Vita Dopo la Morte

“Se l’uomo, dopo morto, potesse ritornare in vita?” — Giobbe 14:14

Non v’è altro soggetto in grado di suscitare nel cuore degli uomini un interesse superiore a quello che concerne la possibilità di riottenere la vita dopo la morte. Tale speranza è universale, poiché, essendo soggetti tutti, indistintamente, alla morte, nessuno si esime dall’aspirare ardentemente di vivere. Naturalmente, l’uomo individua, nella morte, la sua più terribile nemica, ma, rendendosi conto che ad essa non può sfuggire alcuno, nel cuore e sulle labbra gli affiora sempre la speranza che è racchiusa, nel richiedersi se vi è vita, dopo la morte.

Gli esseri umani di tutte le età passate, nella prostrazione, in cui cadevano a causa della morte dei loro cari, e, nella certezza che anche essi avrebbero dovuto affrontare la “fulgida falce,” ricorsero a numerose forme filosofiche, per attingervi quel conforto necessario ad attutire la paura che essa incuteva loro e cercarono di nascondere l’annientamento in cui tutti, in un ciclo continuo ed inesorabile, cadono.

Per tal ragione, hanno fatto credere che la morte non è quella che sembra essere: cioè che non è nemica dell’uomo, ma amica, poiché trasforma e trasferisce la sua esistenza, in un soggiorno migliore del primo. Infinite volte, molte persone d’alto, medio e comune livello intellettuale, si sono chieste e si chiedono: dove vanno i morti; cosa avviene di preciso quando una persona muore; e se i morti vivono in condizioni migliori di quelle dei viventi sulla terra.

Migliaia d’anni or sono, Giobbe, afflitto dalle sue numerose angustie, si chiedeva: “Se l’uomo, dopo morto, potesse ritornare in vita!” … (Giobbe 14:14). Ora, questa domanda, che egli rivolgeva a sé stesso, era una sua speranza che costituisce la suprema aspirazione di tanti altri esseri umani. Per Giobbe, stanco di vivere, perché stremato da innumerevoli afflizioni e sofferenze, la vita era divenuta un enorme peso, perciò, dal cuore, gli affiorò alle labbra la domanda che gli dava adito di sperare che, abbandonandola, avrebbe potuto riottenerla in una condizione migliore.

Ma Dio non aveva stabilito che poteva abbandonarla. Egli doveva vivere ed avere pazienza, poiché l’Eterno lo aveva sottoposto alla durissima prova, consistente nella perdita dei suoi averi, poi della famiglia, e, persino, sottoposto al disamore e disprezzo della moglie, tanto che, allor’quando — pur afflitto da tanti mali e con il corpo piagato da ulcere — pregava ancora il Signore, ella gli disse: “ma lascia stare Iddio e muori.” (Giobbe 2:9).

Tuttavia, Giobbe, pur non comprendendo perché Iddio permetteva di farlo soffrire tanto atrocemente, gli fu sempre devoto e fedele e lo implorò che ponesse fine alle sue sofferenze, in questi termini: “Oh volessi tu nascondermi nel soggiorno dei morti, tenermi occulto sinché l’ira tua sia passata, fissarmi un termine, e poi ricordarti di me.” (Giobbe 14:13).

E, qualora Iddio, esaudendo la sua preghiera, lo avesse fatto morire, ci si chiede: “Se l’uomo muore, può egli tornare in vita?” Quindi, fa seguire questa considerazione, che costituisce la sua speranza, ed esclama: “Aspetterei tutti i giorni del mio duro servizio, sinché giungesse l’ora del mio cambiamento.” (Giobbe 14:14).

Giobbe, pur esprimendo le sue considerazioni e speranze, quale profeta di Dio, parlava per aspirazione divina, in quanto, dal suo cuore, affiorava la speranza armonizzante con la verità espressa dalla Parola di Dio.

