione ai principi enunciate da Dio quando “amò tanto il mondo che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.”

“E che hai tu che non l’abbia ricevuto” dalla mano generosa di Dio?”—I Corinti 4:7 Paolo pone questa domanda ai fratelli di Corinto, e certamente noi stessi dovremmo applicarla individualmente. “Che hai tu che non l’abbia ricevuto?” Ricordiamo pure la dichiarazione di Giacomo 1:17; “Ogni donazione buona ed ogni dono perfetto vengon dall’alto, discendendo dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c’è variazione nè ombra prodotta da rivolgimento.” Dunque, ciò che noi possiamo fare come le nubi che spandono la loro acqua a rinfrescar la terra; come i pianeti che riflettono la luce ricevuta dal sole; come i diamante che brillano di luce riflessa, è dare, nella nostra devozione a Dio, ciò che il Padre Celeste ci ha già generosamente donato.

Noi, figliuoli di Dio, ci siamo consacrati a Lui e, con la nostra consacrazione, abbiamo ricevuto Gesù Cristo nostro Signore. Ed avendo ricevuto il nostro Signore Gesù Cristo, per suo tramite abbiamo ricevuto lo Spirito Santo di Dio, e col Santo Spirito abbiamo ricevuto comprensione e conoscenza della verità.

In I Corinti 2:8-12 leggiamo: “… nessuno dei principi di questo mondo l’ha conosciuta (la sapienza di Dio); perchè, se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signor della gloria. Ma, com’è scritto: Le cose che occhio non ha vedute e che orecchio non ha udite e che non sono salite in cuor d’uomo, son quelle che Dio ha preparato per coloro che l’amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito perchè lo Spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio. Infatti, chi, fra gli uomini, conosce le cose dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? E così nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio. Or noi abbiamo ricevuto non lo spirito del mondo, ma lo Spirito che vien da Dio, affinchè conosciamo le cose che ci sono state donate da Dio.”

Queste sono preziose verità elargiteci da Dio. Esse non sono date a tutti gli uomini. L’occhio naturale non può vederle, nè l’orecchio naturale sentirle. Ma coloro che l’amano, che partecipano al suo amore, hanno molti-doni segreti racchiusi nel loro cuore. È vero che Maria “serbava nel suo cuore” (Luca 2:19) le cose ch’ella aveva inteso riguardo al bambino Gesù. Ed è anche vero che noi “serbiamo nei nostri cuori” le esperienze più apprezzate della nostra vita di Cristiani, esperienze che provano il Suo amore e le Sue attenzioni.

Menzioneremo solamente uno dei tesori che abbiamo nei nostri cuori: il dono della pace, che è un dono di Dio. “Io vi lascio pace; vi dò la mia pace. Io non vi dò come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti.”—Giovanni 14:27 Questa pace di Dio, che sorpassa ogni intendimento, è atta a salvaguardare i nostri cuori e le nostre menti per Cristo Gesù nostro Signore. Quando pensiamo a questo ed agli altri doni che abbiamo ricevuti da Dio, non possiamo fare a meno di dichiarare col salmista: “Che renderò lo all’Eterno? tutti i suoi benefizi son sopra me. Io prenderò il calice della salvezza e invocherò il nome dell’Eterno.”—Salmo 116:12,13

Inoltre ci viene detto: “Iddio ama un donatore allegro.” 2 Corinti 9:7 Siamo noi donatori allegri? Sarà forse un dono simile alla monetina della vedova del Vangelo, ma tale monetina può valere quanto una grande somma. La Bibbia dice che la monetina della vedova era più maggiore che non quello fatto da coloro che davano del loro superfluo. Un proverbio giusto dice: “Non dà meglio chi dà maggiormente, ma dà maggiormente chi dà meglio.” Noi tutti conosciamo gente che non possiede molto; tuttavia il loro dono ha maggior valore poichè procede dal cuore.