È di somma importanza rilevare che Giobbe non disse ‘se l’uomo muore sarà ancora più vivente di prima,’ e nemmeno: ‘se l’uomo muore si trasferisce in cielo, o in un luogo di tormenti.’ Egli sapeva bene che, quando l’uomo muore, va nel soggiorno dei morti. Perciò si chiese: ‘se l’uomo muore, può egli tornare in vita?” Di conseguenza, le considerazioni di Giobbe pongono in rilievo la Verità fondamentale, concernente la risurrezione, cioè che la morte, per l’Onnipotenza divina, può essere annullata, e Iddio può restaurare tutti a nuova vita, mediante la risurrezione.

Giobbe confidando in tale Onnipotenza divina, sapeva che, se Dio gli avesse concesso di morire, sfuggendo così altre sofferenze, più tardi, lo avrebbe restaurato a nuova vita, e perciò disse: “Aspetterei tutti i giorni del mio duro servizio, finché giungesse l’ora del mio cambiamento, tu mi chiameresti ed io risponderei, Tu brameresti di rivedere l’opera delle tue mani.” (Giobbe 14:14-15).

LA SPERANZA DELLA RISURREZIONE

L’affermazione di Giobbe, per la quale egli confidava nella speranza che Iddio, al tempo stabilito, lo avrebbe chiamato fuori dalla tomba, è in piena armonia con l’intera Parola di Dio, su quanto concerne il soggetto della ‘vita dopo la morte’? Infatti, la risurrezione, nel Nuovo Testamento, costituisce la base fondamentale delle promesse divine. E, in riguardo, l’apostolo Paolo scrive: “Poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così, anche per mezzo d’un uomo altresì è la risurrezione dei morti.” (1 Corinizi 15:21).

I due uomini, a cui si riferisce l’Apostolo, sono Adamo e Gesù. Il primo trasgredì la Legge divina, causando la pena di morte per sé e la sua progenie; il secondo prese il posto dei peccatori e morì come trasgressore, per riscattare il peccato di Adamo e rendere possibile alla sua progenie la liberazione dalla morte e la restaurazione alla vita perduta, mediante la risurrezione. Perciò Paolo, nella sua Epistola ai Romani (6:23), spiegò: “il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.”

Per riavere la vita, dopo la morte, occorre assolutamente la risurrezione. E l’Apostolo, nella prima Epistola, ai 1 Corinzi (15: 16-18), per porre nella debita luce la Verità, su la risurrezione, dice: “se i morti non risuscitano, neppure Cristo è risuscitato; e, se Cristo non è risuscitato, vana è la nostra fede … anche quelli che dormono in Cristo, son dunque periti.”

L’ORIGINE DELLA CONFUSIONE

Poiché la Bibbia insegna chiaramente che la speranza della vita, dopo la morte, si fonda sulle promesse, per le quali Iddio restaurerà i morti alla vita, con la risurrezione, se qualcuno chiedesse la ragione, perché tanti credenti e studiosi della Bibbia si confondono su tale basilare Verità, noi diremmo loro che tale confusione ebbe origine nel giardino dell’Eden, quando Iddio disse ad Adamo: “… del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché, nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai.”… (Genesi 2:17).

Più tardi, Satana, parlando per mezzo del serpente, chiese ad Eva: “Come! Iddio vi ha detto: non mangiate del frutto di tutti gli alberi del giardino?” (Genesi 3:1-2). Eva confermò quanto Iddio aveva ordinato, ed aggiunse: “del frutto degli alberi del giardino se possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero, ch’è in mezzo al giardino, Iddio ha detto : non ne mangiate e non lo toccate, che non abbiate a morire.” E Satana smantellò l’ordine che Eva ed Adamo avevano ricevuto, col categorico avvertimento, dicendole: “Voi non morrete affatto.” (Genesi 3:4). Tale affermazione costituì una smentita a quanto Iddio aveva espresso. Infatti, Satana dichiarò bugiardo Iddio, perché aveva detto ad Adamo che la morte sarebbe stata la punizione che Egli avrebbe loro inferta per la disubbidienza.

Forse, Satana, a quel tempo, aveva in mente di annullare, in qualche modo, il proposito divino di punire l’uomo per la sua disubbidienza, con la morte, ma si accorse subito che i suoi sforzi erano stati vani, perché constatò che la progenie di Adamo dovette sottostare alla condanna divina e fu resa mortale.

Tuttavia, egli non accettò, né riconobbe la sua sconfitta. E cominciò, per mezzo di agenti angelici e umani, a propagare che la morte non è quella che pare, anzi, non è la morte. Convinse, quindi, molta gente a credere verità quanto egli aveva affermato ad Eva, nel dirle: “voi non morrete affatto” e fece sperare che, mentre a loro la morte sembrava effettiva, invece non lo era, poiché sarebbero stati più vivi di prima.

Per coloro che confidano nella Parola di Dio, non v’è alcuna difficoltà di rilevare e decidere quale delle due dichiarazioni, fatte nel giardino dell’Eden, sia valida ed accettevole. Noi siamo certi che il Creatore non parla mai invano. La Sua Verità è incontrastabile e dovrebbe essere accettata da tutti i figli di Adamo. Perciò, EGLI, dicendo: “nel giorno che ne mangerai, per certo morrai,” pronunciò una sentenza che Satana non era in grado di poter annullare con la menzogna, espressa mediante la inconsistente affermazione: “voi non morrete affatto.” Infatti, Gesù disse che Satana è bugiardo e padre della menzogna. (Giovanni 8:44).

Di conseguenza, per l’insegnamento di Gesù, abbiamo acquistata la sicurezza che Satana, non solo è bugiardo, ma è anche l’ideatore della bugia: in quanto fu lui a generarla e insegnarla, per primo. Difatti, partita dal giardino dell’Eden, corruppe la Verità, circa il soggetto della morte, ed ottenebrò la mente delle genti di tutte la nazioni e religioni, nascondendo la vera essenza della morte, espressa tanto chiaramente dal Creatore.

COME S’IDENTIFICA LA FALSITA’

I processi relativi alla morte, a cui vanno soggetti gli organi del corpo umano, sono stati sempre visibili a tangibili. Satana, sapendo che non esisteva una maniera possibile e plausibile, per ingannare i popoli, insinuò, nei cuori e nelle menti della gente, che v’è qualche cosa d’invisibile nell’interno del corpo umano, separato da esso stesso, che, quando esso muore, va fuori e continua a vivere.

In alcuni circoli, di sedicenti Cristiani, tale indefinibile ‘qualcosa’ viene nominata ‘anima immortale.’ Gli antichi Egizi accettarono, per primi, questo concetto, che divenne credenza, e, più tardi, fu accettato anche dai filosofi greci, i quali, dopo la morte degli Apostoli, lo introdussero nelle Chiese Cristiane.

La teoria su l’immortalità dell’anima, per quanto concepita e descritta in vari modi, sostiene l’annullamento della morte, in cui tutti i sostenitori credono. La Bibbia indica che tale credenza prevalse fra i pagani dei tempi di Salomone, il quale combattè l’errore, contrapponendogli la Verità, scrivendo a proposito: “Poiché la sorte dei figliuoli degli uomini è la sorte delle bestie; agli uni ed alle altre tocca la stessa sorte; come muore l’uno, così muore l’altra; hanno tutti un medesimo soffio, e l’uomo non ha superiorità di sorta sulla bestia; poiché tutto è vanità. Tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengono dalla polvere, e tutti ritornano alla polvere. Chi sa se il soffio dell’uomo sale in alto, e se il soffio della bestia scende in basso nella terra?” (Ecclesiaste 3:19-21).