Ci fu spedita una lettera da una persona che desiderava aiutarci a proclamare il messaggio del Regno: nella lettera si trovava un dollaro. Era una lettera breve. Si trattava certamente della lettera d’una persona anziana e, tra l’altro, diceve: “Ho digiunato per mandarvi questo.” Ecco una moderna vedova con la sua monetina. Di lei si può dire come disse Gesù di Maria: “Ella ha fatto ciò che poteva.”— Marco 14:8; Giov. 12:2

Essa diede anche il vaso d’alabastro che conteneva l’olio odorifero. Infatti Maria lo ruppe e ne sparse il contenuto sul capo e sui piedi del Signore Gesù.— Marco 14:3 Quel dono fu un riflesso dell’amore ch’essa aveva ricevuto, ed è anche un esempio del modo in cui noi dovremmo riflettere, ogni giorno, l’amore che abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere. Gesù non è più nella carne, ma un rimanente dei membri della Chiesa è ancora con noi.

Il saperci amati è l’uno dei più grandi tesori della vita. Vivere senza amore è vivere senza gioia. Una parola detta al momento giusto è un dono; un dono che ridà fiducia ad un cuore scoraggiato, un dono che allontana gli inutili timori da chi vive nell’ ansietà. Una sola parola può dunque essere un dono veramente utile.

“Le parole dette a tempo sono come pomi d’oro in vasi d’argento cesallato.”—Proverbi 25:11 Immaginate un lucente vaso d’argento che rifletta la pallida lucentezza del prezioso metallo, ed immaginatelo decorato di pomi d’oro. Non sarebbe meraviglioso se voi poteste fare un simile dono a coloro che amate? Se essi potessero porre nella loro casa un simile dono ricevuto da voi? Ma il bello è che voi potete fare un simile dono! Ed i vostri amici possono porre tale dono nella dimora del loro cuore. Un dono simile può essere un incoraggiamento ed una benedizione per l’intero anno, anzi, non per uno solo, ma per tutti gli anni della loro vita: veramente una parola detta a proposito è un magnifico dono.

Un altro dono che potete fare è un sorriso: costa tanto poco sorridere, ed è un dono che tutti possiamo fare. Una stretta di mano può essere talvolta un grande dono: una semplice stretta di mano per dire che voi capite, mentre sono così rari coloro che capiscono le battaglie, le lotte, che ognuno deve affrontare. Ci sono doni alla portata di tutti.

Da ognuno di noi possono scaturire profonde correnti d’amore cristiano: sono doni che tutti possiamo fare. Se non fosse per questi doni quale sarebbe l’espressione della nostra comunione cristiana? E quando diamo tali doni, così necessari alla vita dei fratelli, ricordiamo che la maniera di dare è importante quanto il dono, poichè essa abbellisce ciò che vien dato. Dobbiamo sempre riflettere sul dono fattoci da Dio: un dono suggerito da un amore disinteressato.

Se lasceremo che le nostre vite ricevino l’impronta dello spirito di generosità, impareremo non solamente ciò che renderà le nostre vite utili ad altri, impareremo non solamente ad avere uno scopo nella nostra vita, ma anche ciò può darci una intima felicità: poichè, avendo ricevuto e dando gratuitamente, noi apprendiamo il segreto della vera felicità e riceviamo la pace di Dio.