Salomone espose con chiarezza la Verità di Dio, affermando che, nella morte, gli uomini non differiscono dalle bestie, avendo entrambi lo stesso soffio [o fiato] infatti, i tre termini, soffio, fiato e spirito, sono stati tradotti dallo stesso vocabolo ebraico RUACH, di cui al precedente versetto dell’Ecclesiaste, che, in origine, significava vento.

Salomone, dopo aver concisamente affermato la Verità, chiese se qualcuno si sentiva in grado di dimostrare il contrario. Sapendo, poi, che i pagani, dimoranti in Israele, credevano alla menzogna, concernente la morte del corpo e la sopravvivenza dello spirito [o anima], la quale salirebbe in alto e continuerebbe a vivere, dimostrò chiaramente la falsità di tale asserzione: prospettando la perfetta uguaglianza degli uomini e delle bestie, nella morte, e specificando che gli uomini differiscono, da esse, solo per la promessa di Dio di restaurare l’umanità alla vita, per mezzo della risurrezione, che sarà effettuata da Cristo, nel corso del Suo Regno.

NON VI SONO ANIME IMMORTALI

La Bibbia non contempla mai la locuzione anima immortale, né insegna che esiste un’entità, nell’essere umano, che ne uscirebbe, al momento della morte, per andare a vivere in un altro luogo. Il termine anima è citato in Genesi (2:7), ove apprendiamo che Iddio “creò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un’anima vivente.”

Anima vivente sta ad indicare un “essere vivente, che diviene tale, allorché l’alito vitale funziona nell’organismo [o corpo] ed esso ha vita, e, cioè, è animato dal potere divino. Da questo accoppiamento trae origine l’espressione “anima vivente”.

Salomone fu preciso nell’indicare che uomini e bestie hanno un alito uguale. Infatti, nella Bibbia, circa gli uomini e gli animali inferiori, che furono distrutti nel diluvio, leggiamo: “… e perì ogni carne che si muoveva sulla terra; uccelli, bestiame, animali selvatici, rettili d’ogni specie, striscianti sulla terra e tutti gli uomini. Tutto quello che era sulla terra asciutta ed aveva alito di vita nelle sue narici, morì.” (Genesi 7:21-22).

Poiché la creazione degli animali vive per lo stesso “alito vitale,” anche tutti gli animali sono “anime viventi.” Nelle Parola di Dio, tale importante Verità è stabilita con la massima chiarezza, ma al lettore occasionale della Bibbia, è nascosta, a causa dell’imprecisa traduzione del testo originale. Ad esempio, nella Genesi (1:24), si legge: “Produca la terra animali viventi, secondo la loro specie: bestiame, rettili ed animali selvatici della terra, secondo la loro specie.”

La locuzione “animali viventi” è tradotta dallo stesso termine ebraico, dal quale abbiamo “anima vivente,” in riferimento ad Adamo. (Genesi 2:7). Così, i due termini creatura ed anima traggono origine dal vocabolo ebraico NEPHESH. I traduttori, per stabilire una differenza, fra l’uomo e la bestia, adoperarono il termine creatura, nel riferirsi agli animali, e anima, per indicare l’uomo. Non è, quindi, da meravigliarsi se Salomone scrisse: “come muore l’uno, così muore l’altro.”

Quando Adamo morì, il suo corpo ritornò in polvere, come Iddio aveva stabilito e lo troviamo scritto in Genesi (3:19): … “perché sei polvere, e in polvere ritornerai.” Infatti, Iddio ritirò ad Adamo il diritto alla vita, che gli aveva concesso, soffiandogli nelle narici l’alito vitale, ed Adamo morì.

Salomone espresse, in questi termini, l’esatta concezione, circa la sorte dell’uomo, allorché muore, scrivendo: “la polvere torna alla terra, come era prima, e lo spirito [alito] torna a Dio che l’ha dato.” (Ecclesiaste 12:9).

L’inconfutabile Verità, presentata in questo testo, viene contorta nella mente di molti, per la incomprensione, derivante dal significato improprio attribuito al termine — alito, in questo caso, tradotto con precisione, corrisponde alla ‘invisibile esistenza di vita.’ L’apostolo Paolo, nel discorso, che tenne all’Areopago di Atene, puntualizzò mirabilmente il concetto che abbiamo espresso, dicendo: “Difatti, in Lui viviamo, e ci muoviamo e siamo” … (Atti 17:28).

Salomone non dà a dedurre che un’entità cosciente esce dal corpo e se ne sale nei cieli, a Dio, allorché dice: “La polvere torna alla terra … e lo spirito torna a Dio” … Infatti, il corpo ritorna polvere, perché con questa Iddio lo compose. Se lo spirito costituisse un’entità a parte, ritornerebbe a Dio, qualora, inizialmente, fosse stato con Lui e gli avrebbe permesso di venire temporaneamente su la terra, per abitare in un corpo umano. Ma non fu così.

La definizione di Salomone, con i rilievi presentati dalla Bibbia, circa l’essere umano e la sua morte, è logica e consistente. Quando l’alito di vita ed il corpo ritornano, da dove trassero la loro esistenza, l’uomo svanisce completamente, in quanto, l’anima vivente [o essere] non esiste più; è morta, poiché il salario del peccato è la morte. Ciò lo scrisse anche il profeta Ezechiele (18:4): … “l’anima che pecca sarà quella che morrà.”

LA MORTE E’ UN SONNO

Poiché Iddio ha promesso di restaurare alla vita agli esseri umani morti, la Bibbia c’indica che essi sono ‘dormienti.’ Tale importante Verità biblica è messa in luce da Gesù allorché, riferendosi alla morte di Lazzaro, fratello di Marta e Maria, disse ai suoi discepoli: “il nostro amico Lazzaro dorme.” Solo quando i discepoli credettero che Gesù si riferisse ad un sonno naturale, Egli disse chiaramente “Lazzaro è morto.” (Giovanni 11:11-14).

Allora, Egli stabilì un punto basilare degli insegnamenti della Parola di Dio, nell’affermare che Lazzaro non era morto, ma ‘dormiva,’ in relazione ai disegni divini. Iddio, infatti, nel dire “di certo tu morrai” ad Adamo, se lo avesse disubbidito, gli parlava della estinzione della vita. Poi, Egli abrogò questa Sua sentenza, per l’amore che nutriva verso le Sue creature, e provvide, per mezzo del Suo Unigenito Figliuolo che “chiunque crede in Lui, non perisca, ma abbia vita eterna.” (Giovanni 3:16; I Timoteo 2:3-6).

Gesù diede il Suo essere umano, per la redenzione e la vita del mondo. (Matteo 25:27-28). Perciò fu annullata la sentenza di morte, che era stata inflitta ad Adamo ed a tutta la sua progenie. Per quanto gli uomini hanno continuato a morire, essi otterranno di essere risuscitati dalla morte, per la redenzione provveduta da Gesù.

Di conseguenza, come ci è indicato dalla Bibbia, i morti, privati temporaneamente della vita, sono ‘dormienti,’ incònsci al pari di coloro che dormono, poiché non vedono, non sentono, né sanno alcunché. Di essi la Bibbia dice: “I viventi sanno che morranno, ma i morti non sanno nulla.” (Ecclesiaste 9:5). Come i dormienti si risvegliano, anche coloro, i quali dormono nel sonno della morte, potranno e saranno risvegliati alla vita, come Gesù assicurò, riferendosi a Lazzaro, allorché disse “io vado a risvegliarlo.” Tale assicurazione, s’intende, è stata concessa dal potere divino, anche a tutti coloro che dormono nel sonno della morte, alla mattina del NUOVO GIORNO. Ecco perché leggiamo: “La sera da noi alberga il pianto, ma la mattina viene il giubilo.” (Salmo 30:5).