Da un solo dono noi riceviamo tutte le nostre benedizioni spirituali. Il cantico che udirono quella notte i pastori nei campi di Bethleem ci parla del dono del grande Donatore, nostro Padre e nostro Creatore. Ci parla di un dono consistente in un Fanciullo. Ci parla di un dono che il vale tutti. Ci parla del dono e di ciò ch’esso significa per tutti noi. Leggiamolo ancora una volta:

“Or in quella medesima contrada v’eran dei pastori che stavano nei campi e facean di notte la guardia al loro gregge. E un angelo del Signore si presentò ad essi e la gloria del Signore risplendè intorno a loro, e temettero di gran timore. E l’angelo disse loro: Non temete, perchè, ecco, vi reco il buon annunzio di una grande allegrezza che tutto il popolo avrà: Oggi, nella città di David, v’è nato un Salvatore, che è Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino fasciato e coricato in una mangiatoia. E ad un tratto vi fu coll’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Iddio e diceva: Gloria a Dio ne’ luoghi altissimi, pace in terra fra gli uomini ch’Egli grandisce!”— Luca 2:8-14

Quali parole rallegranti! Esse hanno allietato il nostro cuore molte volte nella nostra vita, quando le abbiamo lette o udite, e sarebbe meraviglioso se gli uomini credessero al loro contenuto. Invece sono cantate negli inni, citate dai predicatori dal pulpito, una o due domeniche di ogni anno, ma nè quelli che cantano nè quelli che predicano e quei che odono le credono veramente giacchè son pochi coloro che hanno fede in esse.

Alcuni credono nell’inferno di fuoco e di zolfo. Ora, si può credere contemporaneamente nell’inferno di fuoco cui sarebbero destinati alcuni ed al “buon annunzio di una grande allegrezza” che sarà per tutto il popolo?

Le due credenze sono ovviamente contradditorie. Altri credono che il genere umano sarà sempre tormentato dall’odio e dall’egoismo: di conseguenza non credono che un giorno verrà in cui vi sarà pace in terra tra gli uomini di buona volontà, e il buon annunzio di una grande allegrezza sarà per tutte le genti, perchè nacque nella città di David un Salvatore che è il Cristo, il Signore. Essi non possono crederci. Non hanno mai compresso il significato del grande dono di Dio.

Perchè il messaggio che viene predicato in questi giorni viene poi dimenticato per tutto il rimanente dell’anno? Possa il nostro messaggio essere sempre lo stesso, non per una o due settimane, ma per tutte le cinquantadue settimane dell’anno: come il canto intonato in quella notte dai messaggeri di Dio.

È il messaggio dei grande dono fattoci da Dio.

È il buon annunzio di una grande allegrezza che tutto il popolo avrà.

È il messaggio di gloria a Dio nel luoghi altissimi e pace in terra agli uomini ch’Egli gradisce.

È il messaggio della nostra preghiera: “Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà anche in terra com’è fatta nel cielo.”

Possa questo messaggio essere il messaggio di tutti i giorni della nostra vita, perchè il messaggio di quella notte è il messaggio del Regno che amiamo, è il messaggio del più grande di tutti i doni provenienti dalla mano generosa di Dio.



STUDIO BIBLICO

La Venuta Del Liberatore

L GRANDE PIANO divino per la salvezza e la restaurazione del genere umano, in quanto alla liberazione dal peccato e dalla morte, nel Nuovo Testamento si delinea con più chiarezza.

Dal giorno in cui i nostri progenitori furono condannati alla morte, fino all’epoca di Malachia, ultimo del profeti dell’Antico Testamento, Dio ricordò frequentemente al suo popolo d’aver stabilito d’inviargli un Salvatore, che sarebbe stato prima il loro Redentore e poi Re di giustizia del mondo; ma durante tutto questo tempo non avvenne nulla di concreto che avesse potuto confermare la realizzazione di queste promesse.

Il Nuovo Testamento ci tramanda l’annunzio della venuta della “progenie” promessa della quale Isaia 9:5: “e l’impero riposerà sulle sue spalle.” Gli inseg namenti di Gesù e degli scrittori del Nuovo Testamento pongono in luce le promesse e le benedizioni future che l’Eterno riserva ai popoli ed accenna alle numerose e meravigliose promesse, preannunciate dall’Antico Testamento, delle quali parecchie si sono compiute.—Continua Nel Prossimo Numero



Associazione Studenti Biblici Aurora