MARTA CONFORTATA

Gesù era legato da una sincera amicizia ai componenti della piccola famiglia di Betania: Marta, Maria e Lazzaro. Quando quest’ultimo si ammalò, Gesù ed i suoi discepoli si trovavano in Galilea, assai distante da Betania. Le sorelle inviarono un messaggio a Gesù, per informarlo che Lazzaro era gravemente ammalato. Egli non vi andò subito. Attese due giorni e, poi, annunziò ai discepoli che Lazzaro si era addormentato ed Egli voleva andare a risvegliarlo. I discepoli, che non avevano compreso perché Egli voleva fare tanto cammino, per andarlo a svegliare, obiettarono: “Signore, se egli dorme sarà salvo.” Allora, il Maestro, nel dir loro apertamente che era morto, soggiunse: “per voi mi rallegro di non essere stato lì, affinché crediate, ma, ora, andiamo a lui!” (Giovanni 11:14).

Allorché Gesù si avvicinava alla loro casa, Marta gli andò incontro, dicendogli: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto.” (Giovanni 11:21).

Marta aveva il cuore infranto e Gesù colse l’opportunità per confortarla. Ora, con quali parole la confortò? Non disse, come è usanza in tali circostanze, ‘tuo fratello non è realmente morto, ma ha solo lasciato il suo corpo e, quindi, in realtà è più vivente che mai; né disse che l’anima sua aleggiava su di loro.’ Nulla di tutto ciò. Egli aveva preannunciato ai suoi discepoli “Lazzaro è morto” e, per confortare Marta, in perfetta armonia con l’intera testimonianza della Parola di DIO, le disse: “Tuo fratello risusciterà.” (Giovanni 11:23). Marta sapeva che Gesù aveva risvegliati altri dal sonno della morte, perciò gli disse: “io so che tutto quello che chiederai a Dio Egli te lo darà,” però, non essendo sicura che Egli avesse chiesto al Padre Suo di risvegliare il fratello loro dal sonno della morte, soggiunse: “lo so che risusciterà nella risurrezione dell’ultimo giorno.” (versetto. 22-24).

Marta sapeva, anche, che vi sarebbe stata una risurrezione generale di tutti i morti e che, a quel tempo, anche Lazzaro sarebbe stato risuscitato dal sonno della morte. Essa conosceva le promesse enunciate nel Vecchio Testamento e, per la riverente attenzione che aveva prestata a tutti gl’insegnamenti di Gesù, conosceva che esisteva una gloriosa speranza di risurrezione per tutta l’umanità, che si sarebbe realizzata nell’ultimo giorno. ‘Ultimo giorno’ non significa ‘giorno della fine,’ come molti erroneamente hanno interpretato. In questa istanza, ‘giorno’ sta ad indicare èra: l’era finale in cui il gran Piano di Dio, per la redenzione e la salvezza del genere umano, dal peccato e dalla morte, avrà il suo compimento.

Il Divino Piano di Salvezza, per ogni sua fase, ha un’ età, o èra. Avanti la Prima Venuta di Gesù vi fu l’età patriarcale e l’età giudaica. Dall’inizio del primo avvento di Cristo, decorre l’èra o età Evangelica: un’ èra o una età preparatoria, lungo il cui corso, sono stati scelti, istruiti e formati coloro i quali dovranno cooperare con Gesù, durante l’èra finale del Piano di Dio, cioè, l’ultimo giorno: periodo di tempo, in cui il Piano di Dio si concreterà con la risurrezione dei morti e la restaurazione alla vita perfetta di tutti coloro che, allora, crederanno ed ubbidiranno alle Leggi del Regno di Cristo.

Marta era a conoscenza che vi sarebbe stata questa èra finale, ‘l’ultimo giorno’ del Piano di Dio, e sapeva, quindi, che, allora, sia il fratello che tutti coloro, i quali erano morti, sarebbero stati risuscitati dal sonno della morte, ma non sapeva se il fratello sarebbe stato risuscitato ora o alla finale risurrezione, o ad altra: perché il Maestro le aveva detto “tuo fratello risusciterà, senza, però, averle spiegato il Suo intento, con precisione. Le aveva detto, invero, “io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muoia vivrà; e chiunque vive e crede in me non morrà mai.” (Giovanni 11:25-26).

Ma lei aveva espresso la sua fede nella risurrezione generale dell’ultimo giorno, senza far caso che Gesù, in quel momento, le aveva detto che Egli era la “risurrezione e la vita”: Colui che, “nell’ultimo giorno” avrebbe risvegliato i morti e data la vita eterna a tutti coloro che, allora, avrebbero creduto in Lui.

In questa precisazione a Marta, Gesù fece menzione di due classi che ricevono la vita, per mezzo suo. Quella composta da coloro che oggi credono, e gli sono fedeli fino alla morte, e l’altra, composta dai bilioni di morti, e risuscitati, in quel giorno, e che crederanno in Lui. Dei primi Gesù disse che “giammai in eterno vedranno la morte.”

Dopo aver indicato a Marta il risveglio delle due classi [credenti e miscredenti], nella risurrezione, Gesù le chiese: “credi tu questo? Ella rispose: “Si, o Signore; io credo che Tu sei il Cristo, il Figliuolo di Dio che doveva venire nel mondo.” (Giovanni 11:26-27).

Marta comprese, perfettamente, che il Cristo, o Messia della promessa, sarebbe stato mandato nel mondo, per salvare l’umanità dalla morte e che ciò avrebbe avuto compimento, per mezzo della risurrezione dei morti. Essa credeva che Gesù era il promesso Messia, il Cristo che doveva venire e che in Lui risiedeva il potere della risurrezione.

LAZZARO RISUSCITATO

Marta, dopo aver proclamata la sua fede in Gesù, quale Messia, e nel Suo potere di restaurare i morti alla vita, rientrò in casa e chiese a sua sorella Maria d’andar con lei ad incontrare Gesù. “Anche Maria, gettandosi ai piedi del Maestro, gli disse: ‘se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto.” (versetto 32).

Il cuore di Gesù “si conturbò” nel costatare tanta afflizione. “Pianse” e chiese che gli fosse mostrata la tomba nella quale Lazzaro era stato sepolto. Quindi, disse: “Togliete via la pietra” che chiudeva l’apertura della tomba. Marta, esitante, obiettò:

Signore, egli puzza già, perché siamo al quarto giorno” (versetto 39), ma il Maestro le disse: “Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?” Egli voleva dimostrare quanto, negli ultimi giorni, sarà compiuto da Dio, il quale, per il suo illimitato potere, quattro giorni, o quattromila anni, non possono costituire alcuno intralcio ai Suoi Disegni.

Egli creò la vita e può restaurarla, a Suo piacere, quando e come vuole. Stando in piedi, davanti alla tomba, Gesù “gridò con gran voce: Lazzaro, vieni fuori.” (versetto 43). Gesù non disse: ritorna dal purgatorio [che è inesistente], o dal cielo, ma “vieni fuori” ed egli, che era morto da quattro giorni, venne fuori.

Gesù, prima di recarsi a Betania, aveva detto ai discepoli che Lazzaro era morto, quindi, fu risvegliato dal sonno della morte. Sciolto dalle fasce dalle quali erano avviluppate le braccia e le gambe, e dal lenzuolo in cui era avvolto, andò verso i suoi familiari e gli amici, come in passato: in quanto non era un fantasma, né uno spirito, ma lo stesso Lazzaro, restaurato a vita e lieto di rivivere, come lo sarà ogni uomo che usufruirà di questa somma benedizione promessa da Dio a tutte le Sue creature umane.

NON VI MERAVIGLIATE

Parlando ai Giudei, circa la risurrezione, Gesù disse: “Non vi meravigliate di questo; perché l’ora viene in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la voce “del Figliuolo dell’Uomo” e verranno fuori, quelli che hanno operato bene, nella risurrezione della vita, e quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio.” (Giovanni 5:28-29). Qui, constatiamo che, al pari di Lazzaro, anche tutti i morti, ad un dato tempo, saranno chiamati ed usciranno alla risurrezione generale.

È utile rilevare che Gesù, nel precitato versetto, parla di due risurrezioni, quella concernente coloro che hanno operato bene, e quella per coloro che non hanno operato bene. Nel versetto 24 dello stesso capitolo, Gesù si riferisce a coloro, che avranno creduto, durante questa èra Evangelica, ai quali sarà concessa vita eterna, senza essere sottoposti a giudizio. Ciò significa che i credenti, per fede, non saranno più sotto la condanna di morte e, quindi, sicuri della vita eterna, dopo la risurrezione. Essi non andranno in giudizio, poiché, provati, risultarono di essere stati fedeli, nel corso della loro vita, sino alla morte. Costoro, avendo operato bene, credendo e seguendo le orme di Gesù, hanno dimostrato di essere degni di passare dalla morte alla vita, senza essere sottoposti a giudizio; mentre coloro che hanno dimostrato la inidoneità d’essere compresi nella prima categoria, saranno risvegliati durante il corso dei mille anni del Regno di Cristo, o giorno del Giudizio. (Atti 13:31; 2 Timoteo 3:8; Apocalisse 20:8).

“Krisis,” termine greco, tradotto con “giudizio,” ha lo stesso significato del vocabolo italiano “processo” [cioè procedimento penale]. Tutti coloro che, per le loro azioni, non dimostrano d’essere degni della vita eterna, dovranno affrontar un processo, allorché saranno svegliati dal sonno della morte. Allora, saranno edotti ed illuminati, su quanto concerne l’ordinamento del nuovo governo ed otterranno l’opportunità, fondata sul pieno apprendimento ed accettazione della provvisione di vita, fatta per loro da Cristo, onde ottenere la vita eterna.

Essi, però, dovranno attenersi alle Leggi, che, allora, guideranno e controlleranno tutti gli eventi e l’ordinamento sociale. Così otterranno di essere restaurati alla perfezione e di vivere per sempre. Coloro che non l’accetteranno, ritorneranno alla morte. L’apostolo Pietro di costoro disse: “saranno distrutti di fra il popolo.” (Atti 3:23).

I credenti di questa età dell’Evangelo, che hanno dimostrato di essere degni di vivere e regnare con Cristo, verranno fuori in risurrezione di gloria, onore ed immortalità, (Romani 2:7) per cui, dato che l’immortalità non è una dote umana, essa costituisce un glorioso premio offerto da Dio a coloro che volontariamente sono disposti a soffrire e morire con Gesù, onde, a suo tempo, sia concesso loro di regnare con Lui.

Essi diverranno Suoi coeredi e Suoi coadiutori, nel giudicare, durante il ‘Giorno del Giudizio,’ coloro che saranno degni di ricevere la vita eterna. In tal giorno [l’Era Millenniale], oltre ai morti che saranno risvegliati dal sonno della morte, sarà data anche a tutte le persone del mondo in generale, l’opportunità di credere, per essere restaurati alla perfezione umana, che Adamo perdette, disubbidendo alle Leggi divine. E vivranno per sempre, come esseri umani, sulla terra resa paradisiaca, per sempre. (Apocalisse 21:4). Vi è, dunque, la vita dopo la morte, nel Piano Divino che provvede di restaurare i morti, attraverso una resurrezione ad nuova vita sopra la terra. In ciò, risiede la grande speranza di vita eterna per la risurrezione di tutti i morti, presentata ed illustrata dalla Parola di Dio. Amen!